Responsabilita’ precontrattuale della p.a. nei contratti ad evidenza pubblica

02.04.2003

Nel regime dei contratti ad evidenza pubblica sussiste un aspetto privatistico ed uno pubblicistico. Secondo il primo aspetto la P.A. si pone in rapporto di paritarietà con il contraente secondo le leggi di mercato. Pertanto è soggetta alla disciplina codicistica in mancanza di leggi speciali.
Secondo l’aspetto pubblicistico non può non considerarsi che l’attività dell’Amministrazione è sempre rivolta al perseguimento di un interesse pubblico specifico. Per ragioni di efficacia, economicità, efficienza per il raggiungimento degli obbiettivi, ed ancora per il rispetto dei principi di trasparenza e di giusto procedimento ( contraddittorio: partecipazione ed accesso) è necessaria una procedimentalizazione dell’iter di formazione e conclusione del contratto.
Il procedimento standard si deduce dalla normativa dei contratti d’appalto pubblico e si estende a tutti i contratti ad evidenza pubblica.
Si divide in quattro fasi: delibera a contrarre, con cui la P.A. dichiara l’intento di instaurare il procedimento e rappresenta il progetto; la scelta del contraente ( nelle forme di asta pubblica, licitazione privata, appalto-concorso, trattativa privata); aggiudicazione, con cui si conclude il contratto; ed infine l’approvazione del contratto, ove un organo competente valuta la legittimità e l’opportunità del contratto, e consiste in una condizione d’efficacia su un contratto oramai perfetto.
All’azione illegittima della P.A. in tali fasi, quale forma di tutela ha il concorrente’
L’orientamento precedente non prevedeva alcuna situazione soggettiva in capo ai concorrenti che subivano una procedura viziata, poiché l’ampia discrezionalità dell’Amministrazione a contrarre non poteva far sorgere alcuna legittima aspettativa né alla conclusione del procedimento né alla scelta del contraente. Inoltre la legittimazione ad agire per rilevare i vizi del contratto era solo in capo alla P.A. La dottrina parlava appunto di contratto claudicante.
La recente rivisitazione dell’intero sistema amministrativo sia sui principi che sull’organizzazione modifica notevolmente il rapporto tra autorità e libertà, ed anche nell’ambito dei contratti ad evidenza pubblica si rivelano delle notevoli innovazioni.
In primo luogo, nella fase di formazione del contratto, il concorrente ha un interesse legittimo affinché il procedimento sia svolto nel rispetto delle regole e le trattative siano poste secondo correttezza e buona fede, altrimenti la P.A. incorrerà in una responsabilità precontrattuale.
Il contemperamento tra l’aspetto pubblicistico e privatistico ha portato al sorgere di questioni applicative delle regole del codice civile alle procedure concorsuali di diritto amministrativo.
La prima fase dell’iter, la scelta di contrarre, pone esclusivamente dei vincoli interni alla P.A., per cui non sorge alcuna situazione legittima in capo ai futuri concorrenti.
Di rilevate importanza è invece la fase della scelta del contraente. L’illegittimità del bando o dell’invito alla gara ha posto particolari questioni in relazione al momento in cui deve avvenire l’impugnazione.
Un primo orientamento sostiene che l’interesse legittimo del concorrente è alla aggiudicazione del contratto, per cui l’interesse a ricorrere nella fase di scelta del contraente è solo potenziale, e diventa attuale e concreto solo quando al concorrente non viene aggiudicato il contratto ad evidenza pubblica. Infatti, l’atto di aggiudicazione del contratto è un atto amministrativo discrezionale, per cui non si conosce l’esito della procedura concorsuale sino a quando la P.A. non decida discrezionalmente il contraente vincitore della gara. Inoltre si sostiene che le clausole del bando sono degli atti amministrativi generali per cui non è ancora identificato il diretto destinatario del provvedimento.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato in una recentissima sentenza adotta una soluzione più moderata, alla luce di alcuni orientamenti giurisprudenziali e dottrinari. Sostiene comunque che sulla base dei principi che regolano il ricorso giudiziario, l’interesse è attuale e concreto solo al momento dell’aggiudicazione del contratto, per cui per le clausole illegittime di un bando o invito di gara sussiste un onere d’impugnazione successiva salvo che per le clausole di partecipazione alla gara. Infatti per queste ultime l’interesse del concorrente è ad un procedimento di ammissione nel rispetto delle regole, che è immediato, concreto ed attuale alla pubblicazione del bando. Inoltre, benché il provvedimento sia comunque generale, il destinatario è immediatamente identificato a causa dei requisiti soggettivi indicati nelle clausole di partecipazione che portano all’illegittima esclusione del concorrente dal bando. In conclusione, solo per tali clausole è invece disposto un onere di impugnazione immediata.
La terza fase consiste nell’aggiudicazione e rappresenta il momento perfezionativo del contratto. Un comportamento scorretto della P.A. permette dunque al concorrente, alla luce dell’ammissibilità del risarcimento dei danni per lesione da interessi legittimi, di esperire un’azione di risarcimento dei danni per responsabilità precontrattuale della P.A., e dunque nei limiti degli interessi negativi ( spese sostenute e perdita di chances).
La legge 205/00 ha previsto dei rimedi di immediata efficacia. In caso di inerzia della P.A all’aggiudicazione, il giudice amministrativo può emettere una sentenza che ordini all’Amministrazione di contrarre. Inoltre, nell’ipotesi in cui sia disposta l’aggiudicazione al concorrente e la successiva stipula formale, alla mancanza di quest’ultima il giudice può emettere direttamente una sentenza in luogo di tale stipula. Si tratta di un rimedio sulla falsa riga di quello civilistico della sentenza dell’obbligo di concludere un contratto ex art. 2932 c.c. Infatti l’aggiudicazione sostanziale è già avvenuta, il contenuto dell’accordo è già stato stabilito, per cui l’aggiudicazione è una sorta di contratto preliminare, e l’ipotesi è quella d’inadempimento per mancata stipulazione del definitivo, ovvero la stipula formale.
Giurisprudenza e dottrina sono state da tempo impegnate a risolvere una questione di particolare rilevanza: può essere impugnato un atto illegittimo della procedura concorsuale nel momento in cui il contratto illegittimamente concluso sia già stato posto in esecuzione’ La giurisprudenza opta per una soluzione negativa ( tesi dell’annullabilità del contratto). Dal punto di vista teorico sostiene, infatti, che l’atto è annullabile. Pertanto secondo i conosciuti limiti soggettivi e temporali sanciti dal Codice Civile, non può essere disposta l’impugnazione al momento dell’esecuzione del contratto e l’illegittimità non può essere opposta a terzi. Dal punto di vista pratico, si rileva, che comunque il privato non è sprovvisto di tutela, potendo sempre esperire un’azione di risarcimento danni contro la P.A.
Contrariamente, parte della dottrina sostiene che gli effetti di un contratto in violazione di legge, sia posto dal privato che dall’Amministrazione, è nullo. L’azione di nullità può essere esperita da chiunque e in qualsiasi momento, per cui il sopraggiungere dell’esecuzione del contratto non inibisce l’impugnativa.
Una soluzione intermedia, prospettata da altra parte della dottrina ritiene che gli effetti non debbano essere visti in termini di invalidità, bensì di caducazione: all’illegittimità di un atto della procedura concorsuale deriva non solo la caducazione di quell’atto ma di tutti quelli a monte ed a valle del procedimento, determinando una caducazione a cascata che avviene automaticamente. Pertanto il giudice dovrà semplicemente accertare la mancanza di effetti del contratto in esecuzione.
La quarta ed ultima fase della procedura contrattuale è in realtà fuori dalla fase delle trattative, giacché il contratto è oramai concluso. Si tratta dell’approvazione, che si identifica come una condizione d’efficacia, una condictio iuris.
Che tipo di tutela sussiste in capo al privato nell’ipotesi di mancata approvazione o di illegittimo rifiuto dell’atto’
Alla luce della disciplina codicistica non è comunque applicabile il rimedio ex art.1359cc, con cui si dispone che in caso di mancato avveramento della condizione per colpa della parte predisponente, la condizione si considera verificata( fictio iuris). Infatti con tale effetto il giudice amministrativo entrerebbe nella sfera discrezionale esclusiva dell’Amministrazione, determinando una ipotesi di straripamento di potere.
E’ comunque applicabile il disposto ex art. 1358cc che dichiara che, in pendenza di condizione, le parti devono comportarsi secondo regole di correttezza e buona fede. L’attività illegittima della P.A. può, dunque, considerarsi in violazione dell’obbligo di buona fede e ammettere un’azione di risarcimento danni a favore del privato. In tale ipotesi sorge, però, una responsabilità contrattuale, poiché il contratto è perfetto anche se non efficace. La giurisprudenza opta comunque per liquidare il danno nei limiti dell’interesse negativo.
Tali questioni sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo. Alla luce dell’art.33 d.gls.80/98 e dell’art. 6 l.205/00, per le controversie sulle materie relative all’assegnazione di lavori, servizi e forniture, dunque il maggior numero di contratti ad evidenza pubblica, è competente il giudice amministrativo in giurisdizione esclusiva.
Nelle materie escluse vige la disciplina generale secondo cui al giudice amministrativo in giurisdizione ordinaria di legittimità, sono devolute le controversie relative al momento di formazione e conclusione del contratto ad evidenza pubblica, mentre nella fase dell’esecuzione è competente il giudice ordinario.

di Raffaella Flore