Entrata in vigore la nuova disciplina in materia di procreazione medicalmente assistita

22.06.2004

Con legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 2004, è stato disciplinato per la prima volta con un provvedimento legislativo statale il controverso campo della procreazione assistita.
In precedenza, solo alcune Regioni, per lo più con provvedimenti amministrativi, avevano disciplinato il fenomeno mediante l’emanazione di “criteri e direttive” per lo svolgimento dell’attività (Regione Veneto), la previsione dei “requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi” dei centri che la praticavano (Regione Piemonte) e di regole sul loro accreditamento con Servizio sanitario regionale (Regione Toscana). Quest’ultima realtà regionale, inoltre, aveva ritenuto di assicurare a tutti le prestazioni connesse alla procreazione assistita, pur non presenti nei livelli essenziali di assistenza sanitaria, previo pagamento di un ticket pari a 35 euro.
Le scelte compiute dal legislatore statale per far fronte al c.d. “far west della provetta” hanno diviso gli schieramenti politici secondo logiche non perfettamente coincidenti con quelle che orientano le coalizioni presenti in Parlamento; del resto, si tratta di materia che lascia ampio spazio all’etica e alla coscienza dei singoli, piuttosto che alle scelte partitiche e di governo. Per tale ragione, non pochi parlamentari, soprattutto donne, hanno espresso il proprio voto in aperto dissenso con le scelte del gruppo di appartenenza.
Tra i punti maggiormente controversi della nuova normativa, v’è senz’altro la restrizione in punto di accesso alle prestazioni di procreazione assistita, cui potrà farsi ricorso “solo nel caso in cui sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità ed infertilità […] documentate da atto medico” (art. 4, comma 1), lasciando senza trattamento i soggetti portatori di malattie genetiche trasmissibili, come dimostra la nota ordinanza del Tribunale di Catania del 3 maggio 2004 nel procedimento n.4612/04.
Inoltre, è sancito il divieto espresso di far “ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo” (art. 4, comma 3), ciò che potrebbe rivelarsi un involontario incentivo al c.d. “turismo della speranza” verso altri Paesi maggiormente liberali sul punto.
Desta perplessità, altresì, il procedimento previsto per la revoca del consenso della coppia, che potrà intervenire “fino al momento della fecondazione dell’ovulo”, cristallizzando a tale momento la volontà, senza prevedere possibilità di successivi ripensamenti. La scelta di privilegiare in ogni caso la tutela dell’embrione umano, confermata dal divieto di qualsiasi sperimentazione su ciascuno di essi (art. 13, comma 1), obbliga la donna ad accogliere in ogni caso l’impianto dell’embrione e ciò anche in caso di accertate anomalie dello stesso, esponendola al rischio di un trattamento sanitario obbligatorio previsto ex lege, potenzialmente in contrasto con il limite del rispetto della persona umana (art. 32, comma 2, Cost.).

Per il testo della legge: www.parlamento.it

a cura di Enrico Menichetti