Corte Costituzionale 3 dicembre 2001, n. 412
Giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 28, comma 2, dell’art. 56, commi 1 e 3 del paragrafo 1.1 dell’Allegato 5 del d. lgs. 11 maggio 1999, n. 152 (tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271) e degli artt. 9, 12, 22 e 23, del paragrafo 1.1 dell’Allegato 5, tabelle 3, 3/A e 5 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 258 (disposizioni correttive ed integrative del d. lgs. n. 152/99).
La Provincia autonoma di Trento ha proposto (con due ricorsi successivi, riuniti dalla Corte) questione di legittimità costituzionale dell’art. 56, commi 1 e 3 del d. lgs. n. 152/99, che conferirebbero alle amministrazioni comunali funzioni che invece, a norma dello Statuto di autonomia, spetterebbero alla Provincia stessa; la stessa precisa che la contestazione è formulata in via ipotetica, giacché non è preclusa una interpretazione diversa.
La ricorrente rileva inoltre che, nell’individuare la responsabilità del gestore dell’impianto, la norma statale implicherebbe una organizzazione della gestione dei reflui incompatibile col modello in atto nella Provincia di Trento, in cui il gestore non è titolare né di funzioni autorizzatorie (spettanti ai Comuni), né delle funzioni di controllo degli scarichi di reflui industriali in fognatura (che competono al servizio di protezione ambientale).
Le censure della Provincia autonoma, inoltre, hanno investito i valori tabellari che i depuratori pubblici sono tenuti a rispettare in relazione agli inquinamenti industriali (previsti dal paragrafo 1.1 e dalle tabelle 3, 3/A e 5 dell’Allegato 5, e delle connesse disposizioni dell’art. 28, comma 2 e dell’art. 59, comma 6). La Provincia sottolinea che gli impianti di depurazione pubblici sono idonei a trattare inquinanti propri degli scarichi civili, ma non sono adeguati al trattamento degli inquinanti (es. metalli ed altre sostanze pericolose) provenienti da scarichi industriali: la riduzione di questi ultimi richiede un pre-trattamento, così come disposto dalla norma cee (dir. 91/271). La legislazione statale farebbe invece carico al sistema di depurazione generale anche della depurazione delle sostanze di origine industriale.
Un’ulteriore impugnazione concerne l’art. 22 del d. lgs. n. 258/00 (che aggiunge nuove disposizioni all’art. 56 del d. lgs. n. 152/99), norma che parrebbe istituire una generale competenza del Corpo forestale dello Stato sulla vigilanza in materia di tutela delle acque dall’inquinamento e di danno ambientale, ponendosi in contrasto con le norme di attuazione dello statuto per il TAA che esclude funzioni di vigilanza, polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative da parte dello Stato, per le materia di competenza propria della Regione o delle Province autonome. Anche questa censura è formulata in via ipotetica, poiché la Provincia ricorrente assume che essa verrebbe meno qualora si ritenesse che tale disposizione non sia ad essa applicabile.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, costituitosi in giudizio, ha rilevato come il d. lgs. n. 152/99 sia espressione (per la sua natura riformatrice) di principi fondamentali della legislazione statale, cui le Regioni a statuto speciale, così come le Province ad autonomia differenziata, devono adeguare la propria legislazione. In via più generale, l’Avvocatura dello Stato rileva l’inammissibilità delle censure formulate in via ipotetica, in quanto volte a sottoporre quesiti meramente interpretativi. Tale rilievo è stato contestato dalla Provincia: ancorchè formulata in relazione ad una possibile interpretazione, la censura deve ritenersi ammissibile in un giudizio di legittimità costituzionale in via principale (a differenza del giudizio in via incidentale). L’Avvocatura dello Stato rileva inoltre che le censure inerenti gli aspetti tecnici del sistema di depurazione si risolvono in una censura di illegittimità delle norme comunitarie, di cui può conoscere esclusivamente la Corte di Giustizia.
La Corte costituzionale afferma che le Regioni a statuto speciale e le Province autonome sono tenute ad adeguare la propria legislazione ai principi fondamentali della tutela delle acque dall’inquinamento, contenuti nel d. lgs. n. 152/99; alla luce di ciò, la Corte ritiene che il coinvolgimento delle amministrazioni forestali e del Corpo forestale dello Stato non leda la sfera di attribuzioni provinciali. Con specifico riferimento alle funzioni del gestore, la Corte specifica che pur non avendo questi funzioni autorizzatorie né di controllo, è investito della responsabilità per le acque reflue che affluiscono al depuratore generale, pertanto la particolare responsabilità del gestore prevista in sede statale non può dirsi manifestamente irragionevole o palesemente arbitraria, laddove per cause a lui addebitabili si verifichi che l’acqua reflua in uscita dal suo impianto comporti rischi all’ambiente. La Corte conclude dunque per la inammissibilità o la manifesta infondatezza delle censure formulate dalla Provincia autonoma.