Nel corso della seduta antimeridiana dell’Assemblea del Senato, di giovedì 7 maggio 2009, dedicata alla discussione del disegno di legge «Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia» (A.S.1195), il relatore, senatore Paravia, invita il proponente di un emendamento (il senatore D’Ambrosio Lettieri-Pdl) a trasformarlo in ordine del giorno, mentre il Governo esprime parere contrario in merito a tale trasformazione. Il senatore Vita (Pd) chiede che il testo venga accantonato per un riesame e annuncia la decisione di aggiungere la propria firma e quella di altri senatori del gruppo Pd a tale emendamento. Il Presidente Schifani comunica il parere contrario di relatore e Governo sulla richiesta di accantonamento e chiede al senatore D’Ambrosio Lettieri cosa intende fare riguardo all’emendamento 13.300, dal momento che il relatore ha suggerito la sua trasformazione in ordine del giorno, ma il Governo è contrario a questa ipotesi. A fronte della richiesta del Presidente, il senatore D’Ambrosio Lettieri comunica la sua intenzione di non ritirare l’emendamento. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Romani, in seguito a tale decisione, comunica –pur mantenendo parere contrario sull’emendamento – la disponibilità del governo a trasformare l’emendamento in un ordine del giorno concordato. Successivamente a tale discussione, la senatrice Incostante (Pd) chiede di aggiungere la propria firma e quella del senatore Lusi (Pd) all’emendamento 13.300. A fronte di tale richiesta il Presidente Schifani ricorda nuovamente che è necessario verificare la disponibilità del proponente. Il senatore D’Ambrosio Lettieri, interrogato dal Presidente, comunica, però – vista l’“apertura” da parte del Governo – la sua intenzione di ritirare l’emendamento, per trasformarlo in ordine del giorno. Il Presidente informa, quindi, la senatrice Incostante dell’impossibilità di aggiungere le firme. Chiede la parola la senatrice Finocchiaro (Pd) per ricordare che è garantita a ciascun senatore, nel corso della seduta, la facoltà di aggiungere la propria firma ad un emendamento o di farlo proprio, qualora ritirato dal proponente. Di contro a tale affermazione, il Presidente Schifani ricorda, tuttavia, che – in virtù di una prassi consolidata – prima di aggiungere la propria firma ad un emendamento occorre il consenso del proponente e che la trasformazione di un emendamento in ordine del giorno non consente ad altri colleghi di far proprio l’emendamento stesso. Il senatore Legnini (Pd) chiede che venga chiarito l’orientamento della Presidenza, in merito alla prassi da seguire. Legnini ricorda la disciplina regolamentare (richiamando il comma 6 dell’art. 102 e il comma 7 dell’art. 95) e sottolinea che la facoltà attribuita a ciascun senatore di ritirare l’emendamento e di trasformarlo in ordine del giorno viene meno quando altri senatori fanno proprio l’emendamento (ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 102). Se così non fosse, il presentatore dell’emendamento potrebbe in ogni caso “neutralizzare l’esercizio della facoltà” da parte dei senatori di fare proprio l’emendamento. Il Presidente Schifani ribadisce che la prassi («consolidatissima») è quella della titolarità esclusiva dell’emendamento da parte del proponente, a meno che non siano state accettate da parte del “titolare esclusivo” altre sottoscrizioni. Il che, nel caso di specie, non era avvenuto. Il senatore Zanda (Pd) interviene per chiederle di sottoporre la questione alla Giunta per il Regolamento, dal momento che a suo avviso è prassi costante del Senato che la richiesta di aggiunta delle firme a un emendamento venga considerata accettata a meno che, subito dopo essere stata avanzata, il primo firmatario dell’emendamento non dichiari immediatamente di rifiutare le firme. Sottolinea, fra l’altro, che una eventuale “nuova” regola, secondo la quale ogni volta che viene richiesta l’aggiunta delle firme ad un emendamento la Presidenza deve esplicitamente chiedere al primo firmatario se le accetta, ed egli deve rispondere, appesantirebbe considerevolmente i lavori parlamentari. Il Presidente Schifani ricorda al senatore Zanda che la prassi utilizzata in Senato non è mai stata quella del “silenzio-assenso”. Conferma, comunque, la sua disponibilità ad inserire tale questione fra i temi all’ordine del giorno della successiva seduta della Giunta per il Regolamento, al fine di stabilire se, nel silenzio del primo firmatario, si configura l’istituto del silenzio-assenso, ovvero l’assenso implicito, o se, al contrario, in presenza di una richiesta di firma da parte di un senatore di una coalizione diversa, occorra l’assenso esplicito. Al fine di garantire la continuità dei lavori “in un clima di serio e sereno confronto tra maggioranza e opposizione”, la Presidenza dispone l’accantonamento dell’emendamento 13.300, e si riserva, prima di tornare ad esaminarlo, di convocare la Giunta per il Regolamento per affrontare il problema. Nella seduta del 13 maggio 2009 la Giunta per il Regolamento del Senato della Repubblica si riunisce per discutere della questione sorta, nel corso della seduta dell’Assemblea di giovedì 7 maggio, con riferimento al procedimento relativo all’aggiunta di firma ad emendamenti ed alle conseguenze procedurali derivanti in caso di ritiro dell’emendamento ovvero nel caso in cui il primo firmatario intenda trasformare l’emendamento in ordine del giorno. Al termine della discussione, la Giunta approva all’unanimità il seguente parere: «L’assenso del proponente, necessario all’aggiunta di firma ad emendamenti, è normalmente presunto, salvo tempestivo espresso diniego. In caso di ritiro da parte del proponente, gli altri firmatari possono mantenere l’emendamento, in conformità della disposizione di cui all’articolo 102, comma 6, del Regolamento, che consente a tutti i senatori di far propri gli emendamenti ritirati». La Giunta approva, invece, a maggioranza la seguente parte: «Conformemente alla prassi, quando il proponente ritira un emendamento per trasformarlo in ordine del giorno ai sensi dell’articolo 95, comma 7, del Regolamento, gli altri firmatari non possono chiedere la votazione dell’emendamento».
Occorre l’assenso del primo firmatario alla richiesta di aggiungere la firma ad un emendamento?
18.05.2009