La Commissione europea giudica lacunosa la legislazione sulla contabilità separata nelle imprese incaricate della prestazione di servizi pubblici negli Stati membri

27.01.2003

Bruxelles, 09.01.2003

Diversi Stati membri non hanno ancora dato attuazione alle modifiche apportate alla cosiddetta direttiva sulla trasparenza, che prescrive che le imprese incaricate di prestare servizi di interesse generale devono tenere contabilità separate per le attività di servizio pubblico, da un lato, e per le attività esercitate in settori aperti alla concorrenza, dall’altro. La Commissione ha ora deciso di citare dinanzi alla Corte di giustizia la Finlandia, la Francia, l’Irlanda, l’Italia, il Portogallo e la Svezia. Parallelamente la Commissione ha avviato un nuovo procedimento nei confronti del Belgio e del Lussemburgo. L’iniziativa della Commissione rientra nell’azione in corso per assicurare che le regole che disciplinano la trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche siano recepite nelle rispettive legislazioni nazionali. La trasparenza delle relazioni finanziarie tra lo Stato e le imprese pubbliche è necessaria per poter applicare a tali imprese le regole di concorrenza. Questa esigenza si è fatta più pressante in quanto sempre più spesso le imprese che esercitano compiti di interesse pubblico sono attive anche in mercati aperti alla concorrenza. 
Se un’impresa a cui vengono affidati compiti di servizio pubblico opera anche in settori aperti alla concorrenza, deve essere tenuta una contabilità separata per questi due ambiti di attività, di natura fondamentalmente diversa. La contabilità separata, quale è prescritta nelle disposizioni di modifica della direttiva sulla trasparenza adottate nel luglio 2000, consente alla Commissione di valutare eventuali accuse di sovvenzioni interne a beneficio delle attività svolte nei mercati aperti alla concorrenza. Al tempo stesso la contabilità separata mette a disposizione degli Stati membri uno strumento per verificare che le risorse pubbliche destinate a finanziare l’assolvimento dei compiti di servizio pubblico non vengano utilizzate per falsare la concorrenza. 
L’utilizzazione di fondi pubblici in modo tale da falsare la concorrenza viola il principio fondamentale secondo il quale le imprese che sono finanziate dallo Stato per prestare servizi di interesse generale non possono servirsi di tali risorse per sovvenzionare attività aperte alla concorrenza. Questo vale specialmente per i settori recentemente liberalizzati nei quali i concorrenti emergenti sono ancora vulnerabili. Per evitare che i diritti speciali o esclusivi e i finanziamenti pubblici finiscano per avvantaggiare indebitamente le attività delle stesse imprese nei mercati aperti alla concorrenza, la trasparenza delle relazioni finanziarie tra lo Stato e le imprese pubbliche è assolutamente indispensabile. 
La Commissione, il 26 luglio 2000, aveva quindi adottato una direttiva di modifica della direttiva sulla trasparenza, che impone a tutte le imprese pubbliche che operano anche in settori aperti alla concorrenza l’obbligo di tenere una contabilità separata. Gli Stati membri erano tenuti a recepire tali disposizioni nelle rispettive legislazioni nazionali entro il 31 luglio 2001. Il 19 ottobre 2001 la Commissione ha inviato una lettera di richiamo ad alcuni Stati membri che non avevano recepito la direttiva. Il 26 giugno 2002 la Commissione ha avviato un procedimento e indirizzato un parere motivato ai sensi dell’articolo 226 del trattato CE a Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Portogallo e Svezia. Questi Stati membri, che non avevano recepito la direttiva, sono stati invitati a provvedervi entro il termine di due mesi. Poiché ad oggi questi paesi non hanno ancora comunicato alla Commissione le disposizioni prese per recepire la direttiva, questa ha deciso, alla fine del 2002, di presentare un ricorso alla Corte di giustizia europea. 
Parallelamente la Commissione ha avviato un nuovo procedimento nei confronti di Belgio e Lussemburgo, paesi che sembravano apprestarsi ad adempiere ai propri obblighi, ma che non lo hanno fatto. Di conseguenza la Commissione ha deciso di indirizzare anche a questi Stati membri un parere motivato ai sensi dell’articolo 226.

a cura di Antonio Barrec