Con riferimento alle controversie relative alla nomina del Commissario Straordinario di un ente pubblico, non è applicabile il riparto di giurisdizione come delineato dall’art. 63 del d.lgs. n. 165/01, perché trattandosi di un ‘rapporto di servizio con attribuzioni di funzioni pubbliche, espressione di incarico conferito con scelta discrezionale di alta amministrazione’, appartiene alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo.
I provvedimenti di conferimento e revoca dell’organo di vertice di un ente pubblico si qualificano come atti di alta amministrazione. Gli organi supremi di direzione della P.A. svolgono una funzione di raccordo tra politica ed amministrazione, e gli atti di conferimento e revoca di tali posizioni ‘ineriscono all’attività amministrativa dell’esecutivo e sono soggetti al regime giuridico degli atti amministrativi, scaturiscono infatti da un procedimento amministrativo’, (sia pur semplificato) e, come tali atti, sono sottoposti al giudicato del G.A. in quanto coinvolgono degli interessi legittimi.
A seguito di un’interpretazione logico sistematica, l’art. 6 della l. n. 145/2002 è applicabile anche ai Commissari Straordinari dell’IRSA, a cui sono conferiti tutti i poteri ordinari e straordinari amministrazione dell’organo che sono preposti a sostituire.
Il potere conferito al Governo con l’art. 6 della l. 145/02 è un potere straordinario, che può essere esercitato ove ‘manchi l’imparzialità ed il rispetto del buon andamento, che comprendono la legittimità e l’opportunità delle scelte in sintonia con gli indirizzi politici del Governo in carica’. Non è dunque un potere legato ad una crisi dell’organo da sostituire o ad incapacità di gestione con riferimento alla responsabilità dirigenziale, perché a ciò attengono i normali poteri di vigilanza e controllo.
Gli artt. 97 e 98 cost. implicano una ‘indipendenza organica, ma una dipendenza funzionale del potere amministrativo dal potere di governo’.
L’attività dell’amministrazione, nell’attuare le scelte fatte dal potere politico, deve essere posta in essere con una indipendenza operativa, che attiene alla scelta dei mezzi in relazione ai fini da realizzare, in modo imparziale e nel rispetto dei doveri inderogabili insiti nelle regole di buon andamento.
Il corretto esercizio della l. 145/02, non comporta un sistematico azzeramento dei vertici politici, non implica una valutazione della fiducia politica, ma piuttosto una valutazione della fiducia tecnica. (Infatti, a seguito dell’adozione del metodo maggioritario, l’alternanza politica è divenuta una realtà concreta, ed è sorto il problema dell’assonanza tra azione di Governo e la concreta realizzazione da parte della P.A.).
La mancata comunicazione di avvio del procedimento di revoca, la carenza d’istruttoria e la mancanza di motivazione implicano la violazione della l. n. 241/90.
Nel caso concreto, sono stati genericamente richiamati i poteri conferiti dall’art. 6 della l. n. 145/02, senza dar conto degli elementi rilevanti emersi in sede istruttoria; manca inoltre qualsiasi indicazione sui presupposti soggettivi indispensabili per legittimare il Governo ad intervenire con le modalità indicate dalla l. n. 145/2002. Di converso l’atto di nomina del nuovo Commissario motiva con ‘persona idonea a ricoprire la suddetta carica’.
L’art. 7, l. n. 241/90 soddisfa in primo luogo l’interesse della P.A. al corretto esercizio dei suoi poteri perché le permette, attraverso l’ausilio dell’interessato, di acquisire e valutare tutti gli elementi in gioco.