Corte Costituzionale 7 novembre 2001, n. 353
La Corte Costituzionale ammette la possibilità di un’equipollenza tra piano generale per l’utilizzazione delle acque pubbliche e piano di bacino di rilievo nazionale, ma ritiene che la definizione puntuale dei due documenti debba avvenire secondo meccanismi che consentano la partecipazione paritaria di tutti i soggetti costituzionali coinvolti in quanto portatori di interessi costituzionalmente garantiti
Giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino Alto-Adige in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica), promosso con ricorso della Regione Veneto
La Regione Veneto ha impugnato l’art.2, del d.lgs. n.463/99 laddove, modificando l’art.5,co.3, del d.P.R. n.381/74, stabilisce l’equipollenza tra piano generale per l’utilizzazione delle acque pubbliche e piano di bacino di rilievo nazionale. In particolare, quest’ultimo dovrebbe essere considerato come entità territoriale fisico-ambientale unitaria di studio, di programmazione e di intervento, aldilà degli specifici confini amministrativi. Le funzioni di pianificazione e di programmazione sono attribuite ad un’Autorità di bacino, dotata di personalità giuridica pubblica e di organizzazione propria. Il piano generale per l’utilizzazione delle acque pubbliche, invece, è definito d’intesa tra i rappresentanti dello Stato e della Provincia in seno ad un apposito comitato.
Secondo la Regione ricorrente, la pretesa equivalenza tra i due piani è inammissibile poiché l’attribuzione al piano generale per l’utilizzazione delle acque pubbliche di una provincia del valore di piano di bacino di rilievo nazionale prevaricherebbe il limite istituzionale e funzionale della fonte attuativa dello statuto speciale, violando l’art. 76 della Costituzione.
Si presenterebbe, inoltre, un generale contrasto con i principi concernenti l’autonomia statutaria, legislativa ed amministrativa della Regione ricorrente e tale contrasto deriverebbe dall’incidenza del d.lgs. n. 463/99 sull’assetto organico-funzionale della disciplina pregressa, che è posto a garanzia dell’autonomia regionale e della paritaria partecipazione locale e che si ispira ad una ratio di paritetica partecipazione delle amministrazioni statali e locali al fine di realizzare un’opportuna cooperazione fra Stato, Regioni e Province autonome.
La Corte, dopo aver posto una premessa sul pieno titolo a stare in giudizio delle Province autonome di Trento e di Bolzano in quanto trattasi di questione avente ad oggetto una norma di attuazione dello statuto speciale riguardante attribuzioni costituzionalmente garantite alle stesse Province, chiarisce la fondatezza delle eccezioni di inammissibilità proposte riguardo alla violazione degli artt. 76, 11 e 123 della Costituzione.
In particolare, il richiamo all’art. 76 è fondato su un presupposto di estraneità rispetto all’ambito tipico ed esclusivo del sindacato costituzionale operato sulle leggi statali mediante ricorso diretto della Regione o della Provincia autonoma. In linea generale, infatti, detto ricorso avviene in assenza di appositi criteri di delega rivolti alla salvaguardia delle competenze regionali o provinciali. Inoltre, la Corte precisa che le norme di attuazione dello statuto speciale non possono in alcun modo essere considerate come delega legislativa, poiché è proprio delle citate norme attribuire specifici poteri legislativi al Governo il quale, a sua volta, li esercita nell’ambito di particolari procedure cui partecipano la Regione o la Provincia a statuto speciale.
Per quanto riguarda l’art.11, l’orientamento della Corte è che lo stesso non possa essere richiamato in quanto non sussiste un effettivo collegamento tra la norma impugnata e gli obblighi comunitari, mentre è giudicato eccessivamente generico il richiamo all’art. 123 della Costituzione che, in effetti, si riferisce a profili estranei alla norma contestata, quali sono il contenuto e la formazione dello statuto.
La Corte ha accolto, pertanto, la sola contestazione della Regione Veneto che fa riferimento alla tutela delle sue attribuzioni costituzionalmente garantite che, in ogni caso, risulta ammissibile nel limite in cui tratta della mancata partecipazione paritaria della Regione medesima alla definizione del piano di bacino.
In quest’ottica, la Corte afferma la piena legittimazione di una qualsiasi Regione nel promuovere l’azione di legittimità costituzionale, qualora le norme di attuazione dello statuto speciale di un’altra Regione siano reputate lesive della propria sfera di competenza costituzionalmente garantita.
Pertanto, la censura prospettata è giudicata fondata solo con riguardo all’art. 2, co.1, lett. d, del d.lgs. n.463/99, laddove lo stesso impone, nell’ambito della procedura di definizione dei piani, un trattamento deteriore irragionevole ed ingiustificato per la Regione Veneto, il cui territorio pur si trova in bacini idrografici di rilievo nazionale. In particolare, la norma censurata prevede un meccanismo assai debole di partecipazione della Regione stessa,che deve essere sentita solo per mezzo di comitati istituzionali cui partecipano i rappresentanti delle Regioni.
Al contrario, presentandosi nel caso di specie l’esistenza di interessi comuni a più Regioni e Province, si sarebbe reso necessaria una partecipazione paritaria di tutti i soggetti coinvolti.
Per i motivi indicati la Corte ha, quindi, dichiarato illegittimo l’art. 2, co.1, lett.d, del d.lgs. n. 463/99 con riferimento al periodo considerato e, al contempo, ha precisato che la decisione non deve far escludere a priori l’ipotesi di costituire pianificazioni territorialmente più ristrette, se più adeguate nel caso alle esigenze del territorio. Queste, tuttavia, devono essere sempre coniugate con le esigenze di coordinamento e di integrazione insite nell’unitarietà di pianificazione del bacino idrografico di rilievo nazionale, nell’ambito della quale deve essere assicurata, magari mediante un apposito organo centrale o pluriregionale, la parità effettiva di intervento di tutti i soggetti istituzionali titolari di interessi giuridicamente rilevanti sul piano costituzionale
Giurisprudenza richiamata:
* sulla necessità di intendere l’art. 10 della Costituzione quale art. 11 della medesima Carta Costituzionale in relazione all’accoglimento dei principi comunitari: Corte Costituzionale, sentenza n. 85 del 1999
* sulla legittimazione delle Province autonome a stare in giudizio, indipendentemente dalla notifica del ricorso, nel caso in cui si discuta di norme di attuazione dello statuto riguardanti attribuzioni costituzionalmente garantite alle stesse Province: Corte Costituzionale, sentenza n. 178 del 1996, ordinanza n. 277 del 1997
* sull’interessamento del territorio della Provincia di Bolzano e non solo di quello di Trento al bacino idrografico del Brenta-Bacchiglione: Corte Costituzionale, sentenza n. 85 del 1990
* sulla legittimazione delle Province autonome a stare in giudizio anche qualora si tratti di azione contro norme di attuazione dello statuto speciale di una sola delle Province: Corte Costituzionale, ordinanza n. 277 del 1997
* sul carattere dei procedimenti, della natura delle funzioni affidate alla Corte costituzionale nel sistema delle garanzie costituzionali e delle differenze esistenti rispetto ai processi aventi ad oggetto conflitti intersubbiettivi di interessi: Corte Costituzionale, sentenza n. 13 del 1960
* sull’estraneità all’ambito tipico ed esclusivo del sindacato costituzionale di una norma di legge statale promosso con ricorso diretto della Regione (o Provincia), quando non vi sia un coinvolgimento di principi o criteri di delega volti a salvaguardare le competenze regionali (o provinciali): Corte Costituzionale, sentenza n. 87 del 1996, sentenza n. 272 del 1988
* sull’impossibilità di inquadrare le norme di attuazione dello statuto speciale nell’istituto della delega legislativa: Corte Costituzionale, sentenza n. 160 del 1985
* sul potere permanente e stabile attribuito dalla norma costituzionale alle norme di attuazione degli statuti speciali: Corte Costituzionale, sentenza n. 212 del 1984, sentenza n. 160 del 1985
* sulla competenza a carattere riservato e separato rispetto a quello delle leggi ordinarie attribuita alle norme di attuazione degli statuti speciali: Corte Costituzionale, sentenza n. 213 del 1998, sentenza n. 137 del 1998, sentenza n. 85 del 1990, sentenza n. 160 del 1985, sentenza n. 212 del 1984, sentenza n. 237 del 1983, sentenza n. 180 del 1980
* sulla prevalenza delle norme di attuazione degli statuti speciali sulle leggi ordinarie, sia pure nell’ambito della loro competenza, e sulla possibilità delle stesse norme di derogarvi negli anzidetti limiti: Corte Costituzionale, sentenza n. 213 del 1998, sentenza n. 212 del 1984, sentenza n. 151 del 1972
* sul contenuto delle norme di attuazione degli statuti regionali ad autonomia speciale, anche in rapporto al limite della corrispondenza alle norme e alla finalità di attuazione dello Statuto nell’ambito dell’autonomia regionale: Corte Costituzionale, sentenza n. 212 del 1984, sentenza n. 20 del 1956
* sul compito insito nelle norme di attuazione di assicurare un collegamento e di coordinare l’organizzazione degli uffici, delle attività e delle funzioni trasferite alla Regione e di quelle rimaste allo Stato: Corte Costituzionale, sentenza n. 213 del 1998, sentenza n. 212 del 1984, sentenza n. 136 del 1969, sentenza n. 30 del 1968
* sull’impossibilità di disconoscere l’assolvimento da parte delle norme di attuazione degli statuti speciali dei compiti di coordinamento e di armonizzazione dei contenuti e degli obiettivi delle autonomie speciali con l’organizzazione dello Stato nell’unità dell’ordinamento giuridico: Corte Costituzionale, sentenza n. 263 del 1997, sentenza n. 412 del 1994
* sulla legittimazione alla promozione dell’azione di legittimità costituzionale contro le norme di attuazione dello statuto speciale da parte della Regione (o Provincia) cui queste si riferiscono qualora la stessa si ritenga lesa nella sfera di competenza ad essa costituzionalmente assegnata: Corte Costituzionale, sentenza n. 2 del 1960