Le direttive anticipate di trattamento sanitario (DAT) non possono essere oggetto di disciplina regionale, rientrando nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile (art. 117, co. 2, lett. m), Cost.). In quest’ambito, incidente sull’identità e sull’integrità della persona, imprescindibile è l’esigenza di uniformità di trattamento sul territorio nazionale, che solo il legislatore statale può garantire.
Per questo motivo, sono costituzionalmente illegittime le leggi del Friuli-Venezia Giulia n. 4 e n. 16 del 2015.
La sentenza in esame ha ad oggetto due leggi della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia: la n. 4 del 13 marzo 2015 e la n. 16 del 10 luglio 2015. Entrambe le normative disciplinano l’istituzione di un registro regionale volto a raccogliere le dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, nonché contestualmente le eventuali disposizioni di volontà in merito alla donazione post mortem di organi e tessuti, dei cittadini residenti o che abbiano eletto domicilio nella Regione Friuli-Venezia Giulia, prevedendo altresì la forma che tali dichiarazioni debbano assumere e le modalità per la loro raccolta e conservazione in apposite banche dati, da istituirsi presso le aziende sanitarie locali.
Accogliendo il ricorso governativo, la Corte ne dichiara l’illegittimità costituzionale per contrasto con la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile (art. 117, co. 2, lett. m), Cost.). In proposito, la Consulta sottolinea che, «data la sua incidenza su aspetti essenziali della identità e della integrità della persona, una normativa in tema di disposizioni di volontà relative ai trattamenti sanitari nella fase terminale della vita – al pari di quella che regola la donazione di organi e tessuti – necessita di uniformità di trattamento sul territorio nazionale, per ragioni imperative di eguaglianza, ratio ultima della riserva allo Stato della competenza legislativa esclusiva in materia di «ordinamento civile», disposta dalla Costituzione».