Corte Costituzionale, 8-12 luglio 2002, ord. n. 340
Dalla decisione del legislatore di lasciare immutata la previsione dell’art.45 del D.Lgs. n.80 del 1998, per cui “le controversie di cui agli artt. 33 e 34 del presente decreto sono devolute al giudice amministrativo a partire dal 1° luglio 1998”, la Corte deduce la possibilità di far salvo il riparto di giurisdizione previsto dagli artt. 33, 34 e 35 del D.Lgs. n.80 del 1998 anche per i giudizi successivi al 1° luglio 1998 ed antecedenti alla legge n.205 del 2000.
Giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 34 e dell’articolo 35, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.80, promossi con ordinanze dal Tribunale di Firenze e dalla Corte di Cassazione
La Corte costituzionale con la sentenza in esame si pronuncia nel giudizio promosso dal Tribunale di Firenze e dalle Sezioni Unite della Cassazione sulla legittimità costituzionale dell’art.34 e 35, comma 1 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.80, nel testo originario, previgente alla modifica disposta dall’art.7 della legge n.205 del 2000. Il Tribunale di Firenze, sollevato ricorso avverso l’originario art.34 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.80, sostiene che la norma impugnata violerebbe – per eccesso di delega rispetto all’art. 11, comma 4 della legge n.59 del 1997 – l’art.76 della Costituzione, nella parte in cui sottrae alla giurisdizione del giudice ordinario e devolve alla giurisdizione del giudice amministrativo “le cause su diritti soggettivi connessi a comportamenti materiali della pubblica amministrazione in procedure espropriative finalizzate alla gestione del territorio”. Il ricorrente specifica che la questione è rilevante per consentire la prosecuzione del giudizio a quo, fondato proprio sulla competenza di cui all’art.34: solo una dichiarazione d’incostituzionalità del testo originario dell’art.34 lascerebbe il giudizio alla giurisdizione del giudice ordinario, che altrimenti dovrebbe essere declinata al giudice amministrativo. Secondo il ricorrente, il legislatore delegato avrebbe dovuto, in materia urbanistica ed edilizia, limitarsi ad estendere la giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ma non anche la cognizione delle controversie su diritti soggettivi traenti origine da “fatti e comportamenti”. Analoghi rilievi vengono presentati dal ricorrente in relazione ad un secondo giudizio a quo.
Anche le sezioni Unite civili della Corte di Cassazione hanno sollevato ricorso avverso l’art.34, commi 1 e 2 e 35, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.80, nella versione anteriore dalla sostituzione operata dall’art.7 della legge n.205 del 2000, per violazione dei limiti della delega di cui all’art.11, comma 4, lett. g) della legge n.59 del 1997. Ad avviso della ricorrente, l’illegittimità delle norme impugnate si desumerebbe dalla sentenza della Corte Costituzionale n.292 del 2000, che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art.33 del D.Lgs. n.80 del 1998: analogamente all’art.33, infatti, anche l’art.34, anziché limitarsi ad estendere la giurisdizione amministrativa sui diritti patrimoniali consequenziali, al comma 1 ha creato una nuova giurisdizione esclusiva nelle materie dell’urbanistica e dell’edilizia e al comma 2 ha fornito una definizione amplissima di urbanistica estesa a tutti gli aspetti dell’uso del territorio. La ricorrente osserva inoltre come l’art.7 della legge n.205 del 2000, non avendo efficacia retroattiva – in difetto di esplicita previsione in tal senso -, non può applicarsi ai giudizi instaurati prima della sua entrata in vigore, tra i quali rientra il giudizio a quo.
Le motivazioni dei due ricorrenti sono pertanto fondate l’una (Tribunale di Firenze) sull’art. 5 del codice di procedura civile, per cui la sostituzione di regolazione disposta dalla legge n.205 del 2000 rappresenta una modifica della legge regolatrice della giurisdizione successiva alla proposizione della domanda e per questo motivo ininfluente ai fini del regolamento della giurisdizione stessa; l’altra argomentazione (Corte di Cassazione) ritiene invece determinante nella questione sollevata l’irretroattività della legge n.205 del 2000.
La Corte Costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità della questione per insufficiente motivazione: ad avviso della corte, i rimettenti non hanno infatti preso in considerazione la praticabilità dell’ipotesi interpretativa già menzionata nell’ordinanza n.123 del 2000 per cui l’art.7 della legge n.205 del 2000, sostituendo gli artt.33, 34 e 35 del D.Lgs. n.80 del 1998, non solo avrebbe inteso affrancarli dal vizio di eccesso di delega rilevato dalla Corte medesima nella sentenze n. 292 del 2000 in relazione all’art.33, ma avrebbe anche voluto disciplinare direttamente la giurisdizione per i giudizi innanzi indicati (così derogando all’art.5 del codice di procedura civile). Tale interpretazione sarebbe fondata sulla decisione del legislatore di lasciare immutata la previsione dell’art.45 del D.Lgs. n.80 del 1998, per cui “le controversie di cui agli artt. 33 e 34 del presente decreto sono devolute al giudice amministrativo a partire dal 1° luglio 1998”. Alla luce di tale ricostruzione, la giurisdizione dei giudizi a quibus verrebbe ad essere regolata dall’art.34 nel nuovo testo, che, avendo forza di legge formale, non può essere impugnato per eccesso di delega (ordinanza n.123 del 2002).
Giurisprudenza richiamata:
– sull’illegittimità costituzionale dell’art.33 del D.lgs. n.80 del 1998 per eccesso di delega: Corte Costituzionale, sent. n.292 del 2000;
– sull’interpretazione dell’art.7 della legge n.205 del 2000 come norma volta a disciplinare direttamente i giudizi instaurati prima dell’entrata in vigore della legge medesima (a decorrere dal 1° luglio 1998): Corte Costituzionale, ordinanza n.123 del 2002; Corte di Cassazione, sent. n.149 del 2001
– sull’inammissibilità di una questione volta a sollevare l’illegittimità costituzionale per eccesso di delega dell’art.34 del D.Lgs. n.1998 nel nuovo testo, norma contenuta in una legge formale: Corte Costituzionale, ordinanza n.123 del 2002