Il Parlamento Europeo approva la Direttiva Servizi

03.12.2006

Un lungo applauso ha salutato l’adozione della relazione di Evelyne GEBHARDT (PSE, DE) durante la sessione di novembre del Parlamento Europeo riunito a Strasburgo che sottoscrive la posizione comune del Consiglio, permettendo così alla direttiva servizi di diventare realtà. La stessa posizione comune era stata largamente ispirata dai suggerimenti avanzati dal Parlamento europeo che, in prima lettura, aveva praticamente riscritto il testo della direttiva combinando l’accordo raggiunto dai due maggiori gruppi parlamentari con alcuni emendamenti proposti dalla commissione per il mercato interno.

Numerosi emendamenti del Parlamento, infatti, sono stati ripresi integralmente o parzialmente nella posizione comune, tra i quali figura anche la soppressione del contestatissimo “principio del paese d’origine” che è stato sostituito dal più blando concetto di “libertà di prestazione dei servizi”. La posizione comune contiene inoltre alcune nuove disposizioni che il Consiglio ha voluto introdurre per assicurare un’efficace attuazione della direttiva e contribuire al corretto funzionamento del mercato interno.

Come richiesto dai deputati, nel corso del dibattito, il Commissario per il Mercato Interno Charlie McCREEVY ha formulato una dichiarazione che chiarisce la portata legale e la natura degli orientamenti che la Commissione presenterà agli Stati membri, l’eventualità di un’armonizzazione futura della legislazione relativa alla prestazione dei servizi, la neutralità della direttiva in relazione al diritto del lavoro, nonché l’influenza della stessa sulla prestazione dei servizi sociali. La dichiarazione, inoltre, comprende una menzione in merito all’impatto della direttiva sul diritto penale.

La proposta avanzata dalla GUE/NGL e dai Verdi/ALE di respingere la posizione comune non è stata accolta dall’Aula con 105 voti favorevoli, 405 contrari e 12 astensioni. Gli Stati membri hanno ora tre anni per attuare le disposizioni della direttiva. Nel corso della conferenza stampa che ha seguito il voto, il Presidente del Parlamento, Josep BORRELL, ha salutato tale risultato come «un grande successo per il Parlamento nel suo ruolo di legislatore». Ha inoltre sottolineato l’importanza della decisione presa dal Parlamento, che è stato in grado di presentare «una normativa ampiamente consensuale ed equilibrata».

OGGETTO DELLA DIRETTIVA

La direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, «assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi». Il testo, peraltro, precisa che la direttiva «non riguarda la liberalizzazione dei servizi d’interesse economico generale riservati a enti pubblici o privati, né la privatizzazione di enti pubblici che forniscono servizi». Non riguarda neppure l’abolizione di monopoli che forniscono servizi né gli aiuti concessi dagli Stati membri cui si applicano le regole comunitarie di concorrenza.

E’ anche puntualizzato che la direttiva lascia impregiudicata la libertà, per gli Stati membri, di definire, in conformità del diritto comunitario, quali essi ritengano essere servizi d’interesse economico generale, in che modo tali servizi debbano essere organizzati e finanziati, in conformità delle regole sugli aiuti concessi dagli Stati, e a quali obblighi specifici essi debbano essere soggetti.
La direttiva, inoltre, non pregiudica le misure adottate a livello comunitario o nazionale, in conformità del diritto comunitario, volte a tutelare o a promuovere la diversità culturale o linguistica o il pluralismo dei media. Non incide neppure sulla normativa degli Stati membri in materia di diritto penale. Tuttavia, è precisato, gli Stati membri non possono limitare la libertà di fornire servizi applicando disposizioni di diritto penale che disciplinano specificamente o influenzano l’accesso ad un’attività di servizi o l’esercizio della stessa, aggirando le norme stabilite nella presente direttiva.

La direttiva non pregiudica nemmeno la legislazione del lavoro, segnatamente le disposizioni giuridiche o contrattuali che disciplinano le condizioni di occupazione, le condizioni di lavoro, compresa la salute e la sicurezza sul posto di lavoro, e il rapporto tra datori di lavoro e lavoratori, che gli Stati membri applicano in conformità del diritto nazionale che rispetta il diritto comunitario. Parimenti, la presente direttiva non incide sulla normativa degli Stati membri in materia di sicurezza sociale. Non pregiudica nemmeno l’esercizio dei diritti fondamentali quali riconosciuti dagli Stati membri e dal diritto comunitario, né il diritto di negoziare, concludere ed eseguire accordi collettivi e di intraprendere azioni sindacali in conformità del diritto e delle prassi nazionali che rispettano il diritto comunitario.

CAMPO D’APPLICAZIONE

Un “considerando” introdotto dal Consiglio precisa che, tra i servizi oggetto della direttiva, rientrano numerose attività in costante evoluzione. Fra queste sono citati, i servizi alle imprese, quali i servizi di consulenza manageriale e gestionale, i servizi di certificazione e di collaudo, i servizi di gestione delle strutture, compresi i servizi di manutenzione degli uffici, i servizi di pubblicità o i servizi connessi alle assunzioni e i servizi degli agenti commerciali. Sono inoltre oggetto della i servizi prestati sia alle imprese sia ai consumatori, quali i servizi di consulenza legale o fiscale, i servizi collegati con il settore immobiliare, come le agenzie immobiliari, l’edilizia, compresi i servizi degli architetti, la distribuzione, l’organizzazione di fiere, il noleggio di auto, le agenzie di viaggi.

Nell’ambito di applicazione della direttiva rientrano anche i servizi ai consumatori, quali i servizi nel settore del turismo, compresi i servizi delle guide turistiche, i servizi ricreativi, i centri sportivi, i parchi di divertimento e, nella misura in cui non sono esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva, i servizi a domicilio, come l’assistenza agli anziani. Queste attività, è poi precisato, possono riguardare servizi che richiedono la vicinanza del prestatore e del destinatario della prestazione, servizi che comportano lo spostamento del destinatario o del prestatore e servizi che possono essere prestati a distanza, anche via Internet.

La direttiva si applica quindi soltanto ai servizi che sono prestati dietro corrispettivo economico ed è spiegato che i servizi non economici d’interesse generale sono pertanto esclusi dal suo ambito di applicazione. Viceversa, i servizi d’interesse economico generale sono servizi che, essendo prestati dietro corrispettivo economico, rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva. Questa, inoltre, non si applica nemmeno ai servizi finanziari quali l’attività bancaria, il credito, l’assicurazione e la riassicurazione, le pensioni professionali o individuali, i titoli, gli investimenti, i fondi, ai servizi di pagamento e quelli di consulenza nel settore degli investimenti. Così come sono esclusi i servizi e le reti di comunicazione elettronica.

Parimenti, non rientrano nel campo d’applicazione i servizi nel settore dei trasporti, ivi compresi i servizi portuali, e i servizi delle agenzie di lavoro interinale. Sono anche esclusi i servizi sanitari, «indipendentemente dal fatto che vengano prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione e di finanziamento sul piano nazionale e dalla loro natura pubblica o privata», i servizi audiovisivi, ivi compresi i servizi cinematografici, a prescindere dal modo di produzione, distribuzione e trasmissione, e i servizi radiofonici.

Anche le attività di azzardo che implicano una posta di valore pecuniario in giochi di fortuna, comprese le lotterie, i giochi d’azzardo nei casinò e le scommesse sono esclusi, assieme alle attività connesse con l’esercizio di pubblici poteri e ai servizi forniti da notai e ufficiali giudiziari nominati con atto ufficiale della pubblica amministrazione. Ma anche i servizi sociali riguardanti gli alloggi popolari, l’assistenza all’infanzia e il sostegno alle famiglie ed alle persone temporaneamente o permanentemente in stato di bisogno, forniti dallo Stato, da prestatori incaricati dallo Stato o da associazioni caritative riconosciute come tali dallo Stato, nonché i servizi privati di sicurezza.

LIBERTA’ DI PRESTAZIONE DI SERVIZI E DEROGHE

Come richiesto dal Parlamento, il principio del paese d’origine è stato sostituito con quello della libera prestazione di servizi (articolo 16 della direttiva). In base a tale principio, agli Stati membri è imposto l’obbligo di rispettare «il diritto dei prestatori di fornire un servizio in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stabiliti». Lo Stato membro in cui il servizio viene prestato, quindi, deve assicurare il libero accesso a un’attività di servizi e il libero esercizio della medesima sul proprio territorio.

E’ anche precisato che non può subordinare l’accesso a un’attività di servizi o l’esercizio della medesima sul proprio territorio a requisiti che non rispettino una serie di principi. Pertanto i requisiti non possono essere direttamente o indirettamente discriminatori sulla base della nazionalità o, nel caso di persone giuridiche, della sede («non discriminazione») e devono essere giustificati da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell’ambiente («necessità»). Inoltre, i requisiti devono essere tali da garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito e non devono andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo («proporzionalità»).

Più in particolare, è precisato che Gli Stati membri non possono restringere la libera circolazione dei servizi forniti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro imponendo l’obbligo per il prestatore di essere stabilito sul loro territorio o di ottenere un’autorizzazione dalle autorità competenti, compresa l’iscrizione in un registro o a un ordine professionale sul loro territorio, salvo i casi previsti dalla presente direttiva o da altri strumenti di diritto comunitario. Non è consentito imporre il divieto al prestatore di dotarsi sul loro territorio di una determinata forma o tipo di infrastruttura, inclusi uffici o uno studio, necessaria all’esecuzione delle prestazioni in questione.

Inoltre, a eccezione di quelli in materia di salute e di sicurezza sul posto di lavoro, non è possibile richiedere il rispetto di requisiti all’uso di attrezzature e di materiali che costituiscono parte integrante della prestazione del servizio. Parimenti non può imporsi l’applicazione di un regime contrattuale particolare tra il prestatore e il destinatario che impedisca o limiti la prestazione di servizi a titolo indipendente, o l’obbligo per il prestatore di essere in possesso di un documento di identità specifico per l’esercizio di un’attività di servizi rilasciato dalle loro autorità competenti.

Allo Stato membro in cui il prestatore si reca, d’altra parte, non può essere impedito di imporre requisiti relativi alla prestazione di un’attività di servizi qualora siano giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o tutela dell’ambiente. Allo stesso modo, a quello Stato membro non può essere impedito di applicare, conformemente al diritto comunitario, le proprie norme in materia di condizioni di occupazione, comprese le norme che figurano negli accordi collettivi.

Entro cinque anni dall’entrata in vigore della direttiva, e previa consultazione degli Stati membri e delle parti sociali a livello comunitario, la Commissione dovrà trasmettere al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione di tali disposizioni, in cui dovrà esaminare la necessità di proporre misure di armonizzazione per le attività di servizi che rientrano nel campo d’applicazione della direttiva.

Ulteriori deroghe alla libera prestazione di servizi

Come proposto dal Parlamento in prima lettura, anche il testo della posizione comune prevede che le disposizioni sulla libera prestazione di servizi non si applica ai servizi di interesse economico generale forniti in un altro Stato membro, fra cui i servizi nel settore postale contemplati dalla direttiva 97/67/CE, a quelli nel settore dell’energia elettrica contemplati dalla direttiva 2003/54/CE, ai servizi nel settore del gas contemplati dalla direttiva 2003/55/CE, a quelli di distribuzione e fornitura idriche e ai servizi di gestione delle acque reflue, nonché ai servizi legati al trattamento dei rifiuti.

L’articolo 16, inoltre, non si applica alle materie disciplinate dalla direttiva relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (96/71/CE), a quelle disciplinate dalla direttiva sulla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e sulla libera circolazione di tali dati (95/46/CE). Sono anche escluse le materie disciplinate dalla direttiva intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati, le attività di recupero giudiziario dei crediti e le materie sulla libera prestazione di servizi disciplinate dalla direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, «compresi i requisiti negli Stati membri dove il servizio è prestato che riservano un’attività ad una particolare professione».

Anche gli atti per i quali la legge richiede l’intervento di un notaio non sono sottoposti al principio di libera prestazione dei servizi, così come le materie disciplinate dalla direttiva sulla revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati. Inoltre, beneficiano della deroga l’immatricolazione dei veicoli presi in leasing in un altro Stato membro e le disposizioni relative agli obblighi contrattuali e non contrattuali, compresa la forma dei contratti, determinate in virtù delle norme di diritto internazionale. Sono, infine, esenti i diritti d’autore e diritti connessi.

Relazioni con altre disposizioni del diritto UE

Se le disposizioni della direttiva sono in conflitto con disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici dell’accesso ad un’attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, è precisato che le disposizioni di questi altri atti comunitari «prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche». Tra tali atti comunitari, sono citati la direttiva relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (96/71/CE), il regolamento relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (1408/71), la direttiva relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive(89/552/CEE) e la direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (2005/36/CE).

LIBERTA’ DI STABILIMENTO

Gli Stati membri possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se questo non risulta discriminatorio nei confronti del prestatore, se è giustificato da un motivo imperativo di interesse generale o se l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia.

Tra i motivi imperativi di interesse generale figurano l’ordine pubblico, la sicurezza, l’incolumità e la sanità pubblica, il mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l’equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell’ambiente, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale

I regimi di autorizzazione devono basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti «affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario». Tali criteri, è precisato, devono essere non discriminatori, giustificati da un motivo imperativo di interesse generale, commisurati all’obiettivo di interesse generale, chiari e inequivocabili, oggettivi, resi pubblici preventivamente, nonché trasparenti e accessibili.

L’autorizzazione – che in principio ha una durata limitata – dovrà permettere al prestatore di accedere all’attività di servizi o di esercitarla su tutto il territorio nazionale, anche mediante l’apertura di rappresentanze, succursali, filiali o uffici, tranne nei casi in cui la necessità di un’autorizzazione specifica o di una limitazione dell’autorizzazione ad una determinata parte del territorio per ogni stabilimento sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale.

SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA

Per agevolare l’accesso alle attività di servizi e il loro esercizio nel mercato interno, la direttiva stabilisce l’obiettivo, comune a tutti gli Stati membri, di una semplificazione amministrativa. Prevede quindi disposizioni riguardanti, in particolare, gli sportelli unici, il diritto all’informazione, le procedure per via elettronica e la definizione di un quadro per i regimi di autorizzazione. Altre misure adottate a livello nazionale per raggiungere quest’obiettivo potrebbero consistere nel ridurre il numero delle procedure e formalità applicabili alle attività di servizi, limitandole a quelle indispensabili per conseguire un obiettivo di interesse generale e che non rappresentano, per contenuto o finalità, dei doppioni.

CONTROLLI

La direttiva impone agli Stati membri di cooperare strettamente affinché le sue disposizioni siano rispettate. Per quanto riguarda i prestatori che forniscono servizi in un altro Stato membro, lo Stato membro di stabilimento deve fornire le informazioni sui prestatori stabiliti sul suo territorio richieste da un altro Stato membro, in particolare la conferma del loro stabilimento sul suo territorio e del fatto che, a quanto gli risulta, essi non vi esercitano attività in modo illegale.

Lo Stato membro di stabilimento, inoltre deve procedere alle verifiche, ispezioni e indagini richieste da un altro Stato membro e informa quest’ultimo dei risultati e, se del caso, dei provvedimenti presi. Qualora venga a conoscenza di comportamenti o atti precisi di un prestatore stabilito sul suo territorio che presta servizi in altri Stati membri che, a sua conoscenza, possano causare grave pregiudizio alla salute o alla sicurezza delle persone o all’ambiente, lo Stato membro di stabilimento deve informarne al più presto gli altri Stati membri e la Commissione.

RESTRIZIONI AI DESTINATARI VIETATE

In forza alla direttiva, gli Stati membri non possono imporre al destinatario requisiti che limitano l’utilizzazione di un servizio fornito da un prestatore stabilito in un altro Stato membro. In particolare non potrà essere imposto l’obbligo di ottenere un’autorizzazione dalle loro autorità competenti o quello di presentare una dichiarazione presso di esse né stabilire limiti discriminatori alla concessione di aiuti finanziari a causa del fatto che il prestatore è stabilito in un altro Stato membro o in ragione del luogo in cui il servizio è prestato. Gli Stati membri, inoltre, dovranno provvedere affinché al destinatario non vengano imposti requisiti discriminatori fondati sulla sua nazionalità o sul suo luogo di residenza.

a cura di Antonio Barreca