Il Presidente dell’AGCM, nell’audizione tenuta in data 8 febbraio 2007, presso la I Commissione permanente del Senato ha espresso alcune considerazioni sul DDL AS 772 recante delega per il riordino dei servizi pubblici locali nel testo risultante dagli emendamenti presentati dal Governo. Nella relazione si osserva come «la liberalizzazione e l’apertura al mercato dovrebbero essere viste da parte delle Amministrazioni interessate non come un pericolo ma come una sfida e una buona occasione da cogliere. Una sfida per dimostrare come la natura “pubblica” dei servizi sia perfettamente compatibile con modelli di gestione più aperti, efficienti ed informati al mercato».
Particolare apprezzamento è stato espresso per la specifica previsione contenuta nel ddl che indica la “concorrenza nel mercato” come modello preferibile di organizzazione del settore, in base a quanto previsto dal combinato disposto dell’articolo 1, co.3 e dell’articolo 2, co. 1, let. m) del ddl nella parte in cui vengono espressamente richiamate le condizioni di «necessità» e di «proporzionalità» che devono presiedere all’imposizione di limiti all’autonomia imprenditoriale e alla libertà di concorrenza.
Del pari condivisa, è l’opzione seguita nel ddl di individuare come modalità generale di affidamento della gestione dei servizi, la “concorrenza per il mercato” da realizzarsi, secondo quanto previsto dall’art. 2, co.1, let. a), mediante l’esperimento di procedure competitive ad evidenza pubblica nelle quali siano definite «garanzie di trasparenza ed imparzialità» (art. 2, co.1, let. n).
Perplessità vengono, invece, sollevate in riferimento alla cd. «clausola di salvaguardia» prevista per la gestione pubblica delle risorse e dei servizi idrici. Ad avviso del Presidente dell’AGCM, infatti, rimettere ai soli soggetti pubblici la “gestione” dei servizi idrici, con l’esclusione di ogni forma di procedura competitiva, risponde ad una logica diametralmente opposta a quella seguita dal disegno di legge per i restanti servizi pubblici. In tale linea di ragionamento – si osserva ancora nella relazione – sarebbe «preferibile che la forma di gestione venisse definita di volta in volta in un’ottica di efficienza amministrativa, proprio a tutela del consumatore, senza escludere la possibilità che, oltre a soggetti pubblici, la gestione dei servizi idrici venga affidata a soggetti privati, selezionati a mezzo di procedure a evidenza pubblica trasparenti e competitive».
Analoga posizione critica è espressa anche in riferimento alla possibilità per gli enti locali di gestire i servizi in economia (art. 2, co.1, let.a), previsione che, da un lato, viene ritenuta antitetica rispetto al dichiarato intento di apertura dei servizi pubblici al mercato, dall’altro, solleva rilevanti perplessità quanto alla sua idoneità ad essere impiegata nella gestione dei servizi di rilevanza economica nonché per i problemi derivanti dalla commistione tra ruoli di controllo ed attività di gestione.
Relativamente alle possibilità di ricorso ai modelli alternativi alle procedure concorsuali (partenariato pubblico-privato e gestione in house), si osserva che, nell’ottica di ammettere tali forme di gestione soltanto in ipotesi circoscritte ed entro limiti precisi, risulti apprezzabile la previsione che impone all’ente locale «oneri di motivazione e obblighi di trasparenza», laddove questo si determini al loro ricorso (articolo 2, co.1 let. d), così come appare idonea a rafforzare tale precetto ed a disincentivare comportamenti devianti l’introduzione di un controllo «da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato o delle autorità di regolazione di settore, ove costituite, sulle motivazioni a fondamento della determinazione di affidare il servizio con forme diverse dalle procedure concorsuali».
Infine, alcune considerazioni hanno riguardato anche le forme e gli strumenti di tutela riconosciuti ai consumatori. Al riguardo, è espressa una valutazione positiva dell’obiettivo perseguito dall’articolo 3 del ddl, di rendere più incisivo il ruolo degli utenti dei servizi pubblici in relazione alle modalità di prestazione dei servizi attraverso la previsione secondi cui le carte dei servizi devono essere adottate «in conformità ad intese con le associazioni di tutela dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali interessate» (art. 3, comma 1, lett. a), che introduce uno vero e proprio «strumento partecipativo» che va oltre la mera consultazione per richiedere vere e proprie forme di accordo.