Dipendenti pubblici a tempo parziale ed esercizio della professione forense: le ultime parole della Corte Costituzionale

20.06.2001

E’ legittimo l’esercizio della libera professione, anche se trattasi di quella forense, da parte dei dipendenti pubblici con rapporto di lavoro a tempo parziale e prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno (art.1, co.56, 56 bis, 58, 58 bis, 60, 61, legge n.662/96).

Precedenti: Corte Costituzionale, sentenza 16.10.1997 n.309 (in LPA, 1998, 227); Corte Costituzionale, sentenza 4.1.1999 n.1 (in LPA, 1999, 803 con nota di Montini); Corte Costituzionale, sentenza 18.5.1999 n.171 (in FI, 2001, I, 60).
Dottrina : Paolucci, Il regime delle incompatibilità, in “Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, dal D.Lgs. n.29/1993 alla Finanziaria 1995”, commentario diretto da F.Carinci, Milano, Giuffrè, 1995; Falcone, Il part-time nel pubblico impiego (tra incompatibilità e controlli), in LPA, 1999, 538; Montini, Il part-time dei dipendenti pubblici ed i limiti allo svolgimento della libera professione, in LPA, 2001, n.3-4

Con la sentenza n.180/01, la Suprema Corte ha definitivamente chiarito la non sussistenza di ostacoli di ordine costituzionale all’esercizio della libera professione da parte di dipendenti pubblici con rapporto di lavoro a tempo parziale.
In particolare, la declaratoria di legittimità ha riguardato l’art.1, co.56 e 56 bis, della l. n.662/96 che hanno sancito, da un lato, la non applicabilità delle disposizioni che vietano l’iscrizione in albi professionali ai dipendenti pubblici con rapporto part-time a prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno e, dall’altro, l’abrogazione delle disposizioni che vietano ai medesimi soggetti l’iscrizione ad albi e l’esercizio di attività professionali.
La questione di costituzionalità è stata sollevata dal Consiglio Nazionale Forense che ha lamentato, in particolare, la violazione degli articoli 3, 4, 24, 97 e 98 della Costituzione con riferimento alla parte in cui i citati commi della l. n.662/96 operano un’abrogazione indiretta delle disposizioni contenute nell’art.3 del r.d.l. n.1578/33. Detto provvedimento, infatti, sanciva una piena incompatibilità tra l’esercizio della professione forense e lo status di pubblico dipendente.
La Corte Costituzionale ha giudicato la questione infondata sotto tutti i profili di censura, sostenendo, tra l’altro, come la disciplina del part-time possa essere correttamente valutata solo nell’ambito della generale riforma della Pubblica Amministrazione, all’interno della quale la stessa disciplina si pone come strumento finalizzato al raggiungimento di obiettivi di maggiore efficienza mediante un utilizzo più flessibile del personale.
Con riguardo alla possibilità che l’elisione del vincolo di esclusività in favore dei dipendenti pubblici con rapporto part-time possa provocare dannosi conflitti di interesse con l’amministrazione di appartenenza, la Corte Costituzionale ha evidenziato come il legislatore abbia già provveduto a porre rigorosi limiti all’esercizio di ulteriori attività lavorative. Questi vanno ravvisati, oltre che nei divieti posti dall’art.1, co. 56 bis (divieto di conferimento di incarichi professionali da parte di amministrazioni pubbliche e divieto di assumere il patrocinio in controversie nelle quali sia parte una pubblica amministrazione), anche in quanto disposto dai successivi commi 58 e 58 bis e dall’art.18, co.2 ter, della l. n.109/94.
Inoltre, a giudizio della Corte, l’eliminazione dei vincoli giuridici di iscrizione agli albi professionali è finalizzata, oltre che a favorire la diffusione generalizzata del lavoro a tempo parziale nel settore pubblico, anche a “liberalizzare” il mercato delle professioni che, per sua natura, è di tipo concorrenziale e, pertanto, non può ammettere l’esclusione di soggetti in possesso dei necessari requisiti solo in ragione del loro status di dipendenti pubblici.
In tal senso, si ravvisa il legittimo esercizio del potere discrezionale del legislatore nell’attuazione del precetto costituzionale contenuto nell’art.4 (diritto al lavoro) che, in effetti, rinvia al merito del legislatore sia per quanto riguarda i tempi, sia con rapporto ai modi
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di Francesca Di Lascio