Corte di Cassazione – Sez. I Civile – 11 aprile 2002, n. 5135
“E’ obbligo della Stazione Appaltante, prima di procedere all’affidamento dell’incarico, verificare la fattibilità del progetto approvato in ogni sua componente e assicurare la sua concreta realizzazione, anche attraverso il reperimento delle risorse economiche per far fronte agli obblighi assunti con l’appaltatore. L’inadempimento ai suddetti obblighi, allorché determina la sospensione dei lavori per l’approvazione di una perizia di variante, comporta l’onere per la Stazione Appaltante di risarcire l’appaltatore delle spese di custodia da quest’ultimo sostenute per tutto il periodo della sospensione.”
Con la sentenza in commento, i giudici della Suprema Corte, cassano una sentenza della Corte d’Appello di Bari, rinviandola all’esame di un’altra sezione della stessa Corte, in quanto quest’ultima sentenza avrebbe in modo del tutto apodittico affermato la legittimità delle sospensioni disposte dall’Ente Appaltante dei lavori, omettendo qualsiasi accertamento circa l’adeguatezza del progetto originario.
In particolare, il Supremo Consesso ha affermato che le ragioni di pubblico interesse o necessità che valgono a legittimare l’ordine di sospensione dei lavori vanno identificate in esigenze pubblicistiche oggettive e sopravvenute, non previste e non prevedibili dall’Amministrazione con l’uso dell’ordinaria diligenza e, pertanto, per quanto specificamente concerne l’ipotesi di sopravvenuta necessità di approvare una perizia di variante, ” il criterio guida suindicato comporta che detta emergenza non sia ricollegabile ad alcuna forma di negligenza o imperizia nella predisposizione e nella verifica del progetto da parte dell’Ente Appaltante”.
Per verificare ciò – sostiene la Corte di Cassazione – è, dunque, indispensabile che in sede giudiziaria si conduca una seria ed approfondita indagine circa l’adeguatezza del progetto iniziale dell’opera da realizzare, prima di concludere a favore della legittimità o illegittimità della sospensione disposta.
Nella specie, essendo intervenute nel corso dell’esecuzione dell’appalto tre sospensioni, con riferimento alla prima sospensione, la suddetta Corte non effettuava alcun accertamento sulla conformità e completezza del progetto, che non aveva infatti previsto la possibilità di una utilizzazione abitativa dell’ambiente scantinato, e “ravvisando un interesse pubblico ad aumentare la superficie a disposizione, aveva finito con il confondere la valutazione di conformità a ragioni di pubblico interesse della disposta sospensione con quello dell’utilità pubblica dell’opera”.
Rispetto alla legittimità – affermata dalla Corte d’Appello – relativamente alle seconda sospensione, la sentenza in commento afferma che la motivazione adottata appare segnata dallo stesso vizio di apoditticità in quanto non si è in alcun modo indagato sulla anteriorità o posteriorità degli obblighi di adeguamento alle prescrizioni di legge in materia di contenimento dei consumi energetici rispetto alla redazione del progetto.
Analoghe considerazioni soccorrono con riferimento alla terza sospensione. E’ obbligo specifico della Stazione Appaltante – conclude la Corte – di assicurarsi le risorse necessarie o comunque fornirsi di un programma di finanziamento certo e completo per adempiere alle obbligazioni assunte nei confronti dell’appaltatore e, dunque, non può non condursi un esame approfondito circa le responsabilità dell’Ente Appaltante nel non avervi provveduto prima di procedere all’affidamento dell’appalto.
Dalla sentenza emerge, peraltro, il principio – che conferma precedenti sentenze, anche di altri Giudici – per cui anche le spese di custodia e di guardiania sostenute durante i periodi di illegittima sospensione dall’appaltatore – sul quale incombe un preciso obbligo di vigilare sul cantiere e sulle opere realizzate fino al momento della sospensione -, sono integralmente risarcibili.