Un senatore può votare in maniera difforme rispetto all’annuncio fatto in sede di dichiarazione di voto?

18.02.2008

Nel corso della seduta n. 262 del 5 dicembre 2007, dell’Assemblea del Senato, nel corso dell’esame dell’atto Senato n. 1872 (“Conversione in legge del decreto-legge 1º novembre 2007, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza”), il senatore Sinisi (PD-Ulivo) esprime, a nome del proprio Gruppo, dichiarazione di voto favorevole al comma 05 dell’emendamento 1.27 (testo 3), presentato dal senatore Schifani e da altri senatori e su cui il Governo, nella seduta precedente, aveva espresso parere contrario.
Dopo la reiezione dell’emendamento 1.27 (testo 3) da parte dell’Assemblea, il senatore Mantovano (AN) chiede la parola per intervenire sull’ordine dei lavori, mettendo in evidenza che il senatore Sinisi, dopo aver annunciato voto favorevole, ha votato in modo difforme.
In risposta all’affermazione del Presidente Marini, secondo cui il diritto di voto è un diritto inalienabile, i senatori Calderoli (LNP) e Schifani (FI) ricordano che nella seduta del 14 novembre 2007, in cui presidente di turno era il senatore Angius, il senatore Novi (FI) era stato richiamato dalla Presidenza ad essere coerente con la dichiarazione di voto già resa [si veda in proposito l’apposita segnalazione]. Pertanto, entrambi i senatori invitano il Presidente a procedere alla ripetizione della votazione, svolta in violazione di una direttiva presidenziale precedentemente attuata, a meno di chiarire che la decisione allora assunta dal senatore Angius è errato.
Il Presidente del Senato ribadisce che, sebbene possano esserci casi particolari che portano la Presidenza a determinare una certa decisione, la libertà di voto è un principio fondamentale e costituzionale e che, comunque, porrà la questione all’attenzione della Giunta per il Regolamento.
Il senatore Angius (Misto-CS) dichiara la propria disponibilità a che la questione delle votazioni in dissenso venga demandata alla Giunta per il Regolamento, anche al fine di darne una migliore definizione nel Regolamento. Difende, comunque, la decisione assunta nel caso richiamato e ritiene comunque che i due casi (quello che si riferisce alla votazione del senatore Sinisi, e quello che si riferisce alla dichiarazione in dissenso del senatore Novi) siano completamente diversi: il senatore Sinisi di propria iniziativa ha espresso un’opinione personale, invitando l’Aula a votare secondo favrevolmente sull’emendamento proposto dal senatore Mantovano, e poi astenendosi dal voto (probabilmente essendo nel frattempo intervenuto il parere del Governo); al contrario, nel caso del senatore Novi, il Gruppo di Forza Italia aveva espresso un parere su un emendamento, attraverso una formale dichiarazione di voto e, successivamente, il senatore Novi chiese d’intervenire e il Presidente di turno gli concesse la parola a condizione esclusiva che volesse esprimere un voto in dissenso rispetto a quello preannunciato dal suo Gruppo. Si stava, dunque, in quel caso discutendo non del voto, ma della concessione della parola. Tant’è che il senatore Novi, nel prendere la parola, disse che aveva chiesto di intervenire per esprimere un voto in dissenso dal suo Gruppo, facendo appello all’articolo 109 del Regolamento.
Trattandosi, pertanto, di due casi del tutto diversi, il voto appena espresso dal senatore Sinisi è assolutamente valido.
Il senatore Buttiglione (UDC) e la senatrice Casellati (FI) lamentano l’utilizzo poco efficace della Giunta per il Regolamento. Il senatore Storace (Misto-LD) invita il Presidente a convocare immediatamente la Giunta per il Regolamento per dirimere la questione o, in alternativa, invita il Presidente a dirimere la questione in conformità al precedente prima richiamato, costituito dalla votazione in dissenso del senatore Novi. Il senatore Franco Paolo (LNP) ritiene che non sia necessario aspettare la pronuncia della Giunta in merito alla questione, in quanto la posizione a suo tempo assunta dal senatore Angius è stata smentita dal Presidente Marini.
Il senatore Boccia (PD-Ulivo) ritiene che una questione di tale importanza non possa rimanere priva di un chiarimento. Posto che il voto in dissenso è stato disciplinato dal Regolamento e poi dalla prassi perché veniva utilizzato come forma ostruzionistica per allungare i tempi del dibattito – a parere del senatore Boccia – la questione che rimane da risolvere è se il senatore “che parla in dissenso poi sia costretto a votare di conseguenza”. Ricorda, inoltre, che poiché quando un Gruppo ha esaurito i tempi fissati all’unanimità dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, utilizzare il voto in dissenso significa occupare un tempo ulteriore rispetto a quello che il Presidente del Gruppo per primo ha approvato. Pertanto, a nome del Gruppo PD-Ulivo, dissente dalla decisione assunta dalla presidenza di consentire l’utilizzo di tempi ulteriori rispetto a quelli che la Conferenza dei Capigruppo, all’unanimità, ha assegnato ad un Gruppo.
Il senatore Nania (AN), a parere del quale ciascun senatore deve poter esprimere il proprio voto liberamente e liberamente decidere nel momento in cui vota, ritiene che l’unico profilo di cui la Giunta per il regolamento deve occuparsi attiene alle conseguenze da attribuire al voto nel caso in cui c’è un comportamento difforme da quanto dichiarato, fermo restando che il voto rimane nella libera e assoluta disponibilità del senatore.

a cura di Giovanna Perniciaro