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Referendum 20/21 Giugno: per capirne di più di pasquale Mazzarelli 18 giugno 2009

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Il 20 ed il 21 Giugno saremo chiamati ad esprimerci su tre quesiti referendari volti a modificare l’attuale legge elettorale voluta dal centro-destra nel 2005.
Una legge elettorale definita dal suo stesso padre, il leghista Calderoli, una “porcata”.
Una porcata per vari motivi. In primo luogo poiché istituisce un diverso sistema di assegnazione dei seggi per la camera e per il Senato: mentre infatti alla Camera viene assegnato un premio di maggioranza alla coalizione o alla lista più votata a livello nazionale, al Senato questo sistema è applicato su base regionale per cui il risultato potrebbe essere quello delle elezioni 2006 dalle quali è scaturito un governo debolissimo con 2 soli seggi di vantaggio della maggioranza sull’opposizione.

In secondo luogo perché di fatto consegna la definizione del Parlamento ad una ristrettissima oligarchia, quella dei capipartito. La mancanza della possibilità per il cittadino di esprimere la preferenza su un candidato consegna nelle mani di pochissimi il potere di decidere chi deve entrare in parlamento per rappresentare il popolo italiano.
Questi a mio avviso sono gli aspetti più controversi dell’attuale legge elettorale.

Il referendum in questione ha come obiettivo, però, di modificare altri aspetti del “Porcellum”.
Il primo ed il secondo quesito mirano ad abolire la possibilità per le liste di unirsi in coalizioni rispettivamente alla Camera ed al Senato. In questa eventualità il premio di maggioranza (il 55% dei Seggi) verrebbe assegnato alla lista e non più alle coalizioni con più voti ed innalzerebbe per tutte le liste la soglia di sbarramento al 4% alla Camera e all’8% al Senato (precedentemente la soglia di sbarramento era del 2% e del 3%). L’obiettivo di tali quesiti agli occhi dei promotori è quello di eliminare il potere di ricatto dei piccoli partiti che hanno pesantemente pesato sull’esecutivo Prodi.

L’effetto perverso però di una legge elettorale modificata da questi due quesiti sarebbe quello nel breve termine di consegnare il paese nelle mani di Berlusconi per chissà quanto tempo dato che il vantaggio del Pdl sugli altri partiti pare difficilmente colmabile nel giro di pochi anni. Nel lungo termine si creerebbe il rischio che in un sistema partitico particolarmente frammentato anche un partito con solo il 15 o 20% dei consensi potrebbe raggiungere il premio di maggioranza il che oltre a costituire una forte distorsione del principio di rappresentanza potrebbe dare il potere anche a partiti estremisti (ricordiamo che in Francia nel 2003 LePen prese il 18% andando al ballottaggio per le presidenziali). Senza considerare l’opportunità per i partiti di aggirare tale divieto con cartelli elettorali in modalità “Sinistra Arcobaleno” e che oltre all’eliminazione di piccoli partiti ricattatori ci sarebbe in ogni caso l’eliminazione di partiti che, anche se piccoli, sono comunque rappresentativi di un numero non trascurabile di elettori (alle elezioni europee dove la soglia di sbarramento era del 4%, oltre il 13% degli italiani votanti non verrà rappresentato dal partito da essi votato).
L’esperienza delle elezioni del 2008, inoltre, ci insegna che non è obbligatorio per i grandi partiti coalizzarsi con chicchessia. La coalizione in sé non è poi da condannare in quanto anche se incide negativamente sull’efficienza dell’esecutivo rende le scelte di quest’ultimo più condivise.

Il terzo quesito mira invece ad eliminare la possibilità per i candidati di presentare la propria candidatura in più circoscrizioni. Tale divieto può essere condivisibile ma non va a modificare il cuore del problema di tale legge che sta nelle liste bloccate.
In definiva la legge attuale non è affatto una buona legge ma l’approvazione soprattutto dei primi 2 quesiti andrebbe addirittura a peggiorarla.

Pasquale Mazzarelli

Il colonnello Gheddafi ed il tramonto delle democrazie occidentali di Pasquale Mazzarelli 12 giugno 2009

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La visita del Colonnello Gheddafi il “Leader” Libico, come ama farsi chiamare, degli ultimi quaranta anni, deve essere interpretata come un campanello d’allarme per quanti speravano ancora in un Occidente come stella polare per i popoli oppressi da dittature.
Per quanto la politica estera dei paesi occidentali sia stata perlomeno ambigua negli ultimi decenni con paesi non proprio democratici, sia nelle relazioni economiche che in quelle politico-militari, la visita del Dittatore Libico cancella ogni ambiguità sulla Politica Estera del nostro paese che di fatto d’ora in poi non userà alcuna discriminante sui temi di regimi politici e rispetto dei diritti umani, nel trattare con altri paesi.

Riservare un’accoglienza cotanto trionfale ad un dittatore che non sa cosa vuol dire democrazia ( nel suo discorso alla Sapienza ha sostenuto che sia una parola proveniente etimologicamente dall’arabo), che ad una domanda sul rispetto dei diritti umani sul suo paese ha risposto: “Cosa sono?”, è davvero un segnale preoccupante ed umiliante per chi crede ancora in questi valori.

L’assunzione delle nostre responsabilità sul passato coloniale è senz’altro un passo condivisibile e coerente da parte italiana, e non condividere almeno in parte le affermazioni del Colonnello sulla complessità del fenomeno terroristico e sul suo legame col colonialismo sarebbe sciocco, ma non pretendere alcuna garanzia, in tema di rispetto dei diritti umani, sui cinque miliardi di euro che l’Italia verserà alla Libia nei prossimi anni, significa parificare un dittatore ad un rappresentante di uno stato democratico e abdicare al valore intrinsecamente universalistico della democrazia e a tutti i valori che essa implica, dalla libertà all’uguaglianza

Un passo indietro preoccupante che però trova le sue premesse in tanti altri errori commessi non solo dall’Italia negli anni passati. Alla Globalizzazione economica non siamo riusciti ad affiancare una globalizzazione dei diritti e nel giro di pochi anni anziché esportare diritti saremo costretti a difendere quelli che abbiamo conquistato nei nostri confini che saranno attaccati da un potere economico che per rimanere tale cercherà di erodere quelle garanzie sui diritti che diventeranno troppo costose e che comporteranno uno svantaggio competitivo incolmabile con i regimi autoritari.
Il peso specifico delle democrazie sul piano internazionale sta calando a vista d’occhio e per un’inversione di tendenza è rimasto poco tempo.

Beffa finale: Gheddafi al Campidoglio ha fatto una lezione su cos’è la democrazia…Ci sta proprio bene!

Pasquale Mazzarelli

incontro con Gheddafi: i nostri commenti 11 giugno 2009

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gheddafiAD OGNUNO IL SUO FINALE  di Licya Vari

“Siamo entrati in una nuova fase delle relazioni bilaterali italo-libiche ispirate a sentimenti di amicizia e sincerità. I libici hanno bevuto il calice amaro della colonizzazione e nessuno, ancora oggi, può dirsi al riparo da questo dramma. Non c’è in tutta la Libia un solo uomo che non abbia tristi ricordi legati al periodo della colonizzazione. È arrivato il momento della svolta.”

Questo l’incipit del discorso del colonnello, parole che sostanzialmente torneranno a più riprese durante tutto il suo intervento, più un monologo che altro, volto a ricordare i soprusi e le ingiustizie dell’Italia e dell’occidente in genere.

I paesi dell’Europa definiti come usurpatori delle ricchezze e delle bellezze dell’Africa, gli Stati Uniti  accusati di terrorismo e di voler assoggettare il resto del mondo a nuove forme di colonialismo, insomma, Gheddafi oggi ne approfitta per togliersi qualche sassolino dalla scarpa.

Chiede che al prossimo G8 gli Stati riconoscano pubblicamente le loro colpe e procedano sulla via del pagamento degli indennizzi “unico modo per bloccare il nascente colonialismo, unico modo per scoraggiare i paesi ad occuparne altri”.

Il colonnello affonda poi sul nostro sistema istruzione (che invece, nonostante la Gelmini ed i tagli dettati da Tremonti, regge più che bene) e dice che non aiuta la comprensione storica, che non aiuta le giovani generazioni a capire il fenomeno del colonialismo…si studierebbe quindi su libri parziali! Ecco perché i ragazzi non capiscono la giustezza dell’indennizzo corrisposto dal governo Berlusconi alla Libia…perché non studiano la storia e di conseguenza non si rendono conto “che il colonialismo è un progetto fallimentare”.

Non si vuole certo fare in questa sede del revisionismo storico e negare le tante, troppe, responsabilità dell’occupazione e dello sfruttamento italiani a danno della Libia, ma non si può neanche per questo accettare aprioristicamente le parole di un Gheddafi accolto in Italia come un pover’uomo che lotta per il rispetto dei diritti della sua gente e per il loro riscatto.

Tanto è vero che alle domande di alcuni studenti le risposte sono state evasive, quando anche fuori luogo, mai comunque tendenti a centrare l’argomento e piuttosto volte ad eluderlo. Così, quando un ragazzo gli chiede: “cosa ne pensa della democrazia e quando ci saranno libere elezioni in Libia?” la risposta è tutt’altro…una lectio magistralis sull’etimologia della parola democrazia che, sorpresa delle sorprese, deriverebbe dall’arabo e poi da lì giù a spiegare ricorrendo a numeri, moltiplicazioni e divisioni il perché ed il per come della “sua” democrazia, una democrazia diretta, senza troppi filtri ed impedimenti partitici. La parte sulle libere elezioni..bhè..ad ognuno il suo finale!

 

UN POMERIGGIO CON IL COLONNELLO di Marco Venerucci 

Alle 11 e mezza l’aula è gia quasi completamente occupata. Nessuno tra gli ignari studenti, i poco pazienti docenti, il vario personale amministrativo (e qualche imbucato che non manca mai) sa che dovranno ancora aspettare molto per vedere arrivare il Colonnello Gheddafi. Già, per la visita del leader libico, si è riunita la folla delle grandi occasioni, che solo per l’entrata nell’Aula magna hanno dovuto attraversare un severo controllo. Individualmente o in gruppi, i vari partecipanti, muniti di carta d’identità, vengono scrutanti dagli integerrimi uomini delle forse dell’ordine, che sembrano buttafuori all’entrata di un locale alla moda. Gli spicci dei poveri studenti devono essere lasciati su un tavolino fuori dall’ingresso, “per motivi di sicurezza” dicono, abbandonati a loro stessi, in attesa di essere destinati alla beneficenza, chissà se di qualche associazione o di qualcun altro più furbo. Non mancano i malumori: una ragazza è costretta a lasciare la penna e il blocco di fogli, dimostrando che non è del tutto falso il detto che indica l’uso della parola come più forte di qualsiasi altra arma.

Entrati dentro il calderone, i valorosi giovani sono costretti a togliersi le giacche ed tirarsi su le maniche, in attesa che l’ospite tanto atteso si faccia vivo. Ma passano i minuti e, nonostante l’intervento del Rettore, teso a distendere i toni di contestazione e a concedere la massima libertà di espressione e di dibattito, la noia e la fame (non di conoscenza, ma di cose più pratiche) cominciano a diffondersi. Si cerca così di discutere col proprio vicino sul tema del giorno: c’è chi critica aspramente le politiche libanesi sul tema dell’immigrazione, chi prospetta gli ampi vantaggi che le nuove relazioni con Tripoli possono portare, dall’ambito energetico a quello, chissà, sportivo e calcistico.

 Arriva mezzogiorno, poi l’una, e sul maxischermo si continua a vedere un’aula del Senato Accademico melanconicamente vuota. Infine, passate abbondantemente le due, ecco arrivare finalmente Gheddafi, non in divisa ma in abito bianco, come un signore di grandi affari, e in fondo è in quel modo che vuole apparire. Firma una tesi a lui dedicata, riceve una testimonianza sul periodo coloniale di un ebreo della comunità libica, riceve una medaglia d’oro, e poi si sposta nell’aula del dibattito, dove entra seguito dalla sua “corte”, nonché dalle sue guardie del corpo donna.

È arrivato il suo momento di parlare: ricorda il crudele colonialismo italiano in Libia, attacca gli americani ed Israele nella vicenda palestinese, annuncia che le relazioni italo-libiche hanno imboccato una svolta storica e annuncia la sua forte volontà di aiuto nei confronti dei paesi africani, di cui si farà portavoce nel G8.

Poi passa a rispondere alle domande: si dimostra vago sul tema dei diritti politici e sul ruolo delle donne nella società libica, ma non arretra di un passo sulla sua idea di democrazia, di “potere al popolo”, che già appartiene ai libici, senza bisogno dell’inutile sistema delle “elezioni”. Arrivano i contestatori: gli studenti dell’Onda, bloccati da attenti agenti, cercano di leggere un comunicato di difficile comprensione per Gheddafi che dopo aver assaggiato l’umorismo di Frati sulle “donne” del colonnello, lascia la sala, salutando a braccia aperte. T

utto finisce in maniera improvvisa e agli studenti rimasti desiderosi di sentire ancora parlare il Rais, non aspetta che tornare a casa, a pancia vuota. E senza neanche gli spicci per un caffè.