Il contratto rappresenta il fatto generatore del rapporto di lavoro, rispetto agli “effetti” del quale, la pronuncia ex tunc della Corte Costituzionale, si configura come circostanza neutra

08.11.2003

L’art. 12, della legge n. 140/99, prevede “che il personale delle camere di commercio industria, artigianato ed agricoltura in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legge 23 settembre 1994, n. 547, può essere inquadrato nella qualifica immediatamente superiore con effetti giuridici ed economici decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente legge”. Tale articolo ha permesso la stipula del contratto di lavoro per l’inquadramento nella posizione di dirigente, con profilo professionale di Vice Segretario Generale.
Intervenuta, con sentenza del 29 maggio del 2002 n. 281 (Corte cost.), la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 12 della legge n. 140/99, occorreva pronunciarsi sugli effetti della stessa sul rapporto di lavoro già costituito.
Il Tribunale di Pisa, (G.O. in funzione di giudice del lavoro), ha ritenuto che:

  • Con la privatizzazione del pubblico impiego, la fonte del rapporto di lavoro del dipendente pubblico è il contratto di lavoro, quand’anche nello stesso si rinvenga che la nomina dello stesso sia avvenuta “in base ad una disposizione normativa che ne autorizzava (non imponeva) la nomina”; mentre le delibere datoriali si atteggiano quali atti amministrativi presupposti di cui all’art.  64, del d.lgs. n. 165/01.
  • Qualora intervenga una pronuncia della Corte Costituzionale che dichiari l’illegittimità costituzionale della norma che ha supportato la stipula del contratto di lavoro, questa, per il principio di irretroattività della legge, non incide né sugli atti datoriali, quali atti amministrativi presupposti, né sul contratto  qualora “si tratti di situazioni oramai consolidate”.

Tribunale Pisa 8 novembre 2002 n 10101

a cura di Daniela Bolognino