Il lavoro straordinario nel pubblico impiego privatizzato

16.10.2003

Le norme legali e contrattuali regolanti il rapporto di lavoro nel pubblico impiego privatizzato non disciplinano solo le posizioni delle parti del rapporto, ma tutelano l’interesse pubblico. Da ciò consegue che, diversamente da quanto accade nel rapporto di lavoro di diritto privato, i pubblici dipendenti privatizzati non possono invocare il compenso per le ore di straordinario prestate in violazione dei limiti legali e contrattuali, che possono essere loro opposti ai lavoratori dalla pubblica amministrazione a tutela dell’interesse pubblico.

Si ricava dall’art. 40 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che non è applicabile al rapporto di lavoro pubblico privatizzato l’art. 2126 cod. civ.:  se, come previsto dal citato art. 40, le clausole collettive dei contratti collettivi integrativi difformi rispetto a quelle dei contratti collettivi nazionali sono nulle e non possono essere applicate, a fortiori identica sorte deve essere riservata ai comportamenti individuali contrastanti con disposizioni legali e collettive.

In caso di effettuazione di lavoro straordinario oltre i limiti legali e contrattuali nel lavoro pubblico privatizzato, il requisito dell’effettivo arricchimento, ai fini dell’esperibilità dell’azione ex art. 2041 cod. civ., è costituito dall’accertamento dell’utilità dell’amministrazione, la quale, in via generale ed astratta, è oggettivata nella regolamentazione del lavoro straordinario introdotta nel contratto collettivo.

L’espletamento di prestazioni di lavoro straordinario in violazione delle previsioni legali e contrattuali, quando sia stato avallato espressamente dal dirigente che gestisce il rapporto di lavoro, non incide sull’an dell’azione di ingiustificato arricchimento, ma sulla quantificazione delle somme dovute al pubblico dipendente.

Trib Reggio Calabria 16 ottobre 2002

a cura di Andrea Pietropaoli