La Corte Costituzionale si pronuncia sulla legittimità costituzionale di alcune disposizioni legislative della Regione Lazio e della Regione Sicilia in materia di regime della dirigenza nelle aziende sanitarie locali e nelle aziende ospedaliere.

23.03.2007

Di fronte alla Corte Costituzionale vengono promossi i giudizi di legittimità costituzionale di alcune disposizioni legislative della Regione Lazio e della Regione Sicilia in materia di regime della dirigenza nelle aziende sanitarie locali e nelle aziende ospedaliere, nonché nell’amministrazione e negli enti regionali, in particolare:

a) del combinato disposto dell’art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio) e dell’art. 71, commi 1, 3 e 4, lett. a), della legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005, n. 9 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio finanziario 2005), promosso dal Consiglio di Stato, con sei ordinanze del 19 ottobre 2005;

b) del combinato disposto dell’art. 53, comma 2, e/o dell’art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1, e dell’art. 71, commi 1, 3 e 4, lett. a), della legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005, n. 9, promosso dal Consiglio di Stato, con ordinanza del 7 febbraio 2006;

c) dell’art. 43, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 28 aprile 2006, n. 4, recante «Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2006 (art. 11, legge regionale 20 novembre 2001, n. 25)», promosso dal TAR del Lazio con ordinanza del 3 luglio 2006;

d) dell’art. 96 della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), promosso dal Tribunale di Palermo con ordinanza del 19 ottobre 2004.

Nello specifico:
– con riferimento alla questione di legittimità di cui alla lettera a):

Il Consiglio di Stato ha sollevato, con sei ordinanze (r.o. nn. da 9 a 14 del 2006), questione di legittimità costituzionale del «combinato disposto» dell’articolo 71, commi 1, 3 e 4, lettera a), della legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005, n. 9 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2005), e dell’articolo 55, comma 4, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio), in riferimento agli articoli 97, 32, 117, terzo comma, ultimo periodo, e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
L’art. 71 della legge regionale n. 9 del 2005, nel disporre che l’art. 55 dello statuto regionale si applichi, «in deroga alle disposizioni contenute nelle specifiche leggi vigenti in materia», «a decorrere dal primo rinnovo, successivo alla data di entrata in vigore dello statuto, degli organi di riferimento della Regione», ricollegherebbe la cessazione dalla carica al rinnovo del Consiglio regionale, «con l’evidente finalità di consentire alle forze politiche di cui è espressione il nuovo Consiglio di sostituire i preposti agli organi istituzionali». Ne discenderebbe «una cesura nella continuità dell’azione amministrativa esplicata dal titolare della carica, non in dipendenza di una valutazione della qualità di questa azione, ma di un evento oggettivo, qual è l’insediamento del nuovo Consiglio all’esito della consultazione elettorale», onde la norma regionale contrasterebbe con i principi costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità dettati dall’art. 97 Cost. Inoltre, l’art. 55, comma 4, dello statuto regionale, per il modo in cui è stato attuato dall’art. 71 della legge regionale n. 9 del 2005, sarebbe comunque suscettibile di incidere, in mancanza di ogni «vaglio di rendimento (in proposito Corte cost. 16 maggio 2002 n. 193), su quella stabilità ed autonomia che consente al dirigente di improntare il suo operato al rispetto dei richiamati principi».
La norma violerebbe inoltre:
– i fondamentali obiettivi posti dall’art. 32 Cost , in quanto l’attività del direttore generale di azienda sanitaria locale si svolge nel settore della sanità e della tutela della salute;
– il principio fondamentale della materia «tutela della salute» e contrasterebbero con l’art. 117, terzo comma, Cost. In particolare, dalla legislazione statale sarebbe ricavabile il principio fondamentale secondo cui al rapporto di lavoro dei direttori generali delle Asl deve essere garantita una stabilità ed autonomia in misura «rimessa alla valutazione discrezionale del legislatore regionale, ma comunque congrua per l’esercizio, da parte di tali funzionari, delle loro specifiche attribuzioni secondo i canoni […] di adeguatezza dell’azione amministrativa all’art. 97 Cost.». La menzionata normativa regionale, invece, introdurrebbe una condizione di precarietà di quel rapporto;
– l’art. 117, comma 2, lett. l), Cost., in quanto la previsione della decadenza dalla carica esulerebbe dalla competenza legislativa regionale, «in quanto, incidendo sulla disciplina del sottostante rapporto di lavoro, di cui determina la cessazione, si esplica in realtà nella materia dell’“ordinamento civile”, affidata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato».

– Con riferimento alla questione di legittimità di cui alla lettera b):

Il Consiglio di Stato (r.o. n. 237 del 2006) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 53, comma 2, «e/o» dell’art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio n. 1 del 2004 (Nuovo Statuto della Regione Lazio) e dell’art. 71, commi 1, 3 e 4, della legge della Regione Lazio n. 9 del 2005, per contrasto con gli artt. 97, 117, terzo comma, ultimo periodo, e 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Secondo la legge regionale 6 ottobre 1998, n. 45 (Istituzione dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio-Arpa), l’Arpa è un ente pubblico dipendente dalla Regione, dunque alla stessa si applicano sia l’art. 55 dello statuto, sia l’art. 71 della legge regionale n. 9 del 2005. La normativa regionale in questione appare sospetta di incostituzionalità in quanto dalla legge regionale istitutiva dell’Arpa (art. 5, comma 6, legge n. 45 del 1998) “sarebbe ricavabile un «principio fondamentale della materia secondo il quale al rapporto del direttore generale deve essere garantita una stabilità ed autonomia in misura congrua per l’esercizio delle sue specifiche attribuzioni, secondo i canoni di adeguatezza dell’azione amministrativa all’art. 97 Cost.». La normativa regionale, invece, avrebbe introdotto in quel rapporto una condizione di precarietà”.
Inoltre “la previsione della decadenza dalla carica esulerebbe dalla competenza legislativa regionale, in quanto, incidendo sulla disciplina del sottostante rapporto di lavoro di cui determina la cessazione, si esplicherebbe nella materia dell’«ordinamento civile», che l’art. 117, secondo comma, lett. l), Cost. affida alla potestà legislativa esclusiva dello Stato”.

– Con riferimento alla questione di legittimità di cui alla lettera c):
Il Tar del Lazio ha sollevato (r.o. n. 431 del 2006) questione di legittimità costituzionale dell’art. 43, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 28 aprile 2006, n. 4, recante «Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2006 (art. 11, legge regionale 20 novembre 2001, n. 25)», in relazione agli articoli 3, primo comma, e 97 Cost..
L’art. 43 della legge regionale n. 4 del 2006 prevede che «nelle more dell’adeguamento della legge regionale 6 ottobre 1998, n. 45 e successive modifiche, ai fini del riassetto organizzativo dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio (Arpa), quale ente strumentale della Regione, e di una maggiore razionalizzazione funzionale della stessa, in coerenza con i principi statutari, è soppresso l’organo di amministrazione previsto dalla citata legge, costituito dal direttore generale e dai due vicedirettori» (comma 1); «il Presidente della Regione nomina, con criterio fiduciario, un commissario straordinario e due subcommissari che lo coadiuvano nelle funzioni già di competenza dell’organo di cui al comma 1, ivi comprese quelle concernenti il conferimento degli incarichi di direttore tecnico, di direttore amministrativo e di direttore di ciascuna delle sezioni provinciali dell’Arpa» (comma 2).
La normativa in questione contrasterebbe con i principi costituzionali di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione. Nel caso di specie, “la disposizione si rivela complessivamente irragionevole e arbitraria, poiché, mentre per un verso sopprime l’organo di amministrazione dell’ente (direttore generale e vice direttori), per altro verso prevede la nomina di un organo straordinario chiamato ad esercitare le medesime competenze funzionali dell’organo soppresso. Donde la violazione del canone di coerenza delle misure organizzative delle pubbliche amministrazioni con il principio del buon andamento di cui all’art. 97 Cost., nonché il carattere di legge-provvedimento della citata disposizione, in violazione dell’art. 3 Cost”.

– Con riferimento alla questione di legittimità di cui alla lettera d):
Il Tribunale di Palermo ha sollevato (r.o. n. 589 del 2005) questione di legittimità costituzionale dell’art. 96 della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), nella parte in cui prevede che «gli incarichi di cui ai commi 5 e 6 già conferiti con contratto possono essere revocati, modificati e rinnovati entro novanta giorni dall’insediamento del dirigente generale nella struttura cui lo stesso è preposto», con riferimento agli artt. 14 dello statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) e 97, primo comma, Cost.
L’art. 96 della legge regionale n. 2 del 2002, nel modificare l’art. 9 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10 stabilisce che gli incarichi dirigenziali, diversi da quelli di dirigente generale, «già conferiti con contratto possono essere revocati, modificati e rinnovati entro novanta giorni dall’insediamento del dirigente generale nella struttura cui lo stesso è preposto», ritenendosi altrimenti confermati fino alla loro «materiale scadenza», e precisando che tale disposizione costituisce «norma non derogabile dai contratti o accordi collettivi, anche se già sottoscritti».
Il Tribunale rileva che “l’art. 96 della legge regionale n. 2 del 2002, introducendo il meccanismo del cosiddetto spoils system anche per i livelli dirigenziali inferiori a quello di dirigente generale, non sembra coerente con la previsione di cui all’art. 19, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), sia nel testo originario, sia in quello successivo alla modifica apportata dall’art. 3, comma 1, lett. i), della legge 15 luglio 2002, n. 145, che pure costituisce «norma fondamentale di riforma economico-sociale» (art. 1, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001), alla cui osservanza la Regione Siciliana è tenuta nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva in materia di «stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione» (art. 14, lett. q, dello statuto)”.
Inoltre afferma che “la rilevata incoerenza assume particolare significato a seguito della cosiddetta privatizzazione del pubblico impiego, configurando un intervento legislativo regionale in materia di rapporti interprivati (argomento ex art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001) che la giurisprudenza costituzionale ha costantemente escluso anche per le Regioni ad autonomia speciale”.
La norma comporta la “«precarizzazione» degli incarichi dei dirigenti di seconda e terza fascia, atteso che, ad ogni «rotazione» dei dirigenti generali, viene a riaprirsi il termine di novanta giorni entro cui possono essere modificati o revocati gli incarichi dei dirigenti minori; il tutto, con possibili pregiudizi per il buon andamento della pubblica amministrazione”.
Infine, “il metodo del cosiddetto spoils system, se pure può trovare giustificazione per il grado apicale della dirigenza, non appare coerente con il principio di imparzialità dell’azione amministrativa allorché lo si voglia applicare alla più vasta area della dirigenza di seconda e terza fascia, i cui compiti non sono strettamente connessi all’indirizzo politico e per la quale, al contrario, il ricorso a criteri di selezione che privilegino, sia pure indirettamente, la lealtà politica potrebbe mettere capo a pratiche lottizzatorie, in contrasto con l’obiettivo della separazione fra indirizzo politico e gestione amministrativa, che ispira la riforma della dirigenza contenuta nel decreto legislativo n. 165 del 2001”.

La Corte Costituzionale:
a) dichiara l’illegittimità costituzionale del «combinato disposto» dell’articolo 71, commi 1, 3 e 4, lettera a), della legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005, n. 9 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2005), e dell’articolo 55, comma 4, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio), nella parte in cui prevede che i direttori generali delle Asl decadono dalla carica il novantesimo giorno successivo alla prima seduta del Consiglio regionale, salvo conferma con le stesse modalità previste per la nomina; che tale decadenza opera a decorrere dal primo rinnovo, successivo alla data di entrata in vigore dello Statuto; che la durata dei contratti dei direttori generali delle Asl viene adeguata di diritto al termine di decadenza dall’incarico;

b) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 53, comma 2, «e/o» dell’art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio n. 1 del 2004 e dell’art. 71, commi 1, 3 e 4, della legge della Regione Lazio n. 9 del 2005, sollevata, con riferimento agli artt. 97, 117, terzo comma, ultimo periodo, e 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal Consiglio di Stato con l’ordinanza (r.o. n. 237 del 2006);

c) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 43, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 28 aprile 2006, n. 4, recante «Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2006 (art. 11, legge regionale 20 novembre 2001, n. 25)», sollevata, con riferimento agli articoli 3, primo comma, e 97 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con l’ordinanza (r.o. n. 431 del 2006);

d) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 96 della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), nella parte in cui prevede che gli incarichi di cui ai commi 5 e 6 già conferiti con contratto possono essere revocati entro novanta giorni dall’insediamento del dirigente generale nella struttura cui lo stesso è preposto.

Si concentrerà l’attenzione sulle argomentazioni fornite dalla Corte Costituzionale in merito alle due dichiarazioni di illegittimità costituzionale a) e d).

a) Con riferimento al combinato disposto dell’art. 71, commi 1, 3 e 4, lettera a), della legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005, n. 9 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2005), e dell’articolo 55, comma 4, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio), la Corte Costituzionale ha stabilito che:
– “Il direttore generale di Asl è una figura tecnico-professionale che ha il compito di perseguire, nell’adempimento di un’obbligazione di risultato (oggetto di un contratto di lavoro autonomo), gli obiettivi gestionali e operativi definiti dal piano sanitario regionale (a sua volta elaborato in armonia con il piano sanitario nazionale), dagli indirizzi della Giunta, dal provvedimento di nomina e dal contratto di lavoro con l’amministrazione regionale”.
La previsione legislativa di decadenza automatica del direttore generale Asl allo scadere del novantesimo giorno dall’insediamento del Consiglio regionale prevista dalla legge della regione Lazio non è giustificata da un rapporto istituzionale diretto e immediato fra organo politico e direttori generali. “Nell’assetto organizzativo regionale vi sono una molteplicità di livelli intermedi lungo la linea di collegamento che unisce l’organo politico ai direttori generali delle Asl. Il rapporto fra questi e quello è mediato da strutture dipendenti dalla Giunta: uffici di diretta collaborazione, dipartimento e, al suo interno, una direzione generale («Tutela della salute e sistema sanitario regionale»), composta da 18 «aree» e dotata di un’apposita struttura di staff per il «Coordinamento interventi socio-sanitari»”.
Tale decadenza automatica:
– non soddisfa l’esigenza di preservare un rapporto diretto fra organo politico e direttore generale e, quindi, la «coesione tra l’organo politico regionale e gli organi di vertice dell’apparato burocratico» (sentenza n. 233 del 2006);
– è collegata al verificarsi di un evento – il decorso di novanta giorni dall’insediamento del Consiglio regionale – che è indipendente dal rapporto tra organo politico e direttori generali di Asl. Dunque, il direttore generale viene fatto cessare dal rapporto (di ufficio e di lavoro) con la Regione per una causa estranea alle vicende del rapporto stesso, e non sulla base di valutazioni concernenti i risultati aziendali o il raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute e di funzionamento dei servizi, o – ancora – per una delle altre cause che legittimerebbero la risoluzione per inadempimento del rapporto.

I principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione (di cui all’art. 97 Cost.) esigono che “la posizione del direttore generale sia circondata da garanzie; in particolare, che la decisione dell’organo politico relativa alla cessazione anticipata dall’incarico del direttore generale di Asl rispetti il principio del giusto procedimento. La dipendenza funzionale del dirigente non può diventare dipendenza politica. Il dirigente è sottoposto alle direttive del vertice politico e al suo giudizio, ed in seguito a questo può essere allontanato. Ma non può essere messo in condizioni di precarietà che consentano la decadenza senza la garanzia del giusto procedimento”.

Proprio con riferimento ai dirigenti la Corte ha già affermato che “la disciplina privatistica del loro rapporto di lavoro non ha abbandonato le «esigenze del perseguimento degli interessi generali» (sentenza n. 275 del 2001); che, in questa logica, essi godono di «specifiche garanzie» quanto alla verifica che gli incarichi siano assegnati «tenendo conto, tra l’altro, delle attitudini e delle capacità professionali» e che la loro cessazione anticipata dall’incarico avvenga in seguito all’accertamento dei risultati conseguiti (sentenza n. 193 del 2002 ed ordinanza n. 11 del 2002); che il legislatore, proprio per porre i dirigenti (generali) «in condizione di svolgere le loro funzioni nel rispetto dei principî d’imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, ha accentuato (con il d.lgs. n. 80 del 1998) il principio della distinzione tra funzione di indirizzo politico-amministrativo degli organi di governo e funzione di gestione e attuazione amministrativa dei dirigenti» (ordinanza n. 11 del 2002).
Si dichiara dunque l’illegittimità costituzionale del «combinato disposto» dell’art. 71, commi 1, 3 e 4, lettera a), della legge della Regione Lazio n. 9 del 2005 e dell’art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio n. 1 del 2004, nella parte in cui prevede che i direttori generali delle Asl decadono dalla carica il novantesimo giorno successivo alla prima seduta del Consiglio regionale, salvo conferma con le stesse modalità previste per la nomina; che tale decadenza opera a decorrere dal primo rinnovo, successivo alla data di entrata in vigore dello Statuto; che la durata dei contratti dei direttori generali delle Asl viene adeguata di diritto al termine di decadenza dall’incarico.

d) Con riferimento alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 96 della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), la Corte Costituzionale ha stabilito che:

– “va esclusa l’applicabilità, nelle regioni a statuto speciale, come in quelle ordinarie, dei principi della legge statale (legge n. 145 del 2002) concernenti il regime dei dirigenti nelle amministrazioni dello Stato (sentenza n. 233 del 2006)”;
– “per gli incarichi dirigenziali di livello “non generale”, non conferiti direttamente dal vertice politico e quindi non legati ad esso dallo stesso grado di contiguità che connota gli incarichi apicali, non si giustifica la cessazione degli incarichi loro conferiti dalla precedente Giunta regionale”.

Nel caso in esame “l’avvicendamento dei titolari di incarichi dirigenziali non di vertice è fatto dipendere dalla discrezionale volontà del direttore generale, nominato dal nuovo Governo regionale, con ciò aggiungendo una ulteriore causa di revoca – peraltro senza che sia previsto obbligo di valutazione e di motivazione – a quelle di cui all’art. 10, comma 3, della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, che sono connesse all’esito negativo della valutazione circa il conseguimento di risultati e obiettivi da parte del dirigente. Ciò in violazione sia del principio di ragionevolezza evocato dalla sentenza n. 233 del 2006, sia del principio del giusto procedimento”.
Dev’essere, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 96 della legge della Regione Siciliana n. 2 del 2002, nella parte in cui prevede che gli incarichi di cui ai commi 5 e 6 dello stesso articolo possono essere revocati entro novanta giorni dall’insediamento del dirigente generale nella struttura cui lo stesso è preposto.

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Di fronte alla Corte Costituzionale vengono promossi i giudizi di legittimità costituzionale di alcune disposizioni legislative della Regione Lazio e della Regione Sicilia in materia di regime della dirigenza nelle aziende sanitarie locali e nelle aziende ospedaliere, nonché nell’amministrazione e negli enti regionali, in particolare:

a) del combinato disposto dell’art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio) e dell’art. 71, commi 1, 3 e 4, lett. a), della legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005, n. 9 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio finanziario 2005), promosso dal Consiglio di Stato, con sei ordinanze del 19 ottobre 2005;

b) del combinato disposto dell’art. 53, comma 2, e/o dell’art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1, e dell’art. 71, commi 1, 3 e 4, lett. a), della legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005, n. 9, promosso dal Consiglio di Stato, con ordinanza del 7 febbraio 2006;

c) dell’art. 43, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 28 aprile 2006, n. 4, recante «Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2006 (art. 11, legge regionale 20 novembre 2001, n. 25)», promosso dal TAR del Lazio con ordinanza del 3 luglio 2006;

d) dell’art. 96 della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), promosso dal Tribunale di Palermo con ordinanza del 19 ottobre 2004.

Nello specifico:
– con riferimento alla questione di legittimità di cui alla lettera a):

Il Consiglio di Stato ha sollevato, con sei ordinanze (r.o. nn. da 9 a 14 del 2006), questione di legittimità costituzionale del «combinato disposto» dell’articolo 71, commi 1, 3 e 4, lettera a), della legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005, n. 9 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2005), e dell’articolo 55, comma 4, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio), in riferimento agli articoli 97, 32, 117, terzo comma, ultimo periodo, e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
L’art. 71 della legge regionale n. 9 del 2005, nel disporre che l’art. 55 dello statuto regionale si applichi, «in deroga alle disposizioni contenute nelle specifiche leggi vigenti in materia», «a decorrere dal primo rinnovo, successivo alla data di entrata in vigore dello statuto, degli organi di riferimento della Regione», ricollegherebbe la cessazione dalla carica al rinnovo del Consiglio regionale, «con l’evidente finalità di consentire alle forze politiche di cui è espressione il nuovo Consiglio di sostituire i preposti agli organi istituzionali». Ne discenderebbe «una cesura nella continuità dell’azione amministrativa esplicata dal titolare della carica, non in dipendenza di una valutazione della qualità di questa azione, ma di un evento oggettivo, qual è l’insediamento del nuovo Consiglio all’esito della consultazione elettorale», onde la norma regionale contrasterebbe con i principi costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità dettati dall’art. 97 Cost. Inoltre, l’art. 55, comma 4, dello statuto regionale, per il modo in cui è stato attuato dall’art. 71 della legge regionale n. 9 del 2005, sarebbe comunque suscettibile di incidere, in mancanza di ogni «vaglio di rendimento (in proposito Corte cost. 16 maggio 2002 n. 193), su quella stabilità ed autonomia che consente al dirigente di improntare il suo operato al rispetto dei richiamati principi».
La norma violerebbe inoltre:
– i fondamentali obiettivi posti dall’art. 32 Cost , in quanto l’attività del direttore generale di azienda sanitaria locale si svolge nel settore della sanità e della tutela della salute;
– il principio fondamentale della materia «tutela della salute» e contrasterebbero con l’art. 117, terzo comma, Cost. In particolare, dalla legislazione statale sarebbe ricavabile il principio fondamentale secondo cui al rapporto di lavoro dei direttori generali delle Asl deve essere garantita una stabilità ed autonomia in misura «rimessa alla valutazione discrezionale del legislatore regionale, ma comunque congrua per l’esercizio, da parte di tali funzionari, delle loro specifiche attribuzioni secondo i canoni […] di adeguatezza dell’azione amministrativa all’art. 97 Cost.». La menzionata normativa regionale, invece, introdurrebbe una condizione di precarietà di quel rapporto;
– l’art. 117, comma 2, lett. l), Cost., in quanto la previsione della decadenza dalla carica esulerebbe dalla competenza legislativa regionale, «in quanto, incidendo sulla disciplina del sottostante rapporto di lavoro, di cui determina la cessazione, si esplica in realtà nella materia dell’“ordinamento civile”, affidata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato».

– Con riferimento alla questione di legittimità di cui alla lettera b):

Il Consiglio di Stato (r.o. n. 237 del 2006) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 53, comma 2, «e/o» dell’art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio n. 1 del 2004 (Nuovo Statuto della Regione Lazio) e dell’art. 71, commi 1, 3 e 4, della legge della Regione Lazio n. 9 del 2005, per contrasto con gli artt. 97, 117, terzo comma, ultimo periodo, e 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Secondo la legge regionale 6 ottobre 1998, n. 45 (Istituzione dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio-Arpa), l’Arpa è un ente pubblico dipendente dalla Regione, dunque alla stessa si applicano sia l’art. 55 dello statuto, sia l’art. 71 della legge regionale n. 9 del 2005. La normativa regionale in questione appare sospetta di incostituzionalità in quanto dalla legge regionale istitutiva dell’Arpa (art. 5, comma 6, legge n. 45 del 1998) “sarebbe ricavabile un «principio fondamentale della materia secondo il quale al rapporto del direttore generale deve essere garantita una stabilità ed autonomia in misura congrua per l’esercizio delle sue specifiche attribuzioni, secondo i canoni di adeguatezza dell’azione amministrativa all’art. 97 Cost.». La normativa regionale, invece, avrebbe introdotto in quel rapporto una condizione di precarietà”.
Inoltre “la previsione della decadenza dalla carica esulerebbe dalla competenza legislativa regionale, in quanto, incidendo sulla disciplina del sottostante rapporto di lavoro di cui determina la cessazione, si esplicherebbe nella materia dell’«ordinamento civile», che l’art. 117, secondo comma, lett. l), Cost. affida alla potestà legislativa esclusiva dello Stato”.

– Con riferimento alla questione di legittimità di cui alla lettera c):
Il Tar del Lazio ha sollevato (r.o. n. 431 del 2006) questione di legittimità costituzionale dell’art. 43, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 28 aprile 2006, n. 4, recante «Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2006 (art. 11, legge regionale 20 novembre 2001, n. 25)», in relazione agli articoli 3, primo comma, e 97 Cost..
L’art. 43 della legge regionale n. 4 del 2006 prevede che «nelle more dell’adeguamento della legge regionale 6 ottobre 1998, n. 45 e successive modifiche, ai fini del riassetto organizzativo dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio (Arpa), quale ente strumentale della Regione, e di una maggiore razionalizzazione funzionale della stessa, in coerenza con i principi statutari, è soppresso l’organo di amministrazione previsto dalla citata legge, costituito dal direttore generale e dai due vicedirettori» (comma 1); «il Presidente della Regione nomina, con criterio fiduciario, un commissario straordinario e due subcommissari che lo coadiuvano nelle funzioni già di competenza dell’organo di cui al comma 1, ivi comprese quelle concernenti il conferimento degli incarichi di direttore tecnico, di direttore amministrativo e di direttore di ciascuna delle sezioni provinciali dell’Arpa» (comma 2).
La normativa in questione contrasterebbe con i principi costituzionali di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione. Nel caso di specie, “la disposizione si rivela complessivamente irragionevole e arbitraria, poiché, mentre per un verso sopprime l’organo di amministrazione dell’ente (direttore generale e vice direttori), per altro verso prevede la nomina di un organo straordinario chiamato ad esercitare le medesime competenze funzionali dell’organo soppresso. Donde la violazione del canone di coerenza delle misure organizzative delle pubbliche amministrazioni con il principio del buon andamento di cui all’art. 97 Cost., nonché il carattere di legge-provvedimento della citata disposizione, in violazione dell’art. 3 Cost”.

– Con riferimento alla questione di legittimità di cui alla lettera d):
Il Tribunale di Palermo ha sollevato (r.o. n. 589 del 2005) questione di legittimità costituzionale dell’art. 96 della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), nella parte in cui prevede che «gli incarichi di cui ai commi 5 e 6 già conferiti con contratto possono essere revocati, modificati e rinnovati entro novanta giorni dall’insediamento del dirigente generale nella struttura cui lo stesso è preposto», con riferimento agli artt. 14 dello statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) e 97, primo comma, Cost.
L’art. 96 della legge regionale n. 2 del 2002, nel modificare l’art. 9 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10 stabilisce che gli incarichi dirigenziali, diversi da quelli di dirigente generale, «già conferiti con contratto possono essere revocati, modificati e rinnovati entro novanta giorni dall’insediamento del dirigente generale nella struttura cui lo stesso è preposto», ritenendosi altrimenti confermati fino alla loro «materiale scadenza», e precisando che tale disposizione costituisce «norma non derogabile dai contratti o accordi collettivi, anche se già sottoscritti».
Il Tribunale rileva che “l’art. 96 della legge regionale n. 2 del 2002, introducendo il meccanismo del cosiddetto spoils system anche per i livelli dirigenziali inferiori a quello di dirigente generale, non sembra coerente con la previsione di cui all’art. 19, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), sia nel testo originario, sia in quello successivo alla modifica apportata dall’art. 3, comma 1, lett. i), della legge 15 luglio 2002, n. 145, che pure costituisce «norma fondamentale di riforma economico-sociale» (art. 1, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001), alla cui osservanza la Regione Siciliana è tenuta nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva in materia di «stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione» (art. 14, lett. q, dello statuto)”.
Inoltre afferma che “la rilevata incoerenza assume particolare significato a seguito della cosiddetta privatizzazione del pubblico impiego, configurando un intervento legislativo regionale in materia di rapporti interprivati (argomento ex art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001) che la giurisprudenza costituzionale ha costantemente escluso anche per le Regioni ad autonomia speciale”.
La norma comporta la “«precarizzazione» degli incarichi dei dirigenti di seconda e terza fascia, atteso che, ad ogni «rotazione» dei dirigenti generali, viene a riaprirsi il termine di novanta giorni entro cui possono essere modificati o revocati gli incarichi dei dirigenti minori; il tutto, con possibili pregiudizi per il buon andamento della pubblica amministrazione”.
Infine, “il metodo del cosiddetto spoils system, se pure può trovare giustificazione per il grado apicale della dirigenza, non appare coerente con il principio di imparzialità dell’azione amministrativa allorché lo si voglia applicare alla più vasta area della dirigenza di seconda e terza fascia, i cui compiti non sono strettamente connessi all’indirizzo politico e per la quale, al contrario, il ricorso a criteri di selezione che privilegino, sia pure indirettamente, la lealtà politica potrebbe mettere capo a pratiche lottizzatorie, in contrasto con l’obiettivo della separazione fra indirizzo politico e gestione amministrativa, che ispira la riforma della dirigenza contenuta nel decreto legislativo n. 165 del 2001”.

La Corte Costituzionale:
a) dichiara l’illegittimità costituzionale del «combinato disposto» dell’articolo 71, commi 1, 3 e 4, lettera a), della legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005, n. 9 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2005), e dell’articolo 55, comma 4, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio), nella parte in cui prevede che i direttori generali delle Asl decadono dalla carica il novantesimo giorno successivo alla prima seduta del Consiglio regionale, salvo conferma con le stesse modalità previste per la nomina; che tale decadenza opera a decorrere dal primo rinnovo, successivo alla data di entrata in vigore dello Statuto; che la durata dei contratti dei direttori generali delle Asl viene adeguata di diritto al termine di decadenza dall’incarico;

b) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 53, comma 2, «e/o» dell’art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio n. 1 del 2004 e dell’art. 71, commi 1, 3 e 4, della legge della Regione Lazio n. 9 del 2005, sollevata, con riferimento agli artt. 97, 117, terzo comma, ultimo periodo, e 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal Consiglio di Stato con l’ordinanza (r.o. n. 237 del 2006);

c) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 43, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 28 aprile 2006, n. 4, recante «Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2006 (art. 11, legge regionale 20 novembre 2001, n. 25)», sollevata, con riferimento agli articoli 3, primo comma, e 97 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con l’ordinanza (r.o. n. 431 del 2006);

d) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 96 della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), nella parte in cui prevede che gli incarichi di cui ai commi 5 e 6 già conferiti con contratto possono essere revocati entro novanta giorni dall’insediamento del dirigente generale nella struttura cui lo stesso è preposto.

Si concentrerà l’attenzione sulle argomentazioni fornite dalla Corte Costituzionale in merito alle due dichiarazioni di illegittimità costituzionale a) e d).

a) Con riferimento al combinato disposto dell’art. 71, commi 1, 3 e 4, lettera a), della legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005, n. 9 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2005), e dell’articolo 55, comma 4, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio), la Corte Costituzionale ha stabilito che:
– “Il direttore generale di Asl è una figura tecnico-professionale che ha il compito di perseguire, nell’adempimento di un’obbligazione di risultato (oggetto di un contratto di lavoro autonomo), gli obiettivi gestionali e operativi definiti dal piano sanitario regionale (a sua volta elaborato in armonia con il piano sanitario nazionale), dagli indirizzi della Giunta, dal provvedimento di nomina e dal contratto di lavoro con l’amministrazione regionale”.
La previsione legislativa di decadenza automatica del direttore generale Asl allo scadere del novantesimo giorno dall’insediamento del Consiglio regionale prevista dalla legge della regione Lazio non è giustificata da un rapporto istituzionale diretto e immediato fra organo politico e direttori generali. “Nell’assetto organizzativo regionale vi sono una molteplicità di livelli intermedi lungo la linea di collegamento che unisce l’organo politico ai direttori generali delle Asl. Il rapporto fra questi e quello è mediato da strutture dipendenti dalla Giunta: uffici di diretta collaborazione, dipartimento e, al suo interno, una direzione generale («Tutela della salute e sistema sanitario regionale»), composta da 18 «aree» e dotata di un’apposita struttura di staff per il «Coordinamento interventi socio-sanitari»”.
Tale decadenza automatica:
– non soddisfa l’esigenza di preservare un rapporto diretto fra organo politico e direttore generale e, quindi, la «coesione tra l’organo politico regionale e gli organi di vertice dell’apparato burocratico» (sentenza n. 233 del 2006);
– è collegata al verificarsi di un evento – il decorso di novanta giorni dall’insediamento del Consiglio regionale – che è indipendente dal rapporto tra organo politico e direttori generali di Asl. Dunque, il direttore generale viene fatto cessare dal rapporto (di ufficio e di lavoro) con la Regione per una causa estranea alle vicende del rapporto stesso, e non sulla base di valutazioni concernenti i risultati aziendali o il raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute e di funzionamento dei servizi, o – ancora – per una delle altre cause che legittimerebbero la risoluzione per inadempimento del rapporto.

I principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione (di cui all’art. 97 Cost.) esigono che “la posizione del direttore generale sia circondata da garanzie; in particolare, che la decisione dell’organo politico relativa alla cessazione anticipata dall’incarico del direttore generale di Asl rispetti il principio del giusto procedimento. La dipendenza funzionale del dirigente non può diventare dipendenza politica. Il dirigente è sottoposto alle direttive del vertice politico e al suo giudizio, ed in seguito a questo può essere allontanato. Ma non può essere messo in condizioni di precarietà che consentano la decadenza senza la garanzia del giusto procedimento”.

Proprio con riferimento ai dirigenti la Corte ha già affermato che “la disciplina privatistica del loro rapporto di lavoro non ha abbandonato le «esigenze del perseguimento degli interessi generali» (sentenza n. 275 del 2001); che, in questa logica, essi godono di «specifiche garanzie» quanto alla verifica che gli incarichi siano assegnati «tenendo conto, tra l’altro, delle attitudini e delle capacità professionali» e che la loro cessazione anticipata dall’incarico avvenga in seguito all’accertamento dei risultati conseguiti (sentenza n. 193 del 2002 ed ordinanza n. 11 del 2002); che il legislatore, proprio per porre i dirigenti (generali) «in condizione di svolgere le loro funzioni nel rispetto dei principî d’imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, ha accentuato (con il d.lgs. n. 80 del 1998) il principio della distinzione tra funzione di indirizzo politico-amministrativo degli organi di governo e funzione di gestione e attuazione amministrativa dei dirigenti» (ordinanza n. 11 del 2002).
Si dichiara dunque l’illegittimità costituzionale del «combinato disposto» dell’art. 71, commi 1, 3 e 4, lettera a), della legge della Regione Lazio n. 9 del 2005 e dell’art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio n. 1 del 2004, nella parte in cui prevede che i direttori generali delle Asl decadono dalla carica il novantesimo giorno successivo alla prima seduta del Consiglio regionale, salvo conferma con le stesse modalità previste per la nomina; che tale decadenza opera a decorrere dal primo rinnovo, successivo alla data di entrata in vigore dello Statuto; che la durata dei contratti dei direttori generali delle Asl viene adeguata di diritto al termine di decadenza dall’incarico.

d) Con riferimento alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 96 della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), la Corte Costituzionale ha stabilito che:

– “va esclusa l’applicabilità, nelle regioni a statuto speciale, come in quelle ordinarie, dei principi della legge statale (legge n. 145 del 2002) concernenti il regime dei dirigenti nelle amministrazioni dello Stato (sentenza n. 233 del 2006)”;
– “per gli incarichi dirigenziali di livello “non generale”, non conferiti direttamente dal vertice politico e quindi non legati ad esso dallo stesso grado di contiguità che connota gli incarichi apicali, non si giustifica la cessazione degli incarichi loro conferiti dalla precedente Giunta regionale”.

Nel caso in esame “l’avvicendamento dei titolari di incarichi dirigenziali non di vertice è fatto dipendere dalla discrezionale volontà del direttore generale, nominato dal nuovo Governo regionale, con ciò aggiungendo una ulteriore causa di revoca – peraltro senza che sia previsto obbligo di valutazione e di motivazione – a quelle di cui all’art. 10, comma 3, della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, che sono connesse all’esito negativo della valutazione circa il conseguimento di risultati e obiettivi da parte del dirigente. Ciò in violazione sia del principio di ragionevolezza evocato dalla sentenza n. 233 del 2006, sia del principio del giusto procedimento”.
Dev’essere, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 96 della legge della Regione Siciliana n. 2 del 2002, nella parte in cui prevede che gli incarichi di cui ai commi 5 e 6 dello stesso articolo possono essere revocati entro novanta giorni dall’insediamento del dirigente generale nella struttura cui lo stesso è preposto.

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a cura di Daniela Bolognino