Intervento dello Stato per il risanamento dei deficit sanitari regionali – Corte costituzionale, 18 giugno 2008, n. 216

18.06.2008

La Corte dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 1 e 2 del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23 (Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario, nonché in materia di quota fissa sulla ricetta per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale), sia nel loro testo originario, che in quello risultante all’esito delle modifiche apportate dalla legge di conversione 17 maggio 2007, n. 64, promosse dalla Regione Veneto, in riferimento agli articoli 3, 32, 97, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione.
La Corte dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 1 e 2 del testo originario del decreto-legge n. 23 del 2007, e dell’art. 1 del medesimo decreto-legge n. 23 del 2007, come modificato dalla legge di conversione n. 64 del 2007, promosse dalla Regione Lombardia, in riferimento agli articoli 3, 23, 32, 53, 77, secondo comma, 81, quarto comma, 97, 117, terzo e quarto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione.
I ricorsi non investendo il riparto di competenze legislative tra lo Stato e le Regioni, non possano essere considerati ammissibili. Sotto altro aspetto, non meno rilevante, la Corte osserva come nessuna utilità diretta ed immediata le ricorrenti potrebbero trarre, sul piano sostanziale, da una eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della contestata disciplina legislativa statale, per violazione del parametro in questione.
Una tale declaratoria, infatti, non sarebbe comunque idonea ad arrecare alcun vantaggio, giuridicamente rilevante, né per le finanze delle ricorrenti, né per la loro capacità gestionale in materia sanitaria, né per il miglioramento dei livelli di assistenza sanitaria alla popolazione che esse già assicurano, ma si tradurrebbe unicamente in un danno per quelle «Regioni interessate» (cui fa riferimento il comma 3 dell’art. 1 del contestato decreto-legge) alle quali viene imputata, dalle ricorrenti, una gestione dei servizi sanitari di propria competenza non oculata e, dunque, causa principale, se non esclusiva, dei deficit di bilancio oggetto di parziale ripiano mediante l’intervento finanziario dello Stato.
In definitiva, dunque, la eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della normativa statale oggetto di censura presenterebbe, sul piano effettuale, quella portata di puro principio, di massima o accademica, inidonea ad integrare l’interesse ad agire.
Neanche può ritenersi sussistente una astratta idoneità della disciplina in contestazione ad influire sull’autonomia finanziaria delle Regioni ricorrenti, di cui all’art. 119 Cost., in particolare limitando il reperimento di risorse da destinare alla gestione del servizio sanitario regionale. Quello previsto dalle norme impugnate è, infatti, un intervento che, da un lato, favorisce altre Regioni e, dall’altro, è effettuato con oneri a carico della fiscalità generale, sicché la eventuale caducazione di tali norme non comporterebbe – anche per l’assenza di un fondo sanitario nazionale (ora soppresso, come rammentano le stesse ricorrenti) destinato esclusivamente al finanziamento della spesa sanitaria – la ridistribuzione di maggiori risorse in favore di tutte le Regioni (Veneto e Lombardia comprese).
Infine, nella stessa prospettiva, assume valore la constatazione, più volte ribadita da questa Corte, che l’autonomia finanziaria delle Regioni delineata dal novellato testo dell’art. 119 Cost. si presenta, in larga misura, ancora in fieri. Ed è evidente come, nell’attuale fase di perdurante inattuazione della citata disposizione costituzionale, le Regioni siano legittimate a contestare interventi legislativi dello Stato, concernenti il finanziamento della spesa sanitaria, soltanto qualora lamentino una diretta ed effettiva incisione della loro sfera di autonomia finanziaria; evenienza, questa, neppure dedotta in giudizio dalle due ricorrenti.

Resta, tuttavia, fermo che, a prescindere dalla stessa attuazione dell’art. 119 Cost., potrà pur sempre trovare applicazione la disposizione del quinto comma di detto articolo, secondo cui, al fine di «promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni».

a cura di Vincenzo Antonelli


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