Dirigenza pubblica – recesso dal rapporto di lavoro – inapplicabilità art. 2118 c.c. – applicazione dell’art. 51, comma 2, d.lgs. n. 165/01.

01.02.2007

La disciplina della dirigenza privata non è sovrapponibile a quella della dirigenza pubblica. La disposizioni legislative riguardanti il rapporto dirigenziale del dirigente pubblico sono differenti rispetto alla disciplina privatistica, sia nella fase costitutiva, che in quella patologica.
Con riferimento alla fase costitutiva, nel settore pubblico esiste una “scissione, ignota al diritto privato, fra l’acquisto della qualifica di dirigente ed il successivo conferimento delle funzioni dirigenziali a tempo”.
Con riferimento alla fase patologica, “mentre nel rapporto dirigenziale privato vale il principio della recedibilità ad nutum ex art. 2118 c.c., nel pubblico impiego, il mancato raggiungimento degli obiettivi o l’inosservanza delle direttive non comporta la possibilità di risoluzione ad nutum dal rapporto”, ma “l’applicazione di sanzioni attinenti al solo incarico dirigenziale, di per sé fungibile e sottratto alla rigidità dell’art. 2103 c.c., dunque, a seconda della gravità del caso: l’impossibilità di rinnovo dell’incarico, la revoca dello stesso”. Il rapporto fondamentale di lavoro permane stabile e solo le mancanze più gravi possono portare a recedere dal rapporto di lavoro stesso e, con esso, all’incarico sovrastante (art. 21, d.lgs. n. 165/01 come sostituito dalla l. n. 145/02).

La diversità della disciplina del recesso nel rapporto dirigenziale privato e pubblico è confermata dalla Corte Costituzionale (Corte cost. n. 313 del 1996), che ha stabilito che “l’applicabilità al rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici delle disposizioni previste dal codice civile comporta non già che la pubblica amministrazione possa liberamente recedere dal rapporto stesso ma semplicemente che la valutazione dell’idoneità professionale del dirigente è affidata a criteri e procedure di carattere oggettivo assistite da un’ampia pubblicità e dalla garanzia del contraddittorio a conclusione delle quali soltanto può essere esercitato il recesso”.

La disciplina del recesso dal rapporto di lavoro dei dirigenti pubblici “non è dunque quella dell’art. 2118 c.c., propria dei dirigenti privati, ma segue i canoni del rapporto di lavoro dei dipendenti privati con qualifica impiegatizia, in coerenza con la tradizionale stabilità del rapporto di pubblico impiego”.

Il Collegio ritiene che l’estensione operata dall’art. 51, comma 2, d.lgs. n. 165/01, che prevede che “la legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti”, si applica anche al rapporto fondamentale di lavoro dei dirigenti pubblici. Le conseguenze del recesso illegittimo sono dunque di carattere reintegratorio e non risarcitorio, proprio in ragione “dell’assimilazione ad opera dell’art. 21, d.lgs. n. 165/01 del rapporto fondamentalmente stabile dei dipendenti pubblici con attitudine dirigenziale al rapporto di lavoro della categoria impiegatizia”.

(Nel caso in esame la Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto dal dott. X in cui si deduceva la violazione e falsa applicazione degli artt. 19-23 e 51 del d.lgs. n. 165/01, artt. 13, 25 e 28 CCNL 1998-2001 area I dirigenza; art 15 del CCNL 1997-98; in particolare affermando che dalla dichiarazione di illegittimità del licenziamento (intervenuto dopo la scadenza del periodo di prova, in contrasto con l’art. 15 CCNL 1997 –1998 e richiamato dall’art. 25 del vigente CCNL) doveva intervenire l’obbligo per l’amministrazione di reintegrazione in servizio ex art. 51, d.lgs. n. 165/01. La Corte da Cassazione ha rimesso gli atti alla Corte d’Appello di Genova che dovrà decidere sulla causa attenendosi al seguente principio di diritto: “la illegittimità del recesso dal rapporto di lavoro di una pubblica amministrazione con un dirigente delle stessa comporta l’applicazione al rapporto fondamentale sottostante della disciplina dell’art. 18, l. n. 300/70 a norma dell’art. 51, comma 2, d.lgs. n. 165/01, mentre alla disciplina dell’incarico dirigenziale si applica la disciplina del rapporto di lavoro a termine sua propria”).

http://www.cortedicassazione.it/Documenti/2233.pdf

a cura di Daniela Bolognino