Corte di Giustizia, sentenza del 17 novembre 2009, in tema di libera prestazione dei servizi, aiuti di Stato, tassa sul lusso (C-169/08, Presidenza del Consiglio dei Ministri c/ Regione Sardegna).
La domanda di pronuncia pregiudiziale, avanzata dalla Corte Costituzionale con ordinanza 13 febbraio 2008, verte sull’interpretazione degli artt. 49 CE e 87 CE. Detta domanda è stata presentata nell’ambito di una lite che oppone il Presidente del Consiglio dei Ministri alla Regione Sardegna in merito all’istituzione da parte di quest’ultima, con legge regionale 4/2006, di un’imposta sullo scalo turistico degli aeromobili adibiti al trasporto privato di persone nonché delle unità da diporto che grava unicamente sugli operatori aventi il domicilio fiscale fuori dal territorio regionale.
Come noto, la Corte Costituzionale domandava al giudice comunitario se l’art. 49 CE ostacolasse l’applicazione dell’art. 4 della legge regionale 4/2006, secondo la quale l’imposta grava solo sulle imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna; inoltre, se lo stesso art. 4 configurasse un aiuto di Stato alle imprese, ai sensi dell’art. 87 CE.
La Corte di Giustizia afferma che la normativa tributaria in esame nella causa principale costituisce una restrizione alla libera prestazione di servizi, disciplinata all’art. 50 TCE, in quanto essa grava unicamente sugli operatori esercenti aeromobili adibiti al trasporto privato di persone e imbarcazioni da diporto aventi il domicilio fiscale fuori dal territorio regionale, senza assoggettare alla stessa imposta gli operatori stabiliti in quest’ultimo. Tale conclusione emerge da una giurisprudenza comunitaria consolidata, per la quale l’art. 50 CE, sebbene citi soltanto la libera prestazioni di servizi attiva – per cui il prestatore si sposta verso il destinatario dei servizi -, quest’ultima comprende anche la libertà dei destinatari dei servizi, segnatamente dei turisti, di recarsi in un altro Stato membro nel quale è stabilito il prestatore per fruire di detti servizi. Secondo il ragionamento della Corte, lo scalo costituisce un presupposto necessario per fruire di detti servizi e l’imposta regionale sullo scalo grava direttamente sulla prestazione dei servizi, introducendo, altresì, un trattamento differenziato tra i residenti e i non residenti. E’ da aggiungere che la natura regionale dell’imposta non esclude che essa possa ostacolare la libera circolazione dei servizi. Né la giustificazione di tutela ambientale e paesaggistica della Regione Sardegna, né la giustificazione fondata sulla coerenza del sistema tributario costituiscono ragioni sufficienti per l’introduzione dell’imposta in oggetto.
In ordine alla qualificazione dell’imposta come misura di aiuto di stato, la Corte riassume i caratteri cumulativi che deve presentare la misura ai sensi dell’art.87 CE: che l’intervento sia dello Stato ovvero effettuato attraverso risorse statali; che tale intervento incida sugli scambi tra gli Stati membri; che conceda un vantaggio al suo beneficiario ed, in ultimo, che sia tale da minare o falsare la concorrenza.
Alla stregua di detti criteri, la Corte di Giustizia risolve la questione qualificando l’imposta regionale come aiuto di stato, applicando quella ricostruzione giurisprudenziale dell’aiuto di Stato che ricomprende non soltanto prestazioni positive, come sovvenzioni o prestiti, ma anche interventi che possano alleviare gli oneri che gravano sul bilancio di un’impresa.
Riassumendo, la legge della Regione Sardegna 4/2006 non è conforme alla libera prestazione di servizi disciplinata dal diritto comunitario e costituisce, altresì, aiuto di stato.