L’Allegato alla Legge Finanziaria per il 2002 – approvata dal Consiglio dei Ministri il 15.11.2001 e ora all’esame del Parlamento – anticipa la prevista riforma della Legge Merloni (Legge Quadro sui LL.PP. n.109 del 1994), apportando nel testo della Legge 109/94 alcuni e apparentemente piccoli correttivi, che finiscono per alterare nella sostanza il messaggio affidato alla Legge Quadro all’indomani di tangentopoli, quando l’esigenza di sottrarre il settore degli appalti pubblici ai fenomeni corruttivi che avevano caratterizzato il periodo immediatamente precedente, aveva ispirato una norma rigida e restrittiva.
In particolare, a caratterizzare gli istituti pensati dall’estensore della Legge Merloni, la netta separazione tra attività di progettazione ed esecuzione dell’opera che solo avrebbe consentito di evitare quei fenomeni degenerativi legati alle varianti in corso d’opera e alle conseguenti sospensioni dei lavori da cui erano stati afflitti gli appalti di lavori pubblici negli ultimi anni.
Tra i cambiamenti più significativi introdotti dalla Finanziaria del 2002, la generalizzazione del ricorso all’istituto dell’appalto integrato in cui l’appaltatore assume, oltre all’obbligo di eseguire i lavori, anche quello di redigere la progettazione esecutiva dell’intervento da realizzare.
Mentre nel testo attualmente vigente della Legge 109/94, il ricorso all’istituto dell’appalto integrato può giustificarsi in costanza di alcuni presupposti (componente impiantistica superiore al 50% del valore dell’opera; lavori di restauro, manutenzione e scavi archeologici) all’indomani dell’approvazione della finanziaria del 2002, nella versione passata al vaglio del Consiglio dei Ministri, questa tipologia di appalto verrebbe consentita in via ordinaria a prescindere dalla tipologia di intervento da realizzare.
L’effetto è quello di sollevare le amministrazioni dal dovere stabilito dalla Legge e ribadito dalla giurisprudenza, di mandare in gara (salvo la ricorrenza di casi tassativi) solo appalti muniti di un progetto esecutivo immediatamente cantierabile, con la conseguenza di trasferire sull’appaltatore non solo la redazione della progettazione esecutiva ma anche la responsabilità delle eventuali varianti in corso d’opera resesi necessarie a causa della “cattiva” progettazione.
La riforma investe quello che può considerarsi un passaggio nodale nella casistica degli ultimi anni, in cui la maggior parte del contenzioso insorto in fase di esecuzione del contratto di appalto, è frutto dello scarso livello di definizione del progetto esecutivo redatto dal committente pubblico.
Altra novità di rilievo – in assoluta controtendenza rispetto agli orientamenti espressi dalla Commissione europea nell’ultima determinazione sulle concessioni – quelle della eliminazione di un tempo di durata massima per la concessione ( art.19 Legge 109/94).
Rispetto alla norma attualmente vigente che prevede in 30 anni il periodo di massima durata del rapporto concessorio, il testo dell’art.19, come modificato dalla Legge Finanziaria non contempla più alcun limite temporale, consentendo di estendere il periodo di gestione per tutto il tempo necessario ad ottenere un congruo ritorno degli investimenti effettuati.
In questa stessa direzione, il legislatore della Merloni ter ( Legge 415/98) aveva innalzato a 40 anni la durata massima della concessione, laddove il rapporto concessorio fosse insorto a valle di una procedura per la scelta del promotore ai sensi degli art.37 bis e seguenti della legge 109/94.
Pertanto, un intervento siffatto ad opera della Finanziaria del 2002, avrebbe quanto meno necessitato di un raccordo con la disciplina in materia di project financing che, invece, è stata toccata dall’intervento riformatore in atto solo con riferimento ad aspetti procedurali attinenti alla eliminazione del calendario rigido di scadenze pensato dal legislatore del 1998.
Le conseguenze potrebbero essere paradossali qualora, a fronte della generale eliminazione del limite di trenta anni quale periodo massimo di durata della concessione, continuasse a permanere il limite di 40 anni in materia d finanza di progetto, istituto in relazione al quale ancora più si avverte l’esigenza di un adeguato ritorno degli investimenti realizzati, laddove il ritorno economico legato alla gestione dell’opera rappresenta il presupposto cardine dell’intera operazione.
Sempre in materia di concessione, la Finanziaria del 2002, elimina il limite del 50% dell’importo totale dei lavori che è attualmente previsto dalla legge Merloni, come soglia massima del contributo che l’amministrazione concedente può erogare al concessionario nelle ipotesi di gestione a prezzi amministrati: il prezzo integrativo dei proventi della gestione potrà superare il 50% ed essere corrisposto – a differenza di quanto avviene attualmente – anche in corso di esecuzione, prima del collaudo.
Anche l’istituto del subappalto viene toccato dalla riforma, con la previsione di una percentuale subappaltabile fino al 50% della categoria prevalente; l’effetto innovativo è immediatamente percepibile se rapportato alla percentuale attualmente subappaltabile (30%) e, soprattutto al generale divieto di subappalto esistente in un certo periodo storico.
Di minor conto gli interventi riformatori in materia di programmazione triennale, verifiche degli elaborati progettuali e composizioni della commissione di collaudo.