Il Parlamento non è solo legislatore – Resoconto convegno

10.10.2008

In occasione della presentazione del libro
“Funzioni parlamentari non legislative e forma di governo”
a cura di Renzo Dickmann e Sandro Staiano

Roma, Camera dei deputati, lunedì 7 ottobre 2008

Lunedì 7 ottobre 2008 si è tenuto presso la sala della Lupa di Palazzo Montecitorio il convegno dal titolo “Il Parlamento non è solo legislatore”, in occasione del quale è stato presentato il volume curato da Renzo Dickmann e da Sandro Staiano, “Funzioni parlamentari non legislative e forma di governo” (Giuffrè, 2008).
Il libro analizza uno dei fenomeni più rilevanti, ancorché poco studiati, della nostra recente storia istituzionale, cogliendone i riflessi sulla stessa forma di governo: l’evoluzione delle funzioni parlamentari di indirizzo e controllo, ed in generale delle cosiddette funzioni “non legislative”.
Grazie anche alla felice scelta di “mescolare” nella redazione dei diversi saggi, da un lato, consiglieri parlamentari, dall’altro, docenti e ricercatori universitari, coniugando – come scrivono i curatori – “studio ed esperienza, accademia ed istituzioni”, il volume fornisce un contributo acuto alla riflessione sui rapporti tra Parlamento e Governo, sia nella fase attuale che in prospettiva evolutiva, evidenziando come, in un contesto generale caratterizzato dalla moltiplicazione dei livelli decisionali e da un crescente ruolo normativo del Governo, il Parlamento possa, utilizzando al meglio i poteri di indirizzo e controllo che gli sono attribuiti, mantenere ed anzi accrescere la propria fondamentale funzione di tutela e di rappresentanza degli interessi e dei diritti dei cittadini.

I lavori del convegno (la cui registrazione integrale è disponibile sul sito internet della Camera: http://www.camera.it/serv_cittadini/21262/21565/21715/documentotesto.asp) sono stati presieduti dall’on. Gianfranco FINI, Presidente della Camera dei deputati, il quale, dopo essersi rallegrato per l’elevato livello di competenze professionali di cui dispone l’Amministrazione della Camera, giacché la maggior parte degli autori del volume sono funzionari parlamentari, ha affermato che il Parlamento concorre con il Governo alla funzione di indirizzo politico e agisce nei principi e nei limiti dello Stato di diritto, a garanzia dei diritti della persona. Il processo di integrazione degli Stati democratici, avviato con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948 e rafforzato in ambito comunitario dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e dalla Carta di Nizza, ha reso il Parlamento, in tali ordinamenti, l’organo garante del corretto funzionamento democratico dei poteri. Occorre, però, che anche i processi decisionali siano efficienti e rapidi, così da non determinare una grave lesione del circuito della responsabilità politica, che costituisce il nucleo essenziale di una democrazia governante. In questa prospettiva, il rapporto tra maggioranza e opposizione deve configurarsi come un “confronto dialetticamente intenso, ma non cronicamente conflittuale”.
A tal proposito, a giudizio del Presidente Fini, è necessario intervenire, a Costituzione invariata, sui regolamenti parlamentari, in modo da velocizzare le procedure legislative e rendere più dinamico il rapporto con il Governo, in un quadro, però, di autentico riconoscimento del diritto al controllo del processo legislativo da parte dell’opposizione, quale controparte funzionale del Governo in Parlamento. Come è stato autorevolmente sottolineato in dottrina dal prof. Giuseppe De Vergottini, in una compiuta democrazia dell’alternanza l’opposizione è una vera e propria “istituzione costituzionale”, un “Governo in potenziale attesa”. E’ noto, infatti, che il compito assegnato al principio di separazione dei poteri non è più esclusivamente dato dal rapporto tra Parlamento e Governo, quanto piuttosto dalla continua dialettica tra Governo e maggioranza parlamentare, da una parte, e opposizione, dall’altra.
Questi importanti temi, peraltro, sono stati affrontati durante l’Audizione del Ministro per i rapporti con il Parlamento, on. Elio Vito, che ha avuto luogo presso le Commissioni congiunte Affari Costituzionali di Camera e Senato il 24 settembre 2008 (la registrazione audio video ed il testo integrale dell’intervento sono disponibili sul sito del Dipartimento per i rapporti con il Parlamento, all’indirizzo www.governo.it/rapportiparlamento/salastampa/interventi).
In conclusione del suo intervento, il Presidente Fini ha auspicato che si torni allo “spirito costituente” di alcune precedenti riforme regolamentari, così da contribuire a modernizzare il “sistema Italia”, attraverso una parziale, ma opportuna, riorganizzazione del diritto parlamentare, che dovrà sempre essere ispirata al rispetto di quei valori costituzionali in cui si invera la storia della democrazia italiana.

Successivamente, è intervenuto il prof. Beniamino CARAVITA DI TORITTO, il quale ha sottolineato quanto sia fruttuoso il rapporto tra istituzioni parlamentari e mondo del civil service, di cui è stato parte, come molti altri autorevoli costituzionalisti, anche il prof. Leopoldo Elia, recentemente scomparso. Il relatore ha rilevato come, sebbene spesso trascurate negli studi di diritto parlamentare, le funzioni non legislative delle Camere garantiscono a queste ultime uno scambio di informazioni proficuo all’interno di una sistema di governance complesso. Nel saggio introduttivo di Renzo Dickmann si evidenzia l’importanza, ai fini della riorganizzazione del bicameralismo italiano, dell’articolazione delle funzioni non legislative ugualmente spettanti alle due Camere e del rapporto tra esse e il principio di rappresentanza. Ulteriori spunti di riflessione derivano dal contributo di Francesco Comparone sull’attività delle Commissioni d’inchiesta. L’autore rileva come sia fuorviante il riferimento contenuto nell’art. 82 Cost., nella misura in cui equipara i poteri di tali Commissioni a quelli dell’autorità giudiziaria, poiché l’attività delle prime si inscrive essenzialmente nell’ambito dei poteri di informazione e di controllo ed è spesso condizionata dallo scontro tra maggioranza e opposizione parlamentare, che è estranea alla magistratura.

In seguito ha preso la parola il Vicepresidente del Senato, l’on. Vannino CHITI, il quale ha messo in evidenza che quella del rapporto fiduciario è la prospettiva privilegiata per interpretare l’esercizio della funzione di indirizzo politico da parte del Parlamento. E’ bene intervenire, anche attraverso la riforma dei regolamenti parlamentari, sul rapporto Parlamento-Governo per evitare una riscrittura materiale di parti rilevanti della Costituzione. L’art. 94 Cost., infatti, si limita a fornire solo gli strumenti del rapporto fiduciario, rimettendo alla prassi lo sviluppo concreto dello stesso. Il relatore ha quindi richiamato l’attenzione sull’esistenza di una velata diffidenza nei confronti dell’esercizio del potere di controllo sia a livello regionale, dove i Consigli, pur titolari di tale prerogativa, ne hanno subito una lettura riduttiva per effetto di leggi elettorali regionali, sia a livello nazionale, dato che l’istituto del question time ha visto compressa la propria efficacia potenziale. Chiti ha rilevato come dal 1994 a causa di numerose ragioni, tra le quali il sistema elettorale con effetti tendenzialmente maggioritari e la formazione di due grandi coalizioni, sia diventato sempre più cruciale il riferimento al programma di governo. Tuttavia, l’elevata frammentazione interna alle coalizioni ha fatto sì che il programma sia stato interpretato come strumento sul quale si reggeva l’alleanza tra partiti e correnti piuttosto che come un punto di riferimento unitario e condiviso. Inoltre, dal 1994 ad oggi non si sono più verificate crisi di governo extraparlamentari. Le crisi, invece, si sono consumate ricorrendo alla questione di fiducia, istituto questo, che rappresenta un’arma nella mani del Governo, al contrario della mozione di sfiducia, mai usata sinora, che è strumento di cui dispone il Parlamento. Nelle scorse legislature e in quella attuale si è assistito ad un impiego congiunto e frequentemente patologico della decretazione d’urgenza e della questione di fiducia. Il Vicepresidente Chiti ha auspicato che questa non continui più ad essere una prassi costante di governo. In conclusione, egli ha formulato alcune proposte di riforma: circa il superamento del bicameralismo paritario, si è dichiarato in favore di una trasformazione del Senato sul modello del Bundestrat tedesco, per evitare che si trasformi in una Camera di delegati delle Regioni, delle Province e dei Comuni; ha richiesto che si addivenga ad una riduzione del numero dei parlamentari e che si razionalizzi ulteriormente la forma di governo tramite l’introduzione della mozione di sfiducia costruttiva.

Il Vicepresidente della Camera dei deputati, l’on. Antonio LEONE, ha espresso preoccupazione per il frequente riferimento, da ultimo proprio nel volume presentato, alla perdita di centralità del ruolo del Parlamento. Molti costituzionalisti, peraltro, mettono in discussione che le Camere aldilà dell’esercizio della funzione legislativa siano in grado di produrre diritto. A parere del relatore, una tale interpretazione sarebbe da respingere dal momento che usi e consuetudini assurgono a fonti del diritto parlamentare. Le stesse pronunce della Giunta per il regolamento e la “giurisprudenza” presidenziale esprimono la necessità di rispettare regole precise. Il reciproco affidamento al precedente e il rispetto dell’indirizzo che da esso emerge sono garanzia dell’eguale trattamento delle forze politiche in Parlamento. Nel libro curato da Dickmann e da Staiano sono esaminate una serie di attività che, pur non avendo carattere legislativo, sono parte integrante “del legiferare”. Basti pensare alla programmazione dei lavori parlamentari, come disciplinata dal 1997: la Conferenza dei Capigruppo e il Presidente possono tutelare la facoltà della maggioranza di prevedere un iter accelerato per l’approvazione del proprio provvedimento. Al contrario, la materia delle immunità parlamentari e dell’attività di informazione e vigilanza dovrebbe rimanere al di fuori della dialettica e dello scontro maggioranza-opposizione. Il Vicepresidente Leone, infine, ha “bonariamente” sottolineato l’assenza nel volume della trattazione del tema dell’autodichia, che rientra nel “pacchetto delle guarentigie parlamentari”. Si tratta di un istituto fortemente contestato in dottrina, presente in modo “strisciante” anche in altri ordinamenti, come quelli belga e francese, e che, in quanto privo di disciplina normativa, sopravvive nella Costituzione materiale di quei Paesi.

Successivamente è intervenuto il Presidente Luciano VIOLANTE, il quale ha sottolineato la scelta appropriata dei curatori di pubblicare il loro libro in questa fase delle vicende politiche italiane, non solo per il dibattito esistente sulle riforme, ma anche e soprattutto per l’affermazione di modifiche tacite della Costituzione. Ne è un esempio l’indicazione del candidato premier al momento della presentazione delle liste elettorali, che induce ad interrogarsi sul persistere di talune prerogative in capo al Presidente della Repubblica e del carattere parlamentare della forma di governo italiana. Occorre affrontare il nodo del bilanciamento della democrazia decidente con la garanzia della rappresentanza. Violante ha sostenuto che si non debba procedere a riforme che alterino gli equilibri oggi affermati, ma che sia consigliabile razionalizzare l’esistente. Per quanto riguarda il ruolo dei Parlamenti, non vi è dubbio che il loro futuro è legato più all’attività di controllo che a quella legislativa. Attualmente, tuttavia, il Parlamento italiano risulta carente nell’esercizio di entrambe le funzioni. Esso, in nome del principio di rappresentanza, dovrebbe produrre le “grandi leggi” ed esercitare un controllo sulle opzioni politiche fondamentali. I Paesi più competitivi sono quelli nei quali si riescono ad assumere le decisioni con maggiore tempestività, sebbene ciò spesso vada a discapito della qualità della legislazione.
Rinviando alle considerazioni svolte dall’on. Chiti, Violante ha affermato che l’elezione diretta delle due Camere non può condurre all’attribuzione di ruoli costituzionalmente diversi alle stesse. Una soluzione potrebbe essere quella di garantire che i senatori rappresentino le Regioni senza vincolo di mandato. Tale modifica costituzionale dovrebbe essere corredata da una legge elettorale che riconduca l’elezione dei senatori entro il circuito regionale.
Venendo alla riforma dei regolamenti parlamentari, sia alla Camera che al Senato sono stati presentati due importanti progetti di modifica in tal senso da parte del Popolo delle Libertà, ispirati all’idea che al tradizionale circuito della separazione tra poteri, che vive della distinzione tra Parlamento e Governo, debba sostituirsi il circuito Governo/maggioranza parlamentare – opposizione parlamentare. Ha dichiarato di non concordare con questa prospettiva, che vanificherebbe ogni funzione intestata al Parlamento, in particolare quella di rappresentanza dei cittadini, e ne sminuirebbe notevolmente il ruolo. In altri termini, dietro l’enfasi posta sul riconoscimento di uno statuto dell’opposizione vi sarebbe il rischio di una rottura dell’unità del Parlamento e una complicazione dei rapporti tra questo e gli altri organi costituzionali. In questa ottica, semmai, il modello al quale ispirarsi potrebbe diventare il presidenzialismo statunitense, mentre è da escludersi ogni riferimento alla forma di governo francese, che è in crisi ed è fondata sull’iper-presidenzialismo e sul semi-parlamentarismo. Il sistema inglese presuppone l’esistenza di un sistema bipartitico con una forte premiership all’interno di ciascuno dei due schieramenti. Ma non sembra essere questo l’assetto del sistema politico italiano, in cui il governo-ombra costituito dal Partito democratico resta una mera formula organizzativa interna ad un partito, senza assumere rilievo istituzionale. Infine, ha ricordato il prof. Leopoldo Elia, che del costituzionalismo come forma di governo democratico delle nazioni ha fatto la religione della sua vita, affinché il suo insegnamento sia di guida in questa difficile transizione del sistema politico italiano.

Ha preso la parola, quindi, il Ministro per i rapporti con il Parlamento, on. Elio VITO, il quale ha espresso il suo plauso ai curatori del libro per aver esaminato alcune funzioni parlamentari estremamente rilevanti, come quelle di controllo e di espressione dei pareri su atti del Governo. Le statistiche disponibili in merito a tali attività ne dimostrano la rilevanza assunta nelle ultime legislature nel rapporto tra Governo e Parlamento e confermano la centralità di quest’ultimo nel nostro sistema. Sono, però, auspicabili alcune riforme degli istituti in esame, in primo luogo il question time, dal quale ci si sarebbe aspettati un contributo più incisivo e, soprattutto, orientato a stimolare il confronto sulle opzioni più rilevanti del dibattito politico. Il Ministro ha, inoltre, sottolineato l’acutezza di alcune considerazioni contenute nel volume a cura di Dickmann e Staiano: tra le altre, le pagine dedicate ai pareri parlamentari sugli atti amministrativi. Tale attività parlamentare ha potenzialità notevoli, con particolare riferimento ai pareri resi sugli atti di alcune autorità amministrative indipendenti, che altrimenti rischierebbero di essere completamente avulse dal circuito democratico-rappresentativo previsto dalla Costituzione. Sono, inoltre, condivisibili ed auspicabili le prospettive di sviluppo dell’attività comunitaria ed internazionale delineate nelle ultime pagine del volume. Ciò con particolare riferimento alla sempre più rilevante “fase ascendente” delle decisioni comunitarie.
Ha, inoltre, evidenziato anche altre criticità dell’attuale assetto sulle quali intervenire: in primo luogo, la questione dello statuto del governo-ombra, di cui auspica al più presto una regolamentazione. A giudizio del Ministro, non bisogna rinunciare alla centralità del Parlamento, ma piuttosto evitare che esso si trasformi in una sede di contrattazione assemblearistica. Sul problema a più riprese evocato nelle precedenti relazioni, quello dei decreti-legge, il Ministro Vito ha evidenziato che l’istituto del decreto-legge, come configurato dalla nostra Carta costituzionale, si caratterizza per tre elementi – necessaria iniziativa governativa, certezza dei tempi di decisione e immediata vigenza delle disposizioni adottate dal Governo sotto la propria responsabilità –, ma solo l’ultimo dei questi può destare perplessità in ordine alla possibile lesione dei diritti costituzionalmente garantiti e delle funzioni delle Camere, rientrando, invece, gli altri due tra le caratteristiche comuni del procedimento normativo delle grandi democrazie occidentali. La vera soluzione del problema sarebbe l’introduzione nel nostro sistema di meccanismi idonei a garantire maggiore certezza nella programmazione dei lavori parlamentari e nei tempi di conclusione dei procedimenti di esame dei disegni di legge considerati “prioritari” per l’attuazione del programma di Governo. Questi ultimi, del resto, sono previsti in tutti i maggiori ordinamenti europei (tra gli altri, Regno Unito, Germania, Spagna e Francia) e già dieci anni fa erano stati proposti dalla Bicamerale D’Alema. In merito, poi, al tema del ricorso al voto di fiducia, il Ministro ha ricordato che nei primi mesi di legislatura si è fatto ricorso alla fiducia un numero inferiore di volte rispetto al corrispondente periodo della XV legislatura. Inoltre, se nella penultima legislatura si è posta la questione di fiducia prevalentemente al Senato, in quella attuale la fiducia è stata utilizzata quasi unicamente alla Camera nella conversione dei decreti-legge, in conseguenza della previsione regolamentare di quel ramo del Parlamento che esclude i decreti-legge dal meccanismo del contingentamento dei tempi. Il Ministro ha, infine, ribadito il ruolo centrale del Parlamento nel nostro sistema istituzionale, sia nelle attività legislative sia (come ampiamente evidenziato nel volume in presentazione) in quelle non legislative, nel nuovo contesto di democrazia maggioritaria oggi esistente, caratterizzato da una forte investitura popolare del Governo.

Quindi, è intervenuto Ugo ZAMPETTI, Segretario generale della Camera dei deputati, che ha sottolineato come le funzioni non legislative delle Camere costituiscono “sottosettori” caratterizzati da procedure e modalità operative differenti tra loro, nonché da fonti diverse di disciplina. Lo studio di funzioni non legislative consente di rivolgere l’attenzione a temi inerenti al rapporto tra Parlamento e Governo e tra Parlamento e altri organi costituzionali, in primo luogo la magistratura, e di inquadrare la governance di ordinamenti complessi e multilivello. L’esito delle procedure informative, ad esempio, non avvantaggia solo le Camere, ma rappresenta un momento cruciale di conoscenza della realtà istituzionale. L’informazione parlamentare, infatti, non si esaurisce nel dato documentale, essendo poi filtrata attraverso le valutazioni politiche dei componenti di ciascuna Camera. Allo stesso tempo ne è garantita la pubblicità e la conoscibilità ai cittadini. Zampetti ha proposto quindi una seconda notazione, rilevando che le Commissioni hanno progressivamente perso il loro ruolo nelle procedure legislative sia in ragione dell’evoluzione in senso maggioritario del sistema politico che in conseguenza del nuovo riparto della potestà normativa tra Stato e Regioni. Nell’ “altra metà del cielo”, invece, quella delle attività non legislative, le Commissioni seguitano ad essere protagoniste. Tali attività hanno condotto ad una parlamentarizzazione della regolazione di molti settori dell’ordinamento, garantendo alle Camere la possibilità di intervenire in procedimenti posti in essere dal Governo e da altri attori istituzionali. Infine, Zampetti ha avvertito che l’attuazione del federalismo fiscale comporterà la necessità di un riassetto istituzionale in tutte le Assemblee elettive, principalmente per soddisfare le esigenze di coordinamento della finanza pubblica. Ci si dovrà dotare di una strumentazione procedurale per il controllo e il monitoraggio, anche rivendendo il ciclo di bilancio, e di una base di dati condivisa tra tutti i livelli istituzionali di governo.

Il Presidente FINI ha chiuso i lavori del convegno rinnovando il plauso ai due curatori ed agli autori del volume presentato e ringraziando gli illustri esponenti del mondo accademico e politico che hanno dato vita al confronto. Il tema della centralità del Parlamento è estremamente serio e complesso e riguarda diversi livelli di governo nel nostro ordinamento costituzionale. Per tali ragioni, il Presidente della Camera ha invitato a discutere dell’argomento avendo uno sguardo d’insieme e secondo una logica di armonia del sistema stesso. Ha auspicato, inoltre, che, come già accade nel mondo accademico e ai più alti livelli istituzionali, anche nel dibattito politico-giornalistico si tenga conto della necessaria complessità delle relazioni interistituzionali, evitando toni propagandistici e il ricorso ad un’ottica di breve periodo. Le questioni relative al rapporto Legislativo-Esecutivo e alle modalità di organizzazione dei lavori parlamentari non possono essere affrontate come se si assistesse ad una campagna elettorale permanente, soltanto per segnare un punto a favore ora della maggioranza ora dell’opposizione, ma debbono essere esaminate – è questo l’auspicio del Presidente della Camera – con profondità e pacatezza, come avvenuto proprio durante il presente Convegno.

Cristina Fasone e Giovanni Savini