Sulla legittimità dell’affidamento diretto ad una società a totale partecipazione pubblica.

21.04.2004

Servizi pubblici ed opere pubbliche – contratti misti – individuazione contenuto concreto e valore economico delle rispettive prestazioni – criterio della prevalenza – prevalenza dei servizi – disciplina applicabile – inapplicabilità della previsione di cui all’articolo 116 del TUEL – necessario riferimento all’articolo 113 del TUEL.

Servizi pubblici locali – Modalità di erogazione del servizio – Affidamenti diretti – Riforma normativa avvenuta in corso di causa – Nuovo testo articolo 113, comma 5, let c) TUEL – Clausola di salvezza ex articolo 113, comma 15, bis – efficacia retroattiva affidamenti diretti.

Combinato disposto co. 5, let.c) e 15 bis dell’articolo 113 – affidamento diretto del servizio – profili di illegittimità costituzionale e comunitaria – insussistenza.

In presenza di contratti misti l’individuazione della prevalenza dell’aspetto relativo alla gestione del servizio pubblico rispetto alla realizzazione delle opere importa la necessità giuridica di applicare alla fattispecie la previsione del TUEL destinata all’esercizio dei servizi pubblici (art. 113), e non altre disposizioni (come l’art. 116) espressamente destinate alla realizzazione di opere pubbliche ed infrastrutture.
Relativamente alla disciplina concretamente applicabile per l’affidamento della gestione del servizio pubblico, i giudici, nonostante il richiamo effettuato ad una precedente decisione (TAR Puglia, Lecce, sentenza n. 486/2003) nella quale era stata affermata la necessità di applicare la previsione dell’art. 113, 5° comma t.u. 267/2000, anche all’affidamento del servizio pubblico locale a “società miste a prevalente capitale pubblico o privato, al fine di acquisire sul mercato l’offerta qualitativamente migliore ed al prezzo più vantaggioso” e la riaffermazione della “necessità di utilizzare la procedura ad evidenza pubblica anche nel caso il partner privato sia costituito da Sviluppo Italia o da società partecipate ai sensi dell’art. 1, 4° comma del d.lgs. 9.1.1999 n. 1”, dichiarano di aderire all’orientamento recentemente espresso dal Consiglio di Stato con sentenza 679/2004.
In tale ultima decisione, il Consiglio di Stato ha ritenuto di poter attribuire alla nuova formulazione dell’art. 113, co.5 del TEUL 267/2000 un’efficacia retroattiva che conduce ad una sostanziale “sanatoria” anche degli affidamenti diretti precedentemente disposti in violazione delle norme di evidenza pubblica.
La conclusione cui perviene il TAR è, quindi, che “la violazione delle norme in materia di evidenza pubblica implicita nell’affidamento diretto del servizio ad una società…..non selezionata attraverso una pubblica gara (o, meglio, attraverso l’individuazione del socio maggioritario della costituenda società per la gestione del servizio pubblico locale…..in mancanza di gara), possa trovare legittimazione nel nostro ordinamento….in virtù della norma di salvezza prevista dal comma 15 bis dell’art. 113 t.u. 267/2000……caratterizzata dal carattere retroattivo”.

Tale pronuncia, infine, presenta qualche ulteriore profilo di interesse nella parte in cui il collegio giudicante, pur risolvendo negativamente le questioni, effettua alcune considerazioni in ordine ad eventuali profili di illegittimità costituzionale e comunitaria degli affidamenti diretti.
Più precisamente, in relazione al primo aspetto, i giudici sono stati chiamati ad esprimersi sulla possibilità di considerare che, attraverso il combinato disposto dai commi 5, lett. c) e 15 bis dell’art. 113 t.u. 267/2000, si addivenisse alla “creazione di soggettività imprenditoriali al di fuori del principio di uguaglianza rispetto ad altri soggetti imprenditoriali operanti nell’ordinamento, nonché rispetto al principio di libertà dell’iniziativa economica che verrebbe compresso in ipotesi non consentita dalla legge fondamentale dello Stato”.
Sul punto, il TAR Puglia, rinvenendo nell’analisi delle “finalità proprie” (tra le quali rientrano “la promozione di attività produttive, ed iniziative occupazionali….con particolare riferimento per il Mezzogiorno e le aree depresse…”) della società affidataria diretta, lo “stretto rapporto esistente con le previsioni di cui agli art. 41, 2° comma (l’attività economica <<non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale…>>) e 3° comma (<<la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali>>) della Cost.”, ha concluso come sia “assolutamente indubbio [che] la costituzione di società caratterizzate da [tali] requisiti costituisca una delle forme di intervento nell’economia legittimate, proprio, dalla previsione dell’art. 41, 2° e 3° comma Cost.

Alla medesima conclusione si perviene anche relativamente alle questioni concernenti pretesi profili di illegittimità comunitaria. Anche in questo caso, infatti, il collegio giudicante, concentra la sua attenzione sulle “finalità perseguite” dalla società affidataria diretta, ed afferma come si sia “indubbiamente in presenza di impresa incaricata <<della gestione di servizi di interesse economico generale>>, la quale deve ritenersi “sottoposta <<alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata>> (art. 86, 2° comma Trattato CE)”.
Posta in tali termini la questione, i giudici concludono come sia “di tutta evidenza [che] la deroga alle procedure di evidenza pubblica desumibile dalle previsioni dei commi 5 e 15 bis dell’art. 113 t.u. 267/2000 trovi una giustificazione nella necessità di perseguire la specifica missione affidata alla società (analiticamente individuata nelle finalità previste dall’art. 1, 2° comma d.lgs. 1/1999) e come, quindi, la deroga alle norme del Trattato sia giustificata dalla previsione dell’art. 86, 2° comma del Trattato.”

a cura di Luigi Alla


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