Corte Costituzionale 19 ottobre 2001, n. 336
La Corte Costituzionale esclude la possibilità per i dirigenti sanitari medici di avvalersi della generale previsione di accesso ad un regime di impegno lavorativo ridotto mediante trasformazione del rapporto a tempo pieno in rapporto a tempo parziale e la giustifica in ragione dei rilevanti profili di specialità propri della professione medica.
Giudizio di legittimità costituzionale sugli artt. 1, commi 57 e 58, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) e 31, comma 41, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), promosso con ordinanza emessa dal Tribunale di Vercelli.
A seguito dell’entrata in vigore della legge n.662/96, i dipendenti pubblici che fanno richiesta di trasformazione del rapporto a tempo pieno in rapporto a tempo parziale vantano non più solo un mero interesse legittimo all’accoglimento della richiesta, ma un vero e proprio diritto potestativo ad ottenerla, fatta eccezione per determinate categorie di personale. L’amministrazione è, pertanto, titolare dei soli poteri di rigetto della domanda di trasformazione (nel caso in cui l’attività svolta dal dipendente al di fuori del rapporto di pubblico impiego dia luogo a conflitto di interessi con l’attività di servizio), e di differimento con provvedimento motivato, per un periodo non superiore a sei mesi (nel caso in cui dall’accoglimento della richiesta possa derivare “grave pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione” – art. 1, co. 58, della legge n. 662/96).