a cura di Lucia Rossi
La Suprema Corte è stata chiamata ad esprimersi sul riesame del provvedimento di sequestro preventivo di somme e beni dei medici di base indagati per truffa.
Il Pm ha configurato un’ ipotesi di reato ravvisabile nella violazione dell’art. 640 c.p. per il pagamento del compenso effettuato da parte della Asl territorialmente competente a favore del medico titolare della convenzione mentre la prestazione sanitaria era stata resa non dallo stesso ma dal collega pensionato.
Secondo un orientamento risalente nel tempo ma sempre attuale, il danno – quale elemento concorrente costitutivo del delitto di truffa- deve avere contenuto patrimoniale, cioè deve concretarsi in un detrimento del patrimonio inteso come complesso di diritti, rapporti e situazioni giuridiche a contenuto patrimoniale del soggetto passivo.
Ciò premesso, non integra il reato di truffa la condotta del medico il quale effettui visite mediche ovvero rilasci certificazioni o prescrizioni sanitarie su ricettari intestati ad altro medico convenzionato con il Ssn, se non risulta che la Asl competente abbia erogato compensi al primo professionista, in quanto difetta il danno patrimoniale della persona offesa, elemento costitutivo della fattispecie delittuosa ex art. 640 c.p.
Un fattispecie analoga era stata affrontata dalla Suprema Corte con sentenza n. 51144 del 18/9/2013 nella quale era stato ritenuto sussistente il reato di truffa in quanto si osservava che “ai fini della configurazione del danno non rileva il carattere necessitato della prestazione patrimoniale da parte del soggetto passivo, ma la legittimità della sua erogazione proprio all’autore dell’induzione in errore. In sostanza la presenza di una controprestazione fornita da un soggetto diverso rispetto all’obbligato non può essere indifferente rispetto alla qualità dell’aspettativa riposta dall’Ente pubblico, rispetto alla funzionalità del servizio la cui efficacia va considerata nella complessa struttura operativa organizzata per l’erogazione del servizio.”
Tuttavia, il principio espresso con tale pronuncia non può estendersi al caso di specie; non è infatti contestabile che i pazienti in carico al medico titolare della convenzione abbiano comunque ricevuto l’assistenza medica da soggetto qualificato e dotato di competenza specifica. Quindi, se tale condotta costituisce senz’altro un illecito di natura amministrativa per violazione dei doveri nascenti dalla Convenzione, non può considerarsi la fattispecie ex art. 640 c.p..
Quest’ultima sarebbe sorta se il danno patrimoniale si fosse verificato per l’Asl nell’ ipotesi in cui la stessa avesse pagato la quota paziente a fronte di un’assistenza medica non effettivamente prestata o prestata da soggetto non qualificato, ovvero se avesse dovuto pagare un compenso extra al sostituto del medico convenzionato.