La materia di rifiuti e la “tutela dell’ambiente” Corte costituzionale, 4 dicembre 2009, n. 315

07.04.2010

Corte costituzionale, 4 dicembre 2009, n. 315 Giudizio di legittimità costituzionale in via principale sollevato dallo Stato avverso la Provincia autonoma di Bolzano. Norme impugnate e parametri di riferimento: Il ricorrente ha proposto questione di legittimità costituzionale, in via principale, dell’art. 14, commi 1, 2 e 5, dell’art. 15, commi 3, 4 e 6, e dell’art. 16, commi 1, 4, 6 e 7, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 10 giugno 2008, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali in vari settori e altre disposizioni), per contrasto con l’art. 117, commi primo, secondo, lettera s), e terzo della Costituzione e con gli articoli 8, 9 e 99 dello statuto speciale di autonomia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). In particolare si denunciano le seguenti disposizioni: a. l’articolo. 4, comma 2, della citata legge provinciale n. 4 del 2008, nella parte in cui, modificando la legge provinciale 18 giugno 2002, n. 8 (Disposizioni sulle acque), provvede a definire le acque reflue urbane in maniera difforme da quanto disposto dall’art. 74, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 152 del 2006, violando i livelli uniformi di tutela ambientale, di competenza esclusiva statale. b. l’art. 14, commi 1 e 5, della citata legge provinciale n. 4 del 2008, nella parte in cui, sostituendo il testo in lingua tedesca delle lettere j) e aa) del comma 1 dell’art. 2 della legge provinciale 18 giugno 2002, n. 8, e non riportando la formulazione delle stesse in lingua italiana, violerebbe l’articolo 99 dello statuto speciale di autonomia (d.P.R. n. 670 del 1972) secondo cui la lingua italiana è la lingua ufficiale dello Stato e fa testo negli atti aventi carattere legislativo e nei casi nei quali è prevista la redazione bilingue. c. l’art. 15, commi 3 e 4, della legge provinciale n. 4 del 2008, nella parte in cui sostituisce l’art. 5 della legge provinciale 16 marzo 2000, n. 8, in materia di autorizzazione ed esercizio degli impianti che producono emissioni in atmosfera, consentendo che il gestore metta in esercizio impianti che producono emissioni, prima che l’Agenzia provinciale per l’ambiente esegua il collaudo e rilasci l’autorizzazione. Tale disposizione determinerebbe una lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e degli artt. 8 e 9 dello statuto, ponendosi in contrasto sia con l’art. 269 del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale dispone che per tutti gli impianti che producono emissioni debba essere richiesta un’autorizzazione ai sensi della parte quinta dello stesso decreto, sia con l’art. 279 del medesimo decreto, che individua una specifica sanzione per chi inizi ad installare o metta in esercizio un impianto o eserciti un’attività in assenza della prescritta autorizzazione. Analoghe censure sono, inoltre, rivolte nei confronti dell’art. 15, comma 6. d. l’articolo 16, comma 1 della legge in esame modifica la lettera c) del comma 1 dell’art. 3 della legge provinciale 26 maggio 2006, n. 4, riscrivendo la definizione di “sottoprodotto”.In particolare, al punto 5, prevede che “la Giunta Provinciale stabilisce i criteri secondo i quali le terre e rocce da scavo sono considerati come sottoprodotti”. Come rilevato la sentenza della Corte costituzionale n. 62/08, tale previsione è illegittima in quanto , “sottraendo alla nozione di rifiuto taluni residui che invece, corrispondono alla definizione sancita dall’art. 1, lettera a), della direttiva 2006/12/CE, si pone in contrasto con la direttiva medesima, la quale funge da norma interposta atta ad integrare il parametro per la valutazione di conformità della normativa regionale all’ordinamento comunitario, in base all’art. 117, primo comma, della Costituzione”.La Corte Costituzionale ha infatti ricordato, nella citata sentenza, che ” la Corte di giustizia ha precisato che la modalità di utilizzo di una sostanza non è determinante per qualificare o meno quest’ultima come rifiuto, poiché la relativa nozione non esclude le sostanze e gli oggetti suscettibili di riutilizzazione economica. Il sistema di sorveglianza e di gestione istituito dalla direttiva sui rifiuti intende, infatti, riferirsi a tutti gli oggetti e le sostanze di cui il proprietario si disfa, anche se essi hanno un valore commerciale e sono raccolti a titolo commerciale a fini di riciclo, di recupero o di riutilizzo. La norma provinciale fa sorgere la presunzione che, nelle situazioni da esse previste, le terre e rocce da scavo costituiscano sottoprodotti che presentano per il loro detentore, data la sua volontà di riutilizzarli, un vantaggio o un valore economico anziché un onere di cui egli cercherebbe di disfarsi. Se tale ipotesi in determinati casi può corrispondere alla realtà, non può esistere alcuna presunzione generale in base alla quale un detentore di terre e rocce da scavo tragga dal loro riutilizzo un vantaggio maggiore rispetto a quello derivante dal mero fatto di potersene disfare.” e. Il ricorrente impugna, altresì, l’art. 16, comma 6, della medesima legge provinciale n. 4 del 2008, nella parte in cui, aggiungendo il comma 3 all’art. 20 della legge provinciale n. 4 del 2006, in materia di Albo nazionale dei gestori ambientali, ha previsto che «Con riguardo all’obbligo ed alle modalità di iscrizione all’albo nazionale, la Giunta provinciale può emanare disposizioni per regolamentare le procedure e l’obbligo di iscrizione». Anche tale disposizione sarebbe costituzionalmente illegittima per le identiche ragioni contenute nella sentenza n. 62 del 2008, ponendosi in contrasto con l’art. 212 del d.lgs. n. 152 del 2006, che disciplina in maniera inderogabile i termini e le procedure di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali, in attuazione di direttive comunitarie (art. 12 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2006/12/CE del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti, e, prima, art. 12 della direttiva del Consiglio 75/442/CEE del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti). f. l’art. 16, comma 7, della legge provinciale n. 4 del 2008, il quale, sostituendo l’art. 24 della più volte citata legge provinciale n. 4 del 2006, in materia di collaudo ed autorizzazione degli impianti di recupero e di smaltimento di rifiuti,detta una disciplina difforme da quella prevista dall’art. 208 del d.lgs. 152/2006 Argomentazioni della Corte: La Corte, nel procedere all’esame delle singole disposizioni impugnate, ha dichiarato per alcune di esse l’inammissibilità, a fronte della genericità delle censure sollevate, ( art. 14, commi 1 e 5). Prima di esaminare le altre questioni nel merito, è opportuno ricordare che secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 225 del 2009) la materia “tutela dell’ambiente” ha un contenuto allo stesso tempo oggettivo, in quanto riferito ad un bene, “l’ambiente” (sentenze n. 367 e n. 378 del 2007; n. 12 del 2009), e finalistico, perché tende alla migliore conservazione del bene stesso (vedi sentenze n. 104 del 2008; n. 10, n. 30 e n. 220 del 2009). In ragione di ciò, sullo stesso bene “ambiente” concorrono diverse competenze, che restano distinte fra loro perseguendo, autonomamente, le loro specifiche finalità attraverso la previsione di diverse discipline. Infatti, da una parte sono affidate allo Stato la tutela e la conservazione dell’ambiente, mediante la fissazione di livelli «adeguati e non riducibili di tutela» (sentenza n. 61 del 2009); dall’altra compete alle Regioni, nel rispetto dei livelli di tutela fissati dalla disciplina statale (sentenze n. 62 e n. 214 del 2008), di esercitare le proprie competenze, dirette essenzialmente a regolare la fruizione dell’ambiente, evitando compromissioni o alterazioni dell’ambiente stesso. In questo senso è stato affermato che la competenza statale, allorché sia espressione della tutela dell’ambiente, costituisce “limite” all’esercizio delle competenze regionali (sentenze n. 180 e n. 437 del 2008, nonché n. 164 del 2009). È stato altresì precisato che le Regioni non devono violare i livelli di tutela dell’ambiente posti dallo Stato; tuttavia, nell’esercizio delle loro competenze, possono fissare livelli di tutela più elevati (sentenze n. 225 del 2009, n. 104 del 2008, n. 12, n. 30 e n. 61 del 2009), così incidendo, in modo indiretto, sulla tutela dell’ambiente. Sulla base di tali premesse, in riferimento all’art. 15, comma 6, la Corte afferma che la disciplina contenuta nella norma provinciale impugnata, nella parte in cui qualifica come impianti termici civili anche quelli la cui produzione di calore è “prevalentemente” destinata al riscaldamento di edifici o al riscaldamento di acqua per usi igienici e sanitari, si pone chiaramente in contrasto con quella statale, in quanto in tal modo esclude dal regime autorizzatorio di cui all’art. 284 del Codice dell’ambiente non solo quegli impianti destinati ai soli usi indicati dall’art. 283 del medesimo Codice, ma anche quelli che, sia pure in misura non prevalente, siano destinati ad usi diversi. Si delinea, in altri termini, in ambito provinciale, per un numero elevato di impianti, ricondotti alla categoria degli impianti termici civili, un regime diverso da quello definito dalla legislazione statale, costituito dalla mera denuncia di installazione o modifica, evidentemente lesivo di quel livello uniforme di tutela assicurato dal legislatore statale mediante la prescrizione della preventiva autorizzazione. Per quanto concerne l’art. 16, commi 1 e 4, il giudice costituzionale ne dichiara l’illegittimità per le medesime ragioni poste a base della sentenza n. 62 del 2008, in quanto le disposizioni su richiamate si pongono in contrasto con la direttiva 5 aprile 2006, n. 2006/12/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti), e, per ciò stesso, con l’art. 117, primo comma, della Costituzione. Passando, in seguito all’analisi della legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 6 della legge provinciale, la Corte,ritiene che la norma provinciale impugnata, attribuendo alla Giunta la determinazione delle condizioni per l’iscrizione all’Albo, finisce per sostituire alla normativa nazionale l’atto della Giunta, in violazione della competenza statale esclusiva esercitata con l’art. 212 del d.lgs. n. 152 del 2006, che ha disciplinato in maniera inderogabile procedure e termini di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali, peraltro in adempimento degli obblighi comunitari contenuti nella citata direttiva 5 aprile 2006, n. 2006/12/CE. Ne dichiara, pertanto, l’illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 8 e 9 dello statuto e dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera s), della Costituzione. Inoltre, tale norma provinciale è ritenuta lesiva anche dell’art. 117, comma terzo, della Costituzione, incidendo in tema di professioni, materia nella quale Stato e Regioni hanno competenza legislativa concorrente, con la conseguenza che la Regione è tenuta a legiferare nel rispetto dei principi fondamentali dettati dal legislatore nazionale, cui spetta di individuare le figure professionali, con i relativi ordinamenti didattici e l’istituzione degli albi, come confermato in una consolidata giurisprudenza costituzionale. Analoghe considerazioni valgono per l’art. 16, comma 7 della legge provinciale. Non appare invece fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 1 e 5, in quanto diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la norma impugnata, come tutta la legge provinciale n. 4 del 2008, risulta pubblicata in entrambe le lingue, ivi comprese le modifiche ai testi in tedesco di cui ai commi 1 e 5 dell’art. 14 impugnato, così come, al comma 4, in entrambe le lingue è redatto il testo della modifica. Trattandosi, in ambedue i casi, di modifiche della sola traduzione, rispettivamente, in tedesco e in italiano, la redazione nella diversa lingua riporta il nuovo testo nella lingua su cui va ad incidere. Decisione della Corte: La Corte dichiara: 1) l’illegittimità costituzionale dell’articolo 15, commi 3 e 6, e dell’articolo 16, commi 1, 4, 6 e 7 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 10 giugno 2008, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali in vari settori e altre disposizioni); 2) l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 2, della citata legge provinciale n. 4 del 2008, promosse, in relazione agli articoli 8 e 9 dello statuto speciale ed all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione; 3) la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 14, commi 1 e 5, della citata legge provinciale n. 4 del 2008, promossa, in relazione all’articolo 99 dello statuto speciale di autonomia. Giurisprudenza richiamata: – Sulla nozione di ambiente: Corte cost., sentt. nn. 10,12, 30 e 220/2009, 104/2008, 367 e 378/2007; – Sulla nozione di rifiuti: Corte cost. sent. n. 62/2008.


a cura di Valentina Lepore