Globalizzazione, integrazione regionale e diritto del lavoro – Resoconto Convegno

23.05.2002

Globalizzazione, integrazione regionale e diritto del lavoro

Roma, 23-24 aprile 2002

Università degli studi di Roma ‘Tor Vergata’

Facoltà di Giurisprudenza

a cura di Daniela Bolognino


Si è tenuto, presso l’Università degli studi di Roma ‘Tor Vergata’, il Congresso internazionale sul tema ‘Glabalizzazione, integrazione regionale e diritto del lavoro’.

Hanno partecipato:

  • Prof. Alessandro Finazzi Agrò (Rettore Univ. di Roma ‘Tor Vergata’); Prof. Filippo Chiomenti (Preside della Facoltà di Giurisprudenza Univ. di Roma ‘Tor Vergata’); Prof. Giancarlo Perone (Diritto del Lavoro Univ. di Roma ‘Tor Vergata’); Prof. Giulio Prosperetti (Diritto della sicurezza sociale, Univ. di Roma ‘Tor Vergata’); Prof. Nikita Aliprantis (Diritto comparato del lavoro, Univ. Robert Schuman Strasburgo, Francia); Prof. Americo Plà Rodriguez (Univ. Della Republica Oriental del Uruguay); Prof. Luisa Galantino (Diritto del lavoro, Univ. Modena); Prof. Oscar Hernandez Alvarez (Diritto del Lavoro, Univ. Centro-Occidental ‘lisandro Alvaro’ Venezuela); Prof. FranzMarhold, (diritto del Lavoro, Univ. Di Graz, Austria); Prof. Marcio Tulio Viana (Diritto del Lavoro, Univ. Di Belo Horizonte – Brasile); Prof. Fernando Hinestrosa (Rettore,Univ. Externado de Colombia).

Il Convegno si è articolato in una serie di relazioni che hanno affrontato alcuni dei problemi che la globalizzazione proietta sul mercato del lavoro sia in Europa che nei Paesi latino-americani, proponendo contestualmente le possibili soluzioni.

Relazioni:

  • Prof. Giancarlo Perone,‘Il gliuslavorista di fronte alla globalizzazione’;
  • Prof. A. Plà Rodriguez, ‘La sfida della globalizzazione del Diritto del Lavoro in America Latina’;
  • Prof.ssa Luisa Galantino, ‘Il diritto del lavoro nell’Unione Europea: tendenze evolutive’,
  • Prof. Franz Marhold, ‘Trasferimento d’azienda e globalizzazione’;
  • Prof. Marcio Tulio Viana, ‘ Incubi e sogni in un mondo globale’;
  • Prof. Giulio Prosperetti, ‘Presentazione degli atti del Convegno: Disoccupazione e povertà – cause e rimendi’;
  • Prof. Nikita Aliprantis, ‘La nozione di competitività selvaggia e la globalizzazione’,
  • Prof. Oscar hernandez Alvarez, ‘Il diritto del lavoro nelle esperienze latino-americane di integrazione regionale’;
  • Prof. Alessandro Inastasi, ‘Globalizzazione, integrazione europea e tutele sociali nelle nuove democrazie’;
  • Prof. Fernando Hinestrosa , ‘ Relazione di sintesi’.


Globalizzazione e diritto del lavoro

La globalizzazione è un fenomeno pregno di significato etico e politico oltre che economico che ha decretato ‘il trionfo dell’economia capitalista’. Tale fenomeno interessa oggi anche il giuslavorista che è chiamato a prendere una posizione di fronte al dilagare del neoliberismo con particolare riguardo alla giustizia sociale. La globalizzazione ha infatti creato il problema della ingiusta redistribuzione dei redditi, un problema che va risolto attraverso un intervento propulsivo delle istituzioni pubbliche che mirino ad assicurare la giustizia sociale, l’occupazione e salari minimi. (Perone) (In tal senso anche Prosperetti). Il quadro economico oggi si presenta flessibile, agile, vi è una standardizzazione dei sistemi produttivi, (sui retroscena storici: M.T. Viana) una smaterializzazione del capitale industriale, un incremento degli investimenti stranieri, la deregolamentazione del mercato dei capitali. Tutto ciò ha abbattuto le barriere che la geografia ha imposto.(Perone)

Oggi si va sempre più verso un tipo di impresa virtuale, in cui ad una crescita economica non corrisponde una crescita dei posti di lavoro. Cresce invece lo sfruttamento di soggetti deboli del mondo del lavoro: le donne ed i bambini. Il post fordismo ha portato allo sfruttamento dell’uomo, per cui se i prodotti costano meno è perché si paga meno coloro che li fabbricano, sia in termini di danaro che di sicurezza sul lavoro. (Viana)

Da uno studio effettuato dalla Banca mondiale avente ad oggetto ‘Globalizzazione, crescita e povertà'(del 2001), è emerso che, nonostante le previsioni di miglioramento dell’economia nel lungo periodo, la globalizzazione porterà, nel periodo di transizione, ad una crescita della disoccupazione ed ad una crescita delle disparità salariali tra lavoratori a bassa ed alta qualificazione professionale.

Costo del lavoro come elemento di competitività

In questo quadro si accentua la competitività tra le imprese ed anche il costo del lavoro diviene un elemento di competizione.

Ne fanno le spese i lavoratori che vedono diminuire le tutele sociali (gli Stati infatti fanno diminuire le politiche sociali interne anche al fine di attirare investimenti stranieri).(Perone)

Si è ricordato che le parole competitivo e competitività sono entrate nell’uso comune da soli 30 anni, ed oggi, purtroppo, interessano anche i lavoratori. Il lavoro umano è divenuto, nel modello di produzione capitalista, un fattore di competitività, un fattore di concorrenza. Occorre individuare delle restrizioni in via legislativa per impedire che vi sia uno sfruttamento del lavoro, creando delle situazioni ‘legali’ di concorrenza. La concezione selvaggia di concorrenza, frutto dell’ideologia neoliberista che impera sul mondo intero, crea una fase patologica del capitalismo. I salariati devono poter ‘governare’ non rimanere in balia del capitalismo. Invece oggi vi è una concorrenza esacerbata tra i salariati. (Aliprantis)

Esportazione del modello europeo di tutela sociale

Una soluzione a tale problema viene prospettata dal Prof. Ales che osservando la globalizzazione dal punto di vista della protezione sociale avverte una sorta di arrendevolezza di fronte a questo fenomeno. Noi Europei siamo stati la culla della protezione sociale, dunque, perché o per chi dovremmo rinunciarvi? Esiste una idea di protezione sociale ampiamente praticata dagli Stati europei che si basa su due punti fondamentali: socializzazione dei rischi ed istituzionalizzazione della solidarietà sociale. Questa è una eredità culturale, morale e giuridica; la globalizzazione è invece una scelta di politica economica e non un futuro ineluttabile, va dunque combattuta sul piano dei modelli giuridici.

L’Unione europea dal 2000, dopo il Consiglio d’Europa di Lisbona, punta verso un sistema di sviluppo economico sostenibile dal punto di vista anche sociale.

Per poter migliorare il grado di occupazione ci sono alcune strategie possibili da seguire tra cui la modernizzazione dei sistemi di protezione sociale e lo sviluppo di politiche di occupazione che puntino alla qualità dell’occupazione.

Al fine di esportare il nostro modello di protezione sociale è possibile operare su due fronti, uno interno alla Comunità, l’altro nei confronti dei Paesi terzi. Con riferimento agli Stati che in futuro entreranno a far parte della Comunità europea, è necessario che abbiano un parametro di riferimento anche per ciò che attiene al sistema di tutela dei lavoratori.

Per quel che riguarda i Paesi terzi, si potrebbe esportare il modello di protezione sociale attraverso il debito internazionale, per cui invece di incassare gli interessi sul debito, potremmo vincolarli ad adottare i nostri modelli di tutela sociale. (Del resto la crescita dei costi del lavoro in altri Stati ci assicura dalla concorrenza….). (Ales).

Trasferimento aziendale e tutela dei lavoratori

La globalizzazione accentua i fenomeni di migrazione dei lavoratori sul mercato del lavoro, ma sono facilitati anche i trasferimenti transnazionali tra imprese, così le differenze dei carichi salariali e le differenze tra standards di tutele sociali possono essere facilmente sfruttati determinando condizioni di lavoro e di tutela sempre peggiori.

Il giurista deve trovare la soluzione a tale trasmigrazione verso paesi con tali tutele minime che creano un dumping sociale.

La chiusura di una impresa viene spesso considerato un motivo legittimo di licenziamento. Ma oggi l’ impresa non chiude nel vero senso della parola, ma si trasferisce in un altro Paese in cui sostiene minori costi sociali potendo così essere maggiormente competitiva.

Come salvaguardare il lavoratore di fronte a tale fenomeno? Una indennità di licenziamento non è certo un mezzo efficace e soddisfacente di tutela.

In Germania ed in Austria si fa fronte a tale migrazione dell’attività aziendale attraverso i Piani sociali (accordi tra il Consiglio di fabbrica e proprietà dell’impresa che può essere frutto di volontaria determinazione o essere imposto positivamente, senza intaccare la libertà di scelta dell’imprenditore) attraverso cui si attuano scelte per la compensazione degli svantaggi che subiscono gli operai per la perdita del posto del lavoro. (Marhold).

Vista l’importanza del tema del trasferimento di impresa è auspicabile che vi sia una definizione della disciplina nell’ambito del GATT al fine di rendere socialmente accettabili tali trasferimenti. Facendo attenzione per quanto attiene alle regole da imporre agli Stati terzi, verificando previamente se tali standards siano per loro accettabili in riferimento alla loro situazione economica evitando di esigere ciò che forse non sarebbero in grado di sostenere. (Marhold).

Il Diritto del lavoro nell’Unione europea

Con riferimento al diritto del lavoro nell’Unione europea si è affermato che in origine il Trattato istitutivo della Comunità europea dava grande rilevanza alla libera circolazione di capitali, merci, servizi e persone, ma non altrettanto rilievo alle norme in materia sociale. L’attivazione dei diritti sociali, come dimostrato dagli artt. 136 e 137 TCE, è affidato, non ad un intervento diretto, ma agli Stati nazionali ed alla Commissione. A questa ultima spetta il compito di ‘promuovere una stretta collaborazione fra gli Stati membri in campo sociale’. Il motivo di tale disinteresse per il campo sociale si deve all’idea dell’esistenza di autonomismi di mercato in grado di avvicinare i sistemi sociali dei Paesi membri che procedono verso il medesimo sviluppo. In realtà tale fiducia negli equilibri di mercato non è poi così cieca, in quanto ogni Paese membro ha al suo interno, oltre alla previsione costituzionale dei diritti di liberta e dei diritti sociali, un elevato sistema di welfare.

Negli anni ’80 vengono introdotti gli artt. 118 A e 118 B il primo a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori ed il secondo in cui si pongono le premesse per l’ingresso di una nuova fonte di regolamentazione sociale, la contrattazione collettiva, stabilendo che il dialogo sociale possa sfociare in relazioni convenzionali. Tale nuovo indirizzo trova conferma nell’ulteriore sviluppo presente nell’Accordo sulla politica sociale allegato al Trattato di Maastricht, che mira a rafforzare la politica sociale delle comunità, ampliandone gli obiettivi ed i settori di intervento, promuovendo la parità uomini e donne con riferimento alla parità di opportunità sul mercato del lavoro ed integrando le persone escluse dal mercato del lavoro.

Si rileva inoltre che sono ancora escluse dalle competenze comunitarie il diritto di sciopero, la libertà di associazione, il diritto di serrata e le retribuzioni.

Tra le più importanti novità di tale accordo vi sono: il riconoscimento della contrattazione collettiva comunitari ed il nuovo titolo VIII sull’occupazione.

Con riferimento ai contratti collettivi comunitari si ricorda che l’accordo che scaturisce dal dialogo sociale viene recepito da un provvedimento normativo della Commissione ed approvato dal Consiglio (art. 139 TCE) divenendo fonte legale. Vi sono ancora però dei punti problematatici da risolvere quali l’individuazione delle parti sociali attive nella negoziazione, la definizione di regole di coordinamento fra organismi europei e nazionali (in carenza della quale la contrattazione europea assume il mero valore di raccomandazione), la mancanza di volontà dei datori di lavoro di attuare una politica salariale a livello europeo, nonché problemi di ordine tecnico applicativo.

Altra importante novità del Trattato è in materia di politica sociale è il nuovo titolo VIII sull’occupazione che prevede una procedura di coordinamento delle politiche nazionali del lavoro al fine di promuovere una forza lavoro competente, qualificata adattabile, e di ‘favorire i mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici’. Il coordinamento delle politiche del lavoro avviene attraverso procedure di soft law (orientamenti annuali espressi dal Consiglio, coadiuvato dal Comitato per l’occupazione, in aderenza agli indirizzi di massima delle politiche economiche e monetarie), una procedura che rappresenta più un vincolo politico che giuridico.

Si prevedono poi forme di coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle imprese. A tal proposito si ricordano:

  • Direttiva 22 settembre 1994, n. 95, sull’istituzione del Comitato aziendale europeo e la consultazione dei lavoratori nelle imprese di dimensione comunitaria ;
  • Direttiva 8 ottobre 2001, n 86, che completa lo statuto della società europea per quanto attiene al coinvolgimento dei lavoratori.
  • Direttiva 23 maggio 2001, n. 33, sull’ informazione e consultazione dei lavoratori.

I diritti sociali sono richiamati nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea approvata dal Parlamento europeo il 14 dicembre 2000. Si affermo principi di libertà, dignità, eguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia al fine di tutelare la persona da fattori di esclusione sociale.

Proprio nel capitolo della solidarietà si riconosce espressamente il diritto dei lavoratori all’informazione e consultazione nell’ambito delle imprese, diritti di contrattazione collettiva e di sciopero, diritto di tutela contro il licenziamento ingiustificato, diritto alle prestazioni e di sicurezza sociale. (Galantino).

L’America latina di fronte alla globalizzazione

Viene poi affrontato il problema della della globalizzazione nell’ America Latina (Prof. A. Plà Rodriguez).

In America Latina la globalizzazione ha portato gli Stati verso l’integrazione regionale. La più importante iniziativa in tal senso è rappresentata dal MERCOSUR una organizzazione che coinvolge il Brasile, l’Argentina il Paraguay, l’Uruguay, (e come associati anche la Bolivia ed il Cile). Tale Trattato ‘di Assunzione’ è di origine molto recente, risale infatti al 26 marzo del 1991 ed ha come obiettivo l’ampliamento delle attuali dimensioni dei mercati nazionali dei Paesi membri, attraverso ‘L’integrazione, quale condizione fondamentale per accellerare i processi di sviluppo economico con giustizia sociale’

Il Trattato ha inizialmente avuto ad oggetto esclusivamente aspetti commerciali, economici e doganali, mentre i temi sociali e lavoristici sono stati oggetto di un successivo inserimento. Si avvertì però, ad opera dei Ministri del lavoro dei Paesi firmatari , la necessità del miglioramento delle condizioni di lavoro. Ne derivò la firma di un Protocollo addizionale dedicato alle relazioni industriali, all’occupazione ed alla sicurezza sociale; la costituzione di un Foro consultivo Economico Sociale (1994); la creazione del Sottogruppo del lavoro n. 10, su temi lavorostici, occupazionali e di sicurezza sociale (1995); l’approvazione della dichiarazione socio-lavoristica del Mercosur, per l’ampliamento della dimensione dei mercati nazionali, la promozione dell’occupazione qualificata, migliori condizioni di lavoro……(1998).

Il Mercosur ha però molta strada da fare ancora. Si tratta infatti di un organismo ‘intergovernamentale’, che mira a divenire una entità sopranazionale. Tale passaggio crea delle difficoltà, sia per una mentalità nazionalista per la quale vi è ancora una resistenza degli Stati a cedere parte della loro sovranità, che per una compatibilità a livello Costituzionale dei vari Paesi che hanno firmato il Trattato. Solo alcune Costituzioni hanno già previsto il riferimento alla limitazione della loro sovranità ad opera dei Trattati internazionali, (Paraguay art. 137, comma 1 (la costituzione è del 1992), art. 141; Costituzione argentina del 1994, art. 75, comma 22).

Si discute se sia possibile creare un’entità sovranazionale, attraverso un trattato, che crei delle norme obbligatoriamente applicabili nel territorio nazionale senza che le medesime siano approvate dagli organi legislativi interni (anche tale problema è stato affrontato solo dalle Costituzioni temporalmente successive al 1991 (data di costituzione del Mercosur).

Un altro problema è poi costituito dalla ‘differenza di grandezza’ dei Paesi membri del Mercosur. (Pla Rodriguez).

Conclusioni

In conclusione può affermarsi che di fronte alla globalizzazione il prezzo pagato dal diritto del lavoro è molto alto, in quanto riducendosi lo spazio di manovra dell’economia dei governo nazionali, si vengono ad indebolire anche le loro politiche sociali. Anzi, le tutele sociali finiscono per essere di ostacolo per la competitività, ne fanno le spese i lavoratori. (Perone)

Il mercato globale è dunque governato dall’economia, che però non garantisce la giustizia sociale, le leggi di economia del mercato non garantiscono una efficace redistribuzione in senso perequativo delle ‘risorse’; (da studi effettuati emerge infatti che la crescita economica varia da paese a paese, e da settore a settore.)(Perone)

La pressione competitiva delle nuove relazioni ha condotto le imprese verso la riduzione dei costi o l’innovazione al fine di poter sopravvivere. Ma la seconda opzione comporta grandi costi e lunghi tempi d’attesa, sicché molti Paesi dell’America latina hanno optato una flessibilità che coinvolge i sistemi di assunzione e di licenziamento a danno della legislazione garantista. (Hinestrosa )

Spetta dunque alle organizzazioni internazionali, prima fra tutte l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, realizzare una cornice di valori minimi da tutelare creando una struttura normativa in grado di vincolare tutti i soggetti del mercato globale. Tale garanzia non può essere assicurata se non vi sia il supporto di adeguate sanzioni in caso di violazioni.(Perone) Anche se è innegabile che, le istituzioni create all’indomani dell’ultima guerra pur avendo avuto un bilancio positivo, oggi siano insufficienti a far fronte alle problematiche che si presentano.(Prosperetti)

La corsa verso ‘l’economia globalizzata’ viene dunque fatta a scapito della tutela fornita ai lavoratori ed a scapito dei costi sociali, ma occorre prendere atto che la globalizzazione è una sfida, non è una accettazione di regole predefinite, ed il giuslavorista deve imporre regole di giustizia sociale.(Perone)

Oggi non dovremmo parlare di diritto del lavoro, ma di diritto al lavoro. Occorre restituire forza ai sindacati, che devono raggiungere le nuove nicchie di lavoro: il lavoro precario, il lavoro informale, il lavoro a domicilio. Non basta sperare in un mondo migliore ma lottare per ottenerlo. Lottare per un mondo globale e non frammentario.(Viana).

Daniela Bolognino