E’ lecito l’intervento dello Stato con regolamenti di delegificazione “cedevoli” nelle materie di competenza regionale

23.07.2002

Corte Costituzionale, 23 luglio 2002, sentenza n.376

In virtù del principio di continuità ed in attesa che sia attuata la previsione del nuovo art.117, comma 6 Cost., è legittimo che il Governo intervenga con regolamenti di delegificazione “cedevoli” nelle materie di competenza regionale. E’ altresì legittima la previsione dell’art.27-bis del d.lgs. 112/98, che qualifica come “attività istruttoria” le misure organizzative adottate nell’ambito del “procedimento semplificato”.

Giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1, 2, 3 e 4, lettera a, e 6 della legge 24 novembre 2000, n.340 (Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999), promossi con ricorsi della Regione Liguria e della Regione Emilia-Romagna.

La Regione Liguria e la Regione Emilia-Romagna hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale di alcune disposizioni, parzialmente coincidenti, della legge 24 novembre 2000, n.340, che intervengono sul rapporto intercorrente tra regolamenti delegati di semplificazione e competenze normative regionali, riconosciute e garantite dall’art.117 Cost. Una seconda censura, sollevata solo dalla Regione Liguria, riguarda invece l’art.27 bis del D.lgs. n.112 del 1998, nella parte in cui qualifica come “atti istruttori” gli atti ed i provvedimenti dei diversi enti coinvolti nel cosiddetto “procedimento semplificato”, al fine indiretto di attribuire al Comune una competenza sostanziale nell’esercizio delle funzioni relative agli insediamenti produttivi.
In relazione alla prima censura, l’art.1, comma 4, lettera a della legge 340/00 ha sostituito l’art.20, comma 2 della legge n.59 del 1997, prevedendo che, nelle materie di cui all’art.117, i regolamenti di delegificazione trovino applicazione solo fino a quando la Regione non provveda a disciplinare autonomamente la materia medesima, ferma restando la potestà di Regioni ed enti locali di disciplinare l’organizzazione e lo svolgimento delle funzioni rispettivamente conferite, esplicitamente prevista dall’art.2, comma 2 della legge 59/97 e dall’art.7 del t.u. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali. Entrambe le ricorrenti sostengono che la previsione relativa all’emanazione di regolamenti di delegificazione su materie e procedimenti di competenza regionale è anticostituzionale, dal momento che la disciplina dei procedimenti afferenti alle materie di competenza regionale spetta esclusivamente alle Regioni, con i soli limiti dei principi fondamentali che si traggono dalle leggi statali o dagli atti del Governo aventi valore di legge, ma non dai regolamenti governativi (fanno ovviamente eccezione i casi di attuazione della normativa comunitaria). Nello specifico, la norma impugnata, consentendo ai regolamenti statali di dettare norme – ancorché cedevoli nei confronti delle leggi regionali sopravvenute – sui procedimenti regionali violerebbe gli artt. 117 e 118 della Costituzione, prevalendo sulle leggi regionali preesistenti.
La Regione Emilia-Romagna, in particolare, richiama la sent. della Corte Costituzionale n.408 del 1998, che esclude che con legislazione statale si preveda l’ingresso dei regolamenti delegati nella disciplina delle materie di competenza regionale, come invece sembra fare la norma impugnata.
In seguito all’approvazione della legge costituzionale n.3 del 2001, entrambe le ricorrenti hanno presentato memorie scritte, per confermare che anche in seguito alla riforma costituzionale permane l’interesse del contendere. In tale sede, la Regione Emilia Romagna ha specificato che la delegificazione della disciplina regionale dei procedimenti non può costituire “interesse nazionale”, dal momento che la scelta della fonte deve essere rimessa alla Regione.
In relazione alla seconda censura, la Regione Liguria osserva come la previsione delll’art.27-bis del D.lgs. n.112 del 1998 – alterando la normativa statale in materia di sportello unico delle imprese e quella regionale di attuazione che si limitavano a prevedere un modello procedimentale unico – “degradi” ad atti istruttori gli atti ed i provvedimenti dei diversi enti coinvolti nel procedimento semplificato, venendo così a concentrare in un unico ente (lo “sportello unico”) l’intera potestà autorizzativa. La norma impugnata contrasterebbe pertanto con gli artt. 70-71-72 Cost. per gli aspetti relativi alla formazione delle leggi, con gli artt. 5-128 e 129 in materia di autonomia degli enti locali, con gli artt. 117-118 e 119 per le competenze legislative ed amministrative delle Regioni, con l’art.81 perché priva di copertura finanziaria ed ancora con i principi di certezza del diritto, di chiarezza della normativa e di legalità e buon andamento della pubblica amministrazione.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, costituitosi in difesa, chiede che la prima questione sia dichiarata non fondata e che la seconda censura sia dichiarata inammissibile e comunque non fondata. In relazione alla prima cesura, la difesa osserva che la delegificazione è rivolta ad assicurare un miglior funzionamento del nostro ordinamento e che le leggi per la delegificazione devono essere considerate leggi di principio. I regolamenti governativi, di cui è stato più volte ribadito il carattere “cedevole”, devono inoltre essere intesi non come strumenti volti a comprimere l’autonomia normativa delle regioni, ma come elemento di realizzazione della leale cooperazione. In relazione alla seconda censura, la difesa osserva che la norma impugnata si limita a porre una regola che garantisce il coordinamento dei tempi delle attività endoprocedimentali con il termine per la conclusione del procedimento.
La Corte Costituzionale, sentite le parti, ha innanzitutto specificato che la causa deve essere decisa con riferimento alle disposizioni costituzionali vigenti al momento della proposizione del ricorso, senza pertanto porsi il problema della compatibilità delle norme in esame con le nuove disposizioni introdotte dalla legge costituzionale n. 3 del 2001.
La corte giudica quindi infondata la questione, così delimitata: pur ammettendo che, nel vecchio sistema dell’art.117 Cost., ai regolamenti statali fosse di norma precluso l’intervento nella materie attribuite alle Regioni (come risultava anche dall’art.17 della legge 400 del 1998), la Corte ricorda infatti come in molte materie di potestà concorrente l’inerzia del legislatore regionale abbia consentito a numerose leggi statali previgenti di continuare a spiegare efficacia, non solo come norme di principio, ma anche come disciplina di dettaglio cedevole. La Corte richiama inoltre la sentenza n.214 del 1985, che ha ammesso che la legge statale, intervenendo a modificare i principi di disciplina in una materia di potestà concorrente, possa altresì recare una disciplina di dettaglio immediatamente operativa, sebbene destinata a decadere al sopraggiungere di una legislazione regionale conforme ai nuovi principi. Per dare attuazione a leggi statali o a norme comunitarie, in alcuni casi (sent. 226 del 1986; sent. 165 del 1989; sent. 378 del 1995; sent. 425 del 1999; sent. 507 del 2000; ord. 106 del 2001), la Corte ha addirittura ammesso la possibilità di intervenire – in mancanza di legislazione regionale – con norme regolamentari cedevoli.
Attraverso queste considerazioni, la Corte spiega perché la delegificazione prevista nell’art.20 della legge 59 del 1997, pur limitata alla legislazione statale preesistente, riguardi inevitabilmente anche leggi statali operanti – in assenza di legislazione regionale – in materie di competenza concorrente, che verrebbero ora ad essere disciplinate con regolamenti governativi di natura “cedevole”. L’obiezione della Regione Emilia Romagna per cui l’emanazione di regolamenti statali di delegificazione anche nelle materie di competenza regionale determinerebbe un’abrogazione delle leggi regionali pre-esistenti corrisponde, pertanto, a detta della Corte, ad una lettura erronea della norma impugnata. I regolamenti statali di delegificazione eventualmente riguardanti materie di competenza concorrente non possono infatti avere alcun effetto abrogativo nei confronti della legislazione regionale preesistente, né possono rappresentare un vincolo per la futura legislazione regionale. A questo riguardo, la Corte aggiunge che la delegificazione tende piuttosto ad introdurre un elemento di chiarezza, dal momento che nelle norme regolamentari vengono ad essere raccolte esclusivamente le norme di dettaglio cedevoli operanti nelle materie di competenza regionale, non potendosi avere disposizioni di principio in fonti di grado non primario.
In relazione alla seconda censura, la Corte osserva come gli artt. da 23 a 27 del D.Lgs. n.112 del 1998 siano finalizzati a concentrare in un’unica struttura (lo “sportello unico” istituito presso il Comune) la responsabilità dell’unico procedimento previsto per il rilascio dei procedimenti abilitativi necessari per la realizzazione di nuovi insediamenti produttivi. Tale sistema rappresenta una sorta di “procedimento dei procedimenti”, in cui confluiscono e si coordinano tutti gli atti e gli adempimenti dei vari enti coinvolti, con la conseguenza che, quelli che erano in precedenza autonomi provvedimenti, vengono ad ora a configurare “atti istruttori”. La semplificazione procedurale prevista nel d.lgs. n.112 del 1998 non fa tuttavia venir meno le distinte competenze e responsabilità delle amministrazioni a vario titolo coinvolte. In secondo luogo, lo specifico funzionamento del “procedimento semplificato” deriva dagli artt. 23-27 del d.lgs. n.112/98 sullo sportello unico, non certo dal successivo art.27 bis, che persegue il ben più limitato obiettivo di coordinare l’attività delle varie amministrazioni coinvolte, impegnandole ad adottare, nella propria autonomia, le misure organizzative necessarie per svolgere nel modo più rapido possibile le attività loro assegnate.
La Corte conclude quindi per la non fondatezza delle due questioni di costituzionalità sollevate dalle ricorrenti.

Giurisprudenza richiamata:
– sulla possibilità che con legge statale, intervenendo a modificare i principi di disciplina in una materia di potestà concorrente, si provveda a dettare una normativa di dettaglio immediatamente operativa, anche se cedevole: Corte Costituzionale, sent. n.214 del 1985
– sulla possibilità di intervenire – in mancanza di legislazione regionale – con norme regolamentari cedevoli, per dare attuazione a leggi statali o a norme comunitarie: Corte costituzionale, sent. 226 del 1986; sent. 165 del 1989; sent. 378 del 1995; sent. 425 del 1999; sent. 507 del 2000; ord. 106 del 2001

a cura di Elena Griglio