Dalla Corte costituzionale uno ‘stop’ ai Parlamenti regionali

12.04.2002

Corte Costituzionale,12 aprile 2002, sent. n.106

Nella sezione Commenti la nota di Nicola Lupo ?Dalla Corte costituzionale uno ?stop? (definitivo?) ai Parlamenti regionali?

È illegittima la dizione lessicale integrativa introdotta dalla Regione Liguria intesa ad estendere anche al Consiglio regionale ligure il nomen Parlamento.

Giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della delibera del Consiglio regionale della Liguria n. 62 del 15 dicembre 2000 recante «Istituzione del Parlamento della Liguria», promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione avverso una delibera del Consiglio regionale della Liguria con cui si è approvata la proposta di istituzione del Parlamento della Liguria, , in riferimento agli articoli 1, 5, 55, 115 (ora abrogato dall?art.9, co.2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 ?Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione?) e 121 della Costituzione. La citata delibera ha previsto, in particolare, che in tutti gli atti dell?assemblea regionale, alla dizione costituzionalmente prevista ?Consiglio regionale della Liguria? sia affiancata la dizione ?Parlamento della Liguria? e che la Commissione statuto tenga di tale denominazione in sede di elaborazione del nuovo statuto regionale .

Il Presidente della Giunta regionale, costituitosi in difesa, denuncia, il difetto di lesività dell?atto impugnato, in considerazione del fatto che la determinazione assunta dal Consiglio regionale, pur avendo un elevato valore simbolico, si risolva in una semplice addizione lessicale alla formula impiegata in Costituzione, senza per questo operare una modifica delle competenze e delle prerogative dell?organo rappresentativo regionale. Il provvedimento non presenta, pertanto, capacità invasiva delle attribuzioni statali.

Secondo la difesa regionale, inoltre, la sovranità è una caratteristica dello Stato complessivamente considerato, mentre la denominazione di Parlamento si riferisce ad assemblee rappresentative espressive di potere popolare, con funzione legislativa nonché di controllo politico sul Governo.

Con riguardo, invece, alla redazione del nuovo statuto, si ritiene che la previsione discussa non abbia contenuto lesivo e sia, quindi, priva di valore giuridico vincolante nei confronti della citata Commissione.

Secondo il ricorrente, invece, il cambiamento di denominazione dell?organo rappresentativo regionale, lede la sfera delle attribuzioni statali.

Il nomen iuris degli organi connota, infatti, tipicamente le funzioni che agli stessi organi sono attribuite e detto principio assume particolare pregnanza in riferimento al nome ?Parlamento?, che identifica l?organo attraverso cui il popolo esprime la propria sovranità partecipando all?esercizio del potere politico.

In tal senso, si deve considerare che, essendo nel nostro sistema costituzionale la ?centralità? delle assemblee parlamentari molto forte, le Camere sono senza dubbio gli organi costituzionali nei quali la volontà popolare si esprime in modo più immediato ed efficace. Ciò preclude l?impiego della denominazione ?Parlamento? per organi della Regione, rappresentativi di poteri di autonomia e non di poteri sovrani.

Il ricorrente denuncia, inoltre, l?illegittimità della parte di provvedimento che delibera l?assunzione dei principi contenuti nelle premesse come linee di indirizzo da trasmettere alla Commissione speciale per lo Statuto e per la legge elettorale, affinché questa proceda agli adempimenti connessi all?elaborazione del nuovo Statuto regionale. In tal modo, infatti, si preannuncia l?approvazione di uno statuto atto a rivendicare alla Regione ambiti di potere sovrano, il che determinerebbe senza dubbio la lesione delle prerogative statali.

A riguardo, la Corte evidenzia come, mentre l?Avvocatura dello Stato insiste sulla distinzione-contrapposizione che esiste tra sovranità popolare (di cui il solo Parlamento è espressione) e autonomia, la difesa regionale si richiama alla posizione di equiordinazione che ormai sussiste tra Parlamento e Consigli regionali, ritenendo che questi ultimi possano, per analogia, assumere il nome Parlamento.

A quest?ultimo orientamento la Corte risponde, in particolare, affermando sia che il legame Parlamento-sovranità popolare non descriva i termini di una relazione di identità, sia che l?art.1 Cost., laddove stabilisce che la sovranità ?appartiene? al popolo, non ammette che le forme e i modi nei quali la stessa può svolgersi si risolvano nella rappresentanza. Al contrario, questi assumono una configurazione ampia al punto da comprendere al suo interno il riconoscimento e la garanzia delle autonomie territoriali. Ma ciò non vuol dire che il principio di sovranità popolare possa da solo essere in grado di fondare l?attribuzione costituzionale all?uso esclusivo della denominazione ?Parlamento?.

Similmente, la Corte non ammette l?ipotesi che la sostanziale parificazione di funzioni, nei rispettivi ambiti di competenza, tra Consiglio regionale e Parlamento renda legittima l?estensione del nome tra i due soggetti. In tal senso, si osserva come la Costituzione abbia espressamente inteso delimitare uno spazio giuridico laddove attribuisce alle sole Camere il nome Parlamento, definendo, invece, il Consiglio regionale quale titolare della funzione legislativa regionale (art.121). Gli organi direttivi della Regione non sono, dunque, entità nuove, nate negli ordinamenti regionali in virtù delle modifiche introdotte nel Titolo V della Costituzione.

La Corte ribadisce, inoltre, che, poiché il nome Parlamento non ha un valore puramente lessicale ma, al contrario, possiede una sua valenza qualificativa, non è possibile circoscrivere tale termine in ambiti territorialmente più ristretti di quelli afferenti alla funzione di rappresentanza nazionale che solo il Parlamento può esprimere.

Per le motivazioni espresse, la Corte ha giudicato illegittima la dizione lessicale introdotta dalla Regione Liguria, accogliendo il ricorso ed annullando la delibera impugnata, anche con riguardo alla seconda parte, con cui si sono lese specifiche attribuzioni statali.

a cura di Francesca Di Lascio