Dal 1° maggio di quest’anno l’Europa geografica e quella politica si assomigliano un po’ di più e, anche se quest’ultima non e’ riuscita ancora a darsi una Costituzione (un sistema condiviso di regole, indispensabile per dare una soggettività comune ad un cosi’ vasto aggregato di Stati nazionali) un ruolo decisivo, nella costruzione del senso di appartenenza alla nuova Europa allargata, sara’ svolto dai sistemi scolastici dei 10 nuovi Paesi, quasi tutti appartenenti a quella che si e’ a lungo chiamata “Europa orientale”.
Nel complesso, questi Paesi possiedono sistemi educativi abbastanza sviluppati e competitivi con quelli degli altri 15 partner europei: l’istruzione, soprattutto quella di tipo matematico-tecnico-professionale, e’ uno dei pochi settori nei quali i vecchi regimi hanno operato con una logica di investimento. E le percentuali della spesa per l’istruzione sul PIL si sono mantenute abbastanza alte, mediamente attorno al 5%, con punte superiori nei Paesi baltici, e addirittura il 10.7% in Slovenia. Il risultato, come ha osservato Romano Prodi in un’intervista pubblicata dal “Wall Street Journal Europe” del 30 aprile 2004, e’ la relativa abbondanza di manodopera con un buon livello di formazione, che potrà indurre i Paesi europei economicamente più sviluppati ad esportarvi capitali e lavoro soprattutto nel settore manifatturiero.
E il presidente della Commissione europea lancia un monito rivolto in particolare al nostro paese chiarendo che, se noi in Italia falliremo nel moltiplicare il numero di ingegneri qualificati, se continueremo a retribuire i nostri ricercatori meno di coloro che operano nel settore finanziario e in altri settori, questi paesi ci sopravanzeranno: il cervello della new economy e’ il sistema scolastico di questi paesi, che in molti casi e’ superiore a quelli degli attuali stati membri, e dell’Italia in particolare.
Nasce l’Europa a 25: il ruolo decisivo della scuola
13.05.2004