Disciplina dei rifiuti e degli appalti: il riparto di competenze tra Stato e Regioni. Corte costituzionale, 4 dicembre 2009, n. 314

09.04.2010

Corte costituzionale, 4 dicembre 2009, n. 314 Giudizio di legittimità costituzionale in via principale sollevato dallo Stato avverso la Regione Campania. Norme impugnate e parametri di riferimento: Il ricorrente ha impugnato l’art. 1, comma 1, lettere c), e) e m), della legge della Regione Campania 14 aprile 2008, n. 4 (Modifiche alla legge regionale 28 marzo 2007, n. 4, “Norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati”), in riferimento all’art. 117, primo e secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione, oltre che all’art. 81 del Trattato che istituisce la Comunità europea. La censura si articola in tre profili, rispettivamente attinenti alle tre lettere citate del comma 1 dell’art. 1 della legge regionale: i primi due con stretta attinenza alla tutela ambientale, il terzo anche con riguardo ai principi europei della concorrenza. In particolare, si ritiene che l’art. 1, comma 1, lettera c), nel prevede la competenza della Provincia nell’individuazione delle zone idonee e non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento provinciale – PTCP, contrasta apertamente con quanto disposto dall’art. 197, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, che, alla lettera d), con riferimento alla localizzazione degli impianti di recupero dei rifiuti, prevede che le Province siano tenute ad individuare esclusivamente le zone non idonee ad ospitarli, ma non anche le zone idonee, il che è possibile soltanto per la localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti. La norma dunque, dettando disposizioni confliggenti con la normativa nazionale vigente, viola, secondo il ricorrente, il disposto dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., ai sensi del quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente. La lettera e) dello stesso art. 1, comma 1, della legge regionale n. 4 del 2008, viola analogamente l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., nella parte in cui abroga la lettera p) dell’art. 10, comma 2, della legge regionale n. 4 del 2007 citata, che disponeva che il piano regionale di gestione dei rifiuti dovesse prevedere anche le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani, operando così in contrasto con quanto disposto dall’art. 199, lettera m), del citato d.lgs. n. 152 del 2006. La norma statale, che stabilisce il contenuto minimo necessario del piano regionale di gestione dei rifiuti, dispone, infatti, che esso debba prevedere, tra l’altro, anche «le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani». Con l’abrogazione della disposizione conforme alla norma statale, viene adottata una disciplina che, ad avviso del ricorrente, è contrastante con quella nazionale di riferimento, eccedendosi dalla competenza regionale. Si sottolinea inoltre l’irragionevolezza della disposizione in oggetto, in quanto la mancata previsione di idonee misure atte a realizzare «la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani» pone in serio pericolo la concreta realizzazione del principio di autosufficienza, nella gestione dei rifiuti urbani non pericolosi, a livello di ambiti territoriali locali. La lettera m) dello stesso art. 1, comma 1, della legge regionale n. 4 del 2008, infine, si pone in contrasto con l’art. 81 del Trattato che istituisce la Comunità europea e con l’art. 117, primo e secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione. Infatti, la norma citata, modificando l’articolo 20 della legge regionale n. 4 del 2007, in materia di affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti, prevede che «la Provincia affida il servizio di gestione integrata dei rifiuti nel rispetto della normativa comunitaria, nazionale e regionale sull’evidenza pubblica mediante la costituzione di soggetti a totale o prevalente capitale pubblico». Individuando a priori, come unica modalità di affidamento per il servizio di gestione integrata da parte della Provincia, quella dell’affidamento ad un soggetto a totale o prevalente capitale pubblico, la norma violerebbe i principi e le disposizioni comunitarie e nazionali, in materia di affidamento dei servizi pubblici locali, nonché le regole che disciplinano la gara pubblica – quali quelle della par condicio, della trasparenza e dell’evidenza pubblica – che garantiscono che il servizio pubblico locale sia affidato ad un soggetto che possegga le necessarie competenze tecniche richieste dalla specificità della materia e che risulti il più idoneo fra quelli esistenti. Si configura, pertanto, la violazione del principio di tutela della concorrenza di cui all’art. 81 del Trattato CE e, quindi, del rispetto del vincolo comunitario di cui all’art. 117, primo comma, Cost., nonché della competenza esclusiva statale in materia di concorrenza, ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.: risultano violati, in particolare, sia l’art. 202 del d.lgs. n. 152 del 2006, che impone l’aggiudicazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti mediante gara pubblica, nel rispetto della disciplina comunitaria, sia l’art. 113 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), che disciplina la gestione delle reti e l’erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Argomentazioni della Corte: La Corte, in riferimento alla prima censura, relativa alla localizzazione degli impianti, ha affermato, in via preliminare, che la disciplina statale dei rifiuti, collocandosi nell’ambito della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” – di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. – costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone sull’intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino (sentenze n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007). Resta, peraltro, ferma la competenza delle Regioni per la cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali: infatti, anche nel settore dei rifiuti, accanto ad interessi inerenti in via primaria alla tutela dell’ambiente, vengono in rilievo altre materie, per cui la competenza statale non esclude la concomitante possibilità per le Regioni di intervenire, ovviamente nel rispetto dei livelli uniformi di tutela apprestati dallo Stato (da ultimo, sentenza n. 249 del 2009). La localizzazione degli impianti di trattamento dei rifiuti sul territorio, nel rispetto dei criteri tecnici fondamentali stabiliti dagli organi statali (fissati in attuazione dell’art. 195 del d.lgs. n. 152 del 2006), che rappresentano soglie inderogabili di protezione ambientale, attiene al “governo del territorio”. La disposizione impugnata si propone di disciplinare la localizzazione degli impianti di recupero dei rifiuti: nel dettare tale norma, la Regione ha esercitato la propria competenza legislativa, che afferisce all’uso del proprio territorio (analogamente, vedi sentenza n. 103 del 2006), abilitando la Provincia, in quanto ente deputato dalla legislazione statale ad esercitare le funzioni in tema di “difesa del suolo” (art. 197 del d.lgs. n. 152 del 2006), ad individuare le aree per la localizzazione degli impianti, secondo una valutazione urbanistica complessiva del territorio provinciale, che muove dalle previsioni del piano territoriale di coordinamento, anche perché la stessa normativa statale riconosce che «il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente, ove adottati» (art. 199, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006). Pertanto, la disciplina dettata dalla disposizione regionale risponde ad esigenze di coordinamento territoriale e non approntando una disciplina dei rifiuti di minor rigore rispetto a quella statale, non viola la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente. Per quanto concerne la seconda censura, la Corte, ritenendo che i contenuti minimi del piano regionale costituiscano standard minimi ed uniformi di tutela dell’ambiente validi sull’intero territorio nazionale, evidenzia che le impostazione unitaria della pianificazione al livello individuato dal legislatore statale, assunta a valore imprescindibile, non è derogabile dal legislatore regionale, conseguendone l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui non prevede che il piano regionale di gestione rifiuti non contenga anche le misure atte a promuovere la regionalizzazione nella raccolta, cernita, smaltimento dei rifiuti. In riferimento alla terza censura, relativa alle modalità di affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte della Provincia, la Corte, prima di pronunciarsi nel merito della questione sollevata, ha in via preliminare segnalato che l’affidamento dei servizi ad enti partecipati è materia su cui, frequentemente, si è pronunciata la Corte di giustizia europea. Appare, dunque, necessario riferirsi ai principi di tutela della concorrenza, elaborati da quella giurisprudenza in attuazione del Trattato CE, atteso che le norme comunitarie fungono da norme interposte atte ad integrare il parametro per la valutazione di conformità della normativa regionale all’art. 117, primo comma, Cost. (sentenze n. 62 e n. 102 del 2008). In più, la nozione di “concorrenza” di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. – alla quale è riconducibile, come si dirà oltre, la disciplina degli appalti pubblici e della scelta del contraente – non può non riflettere quella operante in ambito comunitario, con la conseguenza che la normativa interna si uniforma a quella comunitaria di cui costituisce attuazione (sentenza n. 401 del 2007). L’attività contrattuale della pubblica amministrazione, attraverso la quale assicurare l’opera necessaria alla prestazione dei servizi, non s’identifica in una materia a sé, ma rappresenta attività che inerisce alle singole materie sulle quali essa si esplica. Riguardo alla fase procedimentale che precede la stipulazione del contratto di appalto, il titolo di legittimazione prevalente che viene in rilievo è costituito dalla tutela della concorrenza, di competenza legislativa esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. (sentenze n. 401 del 2007 e 160 del 2009). Pertanto, sono inderogabili le disposizioni contenute nel Codice degli appalti, di cui al d.lgs. 163/2006, relative alle modalità di affidamento dei servizi. Ne consegue l’illegittimità costituzionale della normativa regionale impugnata, che, nella parte in cui riserva solo a determinati soggetti la partecipazione alle gare per l’affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti, detta una disciplina difforme da quella nazionale in materie riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in base all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., riducendo l’area alla quale si applicano le regole concorrenziali dirette a consentire la piena esplicazione del mercato nel settore degli appalti pubblici a tutti gli operatori economici. Decisione della Corte: La Corte dichiara: 1) l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera e), della legge della Regione Campania 14 aprile 2008, n. 4 (Modifiche alla legge regionale 28 marzo 2007, n. 4 “Norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati”), nella parte in cui abroga la lettera p) dell’art. 10, comma 2, della legge della Regione Campania 28 marzo 2007, n. 4 (Norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati); 2) l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera m), della medesima legge della Regione Campania n. 4 del 2008,; 3) la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera c), della legge in esame. Giurisprudenza richiamata: – Sulla tutela della concorrenza, in materia di appalti: Corte cost., sentt. nn. 401/2007, 326, 411, 439/2008, 160/2009 ; – Sulla nozione di ambiente: Corte cost., sentt. nn. 378/2007, 62/2008, 249/2009.


a cura di Valentina Lepore