TAR Lazio, Sez. III ter, 6 novembre 2009 n. 10891, in tema di ambito di applicabilità dei divieti ex art. 13 del cd. decreto Bersani e di quelli ex art., co. 27, l. 244/2007.

06.11.2009

L’articolo 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, (c.d. decreto Bersani) convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, è applicabile esclusivamente alle società a capitale interamente pubblico o misto costituite o partecipate per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività dell’amministrazione regionale o locale in funzione della medesima.
La ratio del divieto è quella di impedire che soggetti intrinsecamente connessi all’espletamento di funzioni della Pubblica Amministrazione possano, in forza della propria rendita di posizione, agire come competitors sul libero mercato e falsarne il relativo funzionamento.
In considerazione del «carattere eccezionale e di stretta e tassativa interpretazione della disposizione in questione», l’articolo 13 del c.d. decreto Bersani è «applicab[ile] alle sole società a capitale interamente pubblico o misto, caratterizzate dalla strumentalità all’attività degli enti e dall’essere moduli organizzativi interni delle amministrazioni affidanti»
In tale linea di ragionamento, deve escludersi l’applicabilità del divieto previsto dall’articolo 13 del citato d.l. 223/2006 in un caso come quello di specie nel quale la società di cui si contesta la possibilità di partecipare alla gara per l’aggiudicazione di un appalto di servizi è una società che seppure «indirettamente partecipata da enti pubblici, è tuttavia priva dei vincoli della strumentalità e della funzionalità con l’ente pubblico, e si caratterizza, invece, dall’operare nel mercato in diretta concorrenza con le altre imprese pubbliche o private».
Tale soggetto, infatti, «sfugge all’applicazione della normativa invocata, poiché…non svolge alcuna attività di supporto all’amministrazione territoriale e, quindi, non può sfruttare la posizione di privilegio che caratterizza le società pubbliche allorché operino quale “ente strumentale” del soggetto pubblico di riferimento a discapito di operatori privati».
Del pari, non può essere considerato come fattore preclusivo della possibilità di partecipare a procedure di affidamento mediante gara, la circostanza che la società abbia «fruito di alcuni affidamenti diretti» da parte della società controllante a sua volta partecipata da Enti pubblici. Al riguardo, nella pronuncia si afferma espressamente che «quando il legislatore ha voluto escludere dalla partecipazione alle gare alcuni soggetti o enti in ragione della loro composizione o delle specifiche caratteristiche della loro attività lo ha espressamente stabilito e…le norme devono essere ancorate ad una interpretazione costituzionalmente e comunitariamente orientata con l’esclusione di applicazioni analogiche…sicché, nella specie, non può costituire elemento pregiudicante per la [società] la circostanza che la [sua] controllante…abbia quali soci enti locali. La partecipazione pubblica non può costituire una condizione soggettiva di esclusione assoluta dagli appalti ulteriore rispetto a quelle tassativamente indicate dalle direttive comunitarie».
Inoltre, osservano ancora i Giudici, «l’evenienza di essere affidatario diretto [di servizi]…non sembra idonea a realizzare una distorsione del mercato o della concorrenza, costituendo tale attività una parte limitata dell’attività della società…come risulta dallo statuto della società stessa, da cui si rileva che [essa]…è stata costituita quale soggetto pronto ad operare sul mercato ed a fornire ad un pubblico indifferenziato i propri servizi».
La partecipazione alla gara per l’aggiudicazione di un appalto di servizi da parte di un società indirettamente partecipata da Enti locali e che opera sul mercato in concorrenza con altre imprese non può essere contestata neanche richiamando il disposto di cui all’art. 3, comma 27, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 che fa divieto, alle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, di partecipare in società aventi per oggetto la produzione di beni e servizi non strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, vietando, altresì, di assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche in minoranza, in tali società.
Al riguardo, nella pronuncia si rileva, da un lato, che il comma 27 dell’articolo 3 della legge 244/2007 dopo le modifiche – eliminazione dell’avverbio «o indirettamente» – introdotte dall’articolo 71, comma 1, lett. b) della legge 18 giugno 2009, n. 69 consente «…agli enti locali di partecipare, con proprie società, ad altre società», dall’altro, che «…l’ambito applicativo della disposizione è diverso rispetto a quello dell’art. 13 [del cd. Decreto Bersani]…». Sul punto, infatti, i Giudici precisano che «… mentre l’art. 13… riduce ex lege la capacità di agire di una società-veicolo, imponendo una esclusività dell’attività svolta in favore dell’ente di riferimento; l’art. 3, comma 27, della legge n. 244 del 2007 delimita la capacità di agire dell’ente titolare della partecipazione sociale a quelli che dovrebbero essere i suoi propri confini».
a cura di Luigi Alla


Scarica documento