Il domain name è un segno distintivo atipico – Tribunale di Napoli, Sez. I, sentenza 26 febbraio 2002

26.02.2002

Tribunale di Napoli, Sez. I, sentenza 26 febbraio 2002

Il domain name è un segno distintivo atipico che ha un valore giuridico ed economico autonomi, irriducibile ai segni preesistenti.

Il dominio ‘Playboy’ è più di un marchio

Con la sentenza del 26 febbraio 2002, una delle prime decisioni a cognizione piena adottate in materia, dopo la miriade di ordinanze cautelari pronunciate ex art. 700 c.p.c. (alcune delle quali anche collegiali in quanto emesse in sede di reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c.), il domain name viene equiparato ad un segno distintivo atipico autonomo, dopo che la giurisprudenza più avveduta, consapevole della difficoltà di dare una risposta appagante al problema della qualificazione giuridica del dominio, aveva ritenuto di poca importanza, ai fini dell’applicabilità della legge sui marchi, lo stabilire se il nome di dominio andasse qualificato come un marchio, un segno distintivo o un’insegna, richiamando il principio dell’unitarietà dei segni distintivi desumibile dall’art. 13 della legge marchi. A prescindere dalla qualificazione giuridica che si vuole dare ad un segno esso, in quanto utilizzato in commercio o nell’esercizio di un’attività di impresa, se costituisce contraffazione degli altrui segni distintivi viola la normativa a tutela di questi ultimi, nonché può integrare un atto di concorrenza sleale.

Il Tribunale di Napoli, nel giudizio di merito instaurato dalla Playboy Enterprises Inc. nei confronti del Sig. Giannattasio e della CS Informatica, qualifica, invece, il domain name come un segno distintivo atipico con un valore giuridico ed economico autonomo e come tale irriducibile ai segni preesistenti. Il Tribunale sostiene che l’equiparazione al marchio non può essere piena in quanto diversissimi sono i presupposti per la registrazione e diversa è anche la natura dei diritti che su di essi incidono: i domain name, ad esempio, sono solo assegnati in uso. Inoltre, il sistema Internet non conosce confini, di conseguenza è inapplicabile ai domini il principio di territorialità, fondamentale nel diritto dei marchi, ed il principio di specialità: in tutto il mondo non possono, quindi, coesistere due domini uguali pur se per settori diversissimi mentre possono coesistere marchi identici se differenziati per ambito merceologico e/o territoriale di protezione. Il principio di univocità del nome di dominio si traduce per il titolare del segno in una tutela più accentuata in caso di contraffazione sebbene la contraffazione e, quindi, la confondibilità di un marchio da parte di un dominio va affermata o negata all’esito di una comparazione condotta solo tra parole e non tra qualunque segno grafico. Anzi, poiché per il titolare del marchio imitato il pregiudizio si verifica al momento del contatto ingenerato dalla confusione tra marchio imitato e dominio, si manifesta, cioè, nella prima fase dell’approccio al prodotto o al servizio, il Tribunale ritiene irrilevante ai fini del giudizio di contraffazione la considerazione dei servizi offerti o la qualità dei soggetti che li offrono: ciò che conta è il nome (o segno) che viene digitato. La giurisprudenza in passato per escludere il giudizio di confusione ha anche ritenuto del tutto irrilevante la presenza di un Top Level Domain diverso (cfr. Tribunale di Roma 28 agosto 2000). La parte significativa del domain name è nella stringa di secondo livello, scelta liberamente dall’imprenditore, nella quale vanno ricercati gli elementi di somiglianza ovvero di differenziazione.

Su tali basi il Tribunale di Napoli, Sez. I, ha inibito al Sig. Giannatasio l’uso del termine Playboy in qualsiasi forma, confermando quanto già statuito in sede cautelare con l’ordinanza del 24 marzo 1999. Per mancanza di prove il Tribunale non ha, invece, potuto accogliere la domanda della società attrice relativamente alla cancellazione di ogni riferimento al marchio Playboy anche come metatag pur ritenendo tale utilizzazione inammissibile: il metatag è un codice alfanumerico, non immediatamente visibile, posto all’interno delle pagine web ed utilizzato dai motori di ricerca per individuare ed indicizzare i testi presenti in rete. Il Tribunale inoltre, pur non potendo procedere, ha ritenuto non esente da responsabilità la Registration Authority, affermando che quest’ultima, pur dovendo applicare norme inadeguate che hanno favorito il cybersquatting, non avrebbe dovuto consentire la registrazione del domain name ‘Playboy.it’: era, infatti, agevolmente riconoscibile che tale segno distintivo non era nella titolarità del Sig. Giannatasio. Problemi di carattere procedurale hanno, inoltre, impedito al Tribunale di accogliere la richiesta della Playboy Enterprise Inc. di assegnazione del dominio ‘Playboy.it’ a favore della propria licenziataria esclusiva europea – la Playboy Products and Services International B.V. di Amsterdam. In senso contrario si era invece pronunciato recentemente il Tribunale di Modena. Quest’ultimo, con ordinanza del 20 dicembre 2001 nella causa Poste italiane S.p.A. contro Sig. Malavasi, decidendo sull’istanza proposta da Poste italiane S.p.A. per ottenere, ex art. 669 decies c.p.c., ad integrazione del provvedimento cautelare reso ante causam in data 14 febbraio 2001, l’assegnazione in proprio favore dei domain name ‘bancoposta.it’, ‘vaglia.it’ e ‘raccomandata.it’, ha statuito che nella parte in cui il provvedimento cautelare del 14 febbraio 2001 parla di chiusura dei siti deve intendersi la revoca dei relativi domain name in capo al Sig. Malavasi ma non anche la contestuale assegnazione degli stessi alla società Poste S.p.A.. Conseguemente, con l’ordine di revoca alla Registration Authority, è stata disposta la sospensione dell’assegnazione di tali nomi di dominio sino all’esito del giudizio di merito.

In definitiva, seppure possono ritenersi superate le incertezze giurisprudenziali in merito alla qualificazione giuridica dei nomi di dominio continuano, invece, a sussistere divergenze nel momento in cui deve trovare applicazione la normativa vigente.

a cura di Donatella Proto