Sull’estensione poteri dell’AEEG nel nuovo quadro regolatorio delineato dalla legge 23 agosto 2004, n. 239 – T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, sentenza 28 luglio 2005, n. 3478

23.08.2004

T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, sentenza 28 luglio 2005, n. 3478
Il Tar Lombardia, accogliendo il ricorso presentato avverso la Delibera dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (di seguito: AEEG) 29 dicembre 2004, n. 248 con la quale era stata modificata la precedente Delibera n. 195/02 prevedendo l’obbligatoria introduzione, nei contratti di compravendita al dettaglio del gas, di una “clausola di salvaguardia” che attenuava l’incidenza dell’aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi, qualora le relative quotazioni avessero oltrepassato una determinata soglia di riferimento, ha affermato alcuni principi molto rilevanti in tema di estensione dei poteri regolatori dell’AEEG.
Più precisamente, Il TAR ha ritenuto fondati i motivi di doglianza avanzati dal ricorrente e relativi alla:
a)      carenza di potere regolatorio dell’AEEG;
b)      mancata concessione di un termine congruo per la presentazione da parte degli interessati delle proprie osservazioni sulla delibera;
c)      carenza di istruttoria nell’adozione della medesima.
Di particolare rilevanza sono le argomentazioni svolte dal giudice nell’accogliere il primo dei motivi dedotti dall’impresa ricorrente secondo cui l’AEEG “non avrebbe potuto esercitare alcun potere regolatorio”.
L’interpretazione operata dal TAR si fonda sull’esistenza di un parallelismo fisiologico tra la qualificazione di una determinata attività come attività di interesse pubblico e la possibilità di configurare in relazione ad essa l’esercizio di un potere regolatorio.
Il ragionamento condotto nella pronuncia si snoda partendo dalla ricostruzione dell’evoluzione del quadro normativo in materia di gas naturale. In tale prospettiva, viene quindi evidenziato come nella legge 481 del 1995 istitutiva dell’AEEG, pur essendo i settori dell’energia elettrica e del gas oggetto della relativa disciplina, manchi una definizione delle attività qualificabili come “servizio di pubblica utilità”. In tale quadro normativo il giudice ricorda che la ricostruzione della relativa nozione doveva essere effettuata dall’interprete sulla base della normativa di settore che, dando la misura delle attività che rientravano nella nozione di “servizio di pubblica utilità”, indirettamente consentiva di individuare anche le attività “soggette al potere regolatorio dell’Autorità”.
Tale fisiologico parallelismo sarebbe stato alterato dal decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 che, alla liberalizzazione dell’attività di vendita ai clienti idonei, avrebbe fatto sopravvivere – con effetto ultrattivo rispetto alla sua naturale scadenza – il potere regolatorio dell’AEEG.
Nella medesima linea si sono posti gli interventi operati dapprima con il d.l. 4 settembre 2002, n. 193, convertito in legge 28 ottobre 2002, n. 238, e con il DPCM 31 ottobre 2002, poi, con i quali si confermava l’ultrattività dei poteri regolatori – anche di natura tariffaria – dell’Autorità nel contesto del mercato del gas anche nel periodo successivo alla sua liberalizzazione.
In questo contesto, l’intervento operato con la legge 23 agosto 2004, n. 239, ponendosi in controtendenza rispetto a quelli che lo aveva preceduto, avrebbe determinato un superamento di quel disallineamento ed una ricomposizione del parallelismo tra attività liberalizzata ed assenza di regolazione.
Più in particolare, secondo la ricostruzione operata dal collegio giudicante, l’articolo 1, comma 2, della legge 239/2004, seguendo i principi affermati dalla legislazione comunitaria, ha operato una distinzione tra:
a)      attività libere (produzione, importazione, esportazione, stoccaggio non sotterraneo, acquisto e vendita);
b)      attività di interesse pubblico (trasporto e dispacciamento del gas naturale a rete, nonché la gestione di infrastrutture di approvvigionamento di energia connesse alle attività di trasporto e dispacciamento di energia a rete);
c)      attività oggetto di riserva (distribuzione di energia elettrica e gas naturale a rete, di esplorazione, coltivazione, stoccaggio sotterraneo di idrocarburi, nonché di trasmissione e dispacciamento di energia elettrica).
Sulla base di tale classificazione, quindi, il giudice osserva che le attività cd. «libere» “non possono non essere sottratte al potere regolatorio dell’Autorità di settore…[ed essere] soggette solo agli obblighi di servizio pubblico definiti da una normativa comunitaria o da una norma di legge”.  In altre, parole, come espressamente affermato nella pronuncia, con riferimento alle attività comprese nell’elencazione di cui all’articolo 1, comma 2, let. a) si sarebbe creata “una riserva di legge o di normativa comunitaria, al fine della loro sottoposizione ad obblighi di servizio pubblico”.
Nell’impostazione del TAR, quindi, l’adozione della legge 239 del 2004, anche se non ha esplicitamente abrogato o modificato l’articolo 28, co. 1 del d.lgs 164/00, deve condurre ad una rilettura coordinata del quadro regolatorio del settore del gas naturale nel quale i poteri regolatori dell’AEEG sono fatti salvi unicamente in relazione alle attività di interesse pubblico o oggetto di riserva, mentre per le attività libere vi sarebbe un difetto di potere regolatorio dell’AEEG a meno che non vi siano “norme comunitarie o di legge” che indichino i casi in cui le attività libere possono essere assoggettate a regolazione e in relazione alle quali “l’intervento dell’Autorità in via amministrativa avrà carattere esecutivo”.
Particolarmente incisivo è il passaggio della pronuncia nella quale si afferma espressamente che “l’emanazione della legge n. 239/04 ha quindi comportato l’esaurimento dei poteri dell’Autorità rispetto alle attività libere nel settore, poichè il legislatore ha ritenuto che fosse esaurita la fase di “transizione protetta” al mercato non vincolato, e con detta normativa ha quindi inibito all’Autorità stessa ogni ulteriore intervento regolatorio sulle stesse che non sia fondato su una disposizione di legge o una norma comunitaria”.
Tale ricostruzione interpretativa troverebbe, inoltre, fondamento anche in considerazione dei “seri dubbi di coerenza….con gli obblighi comunitari di liberalizzazione del mercato nella vendita del gas” che deriverebbero dall’accoglimento di una tesi opposta. Infatti – osserva conclusivamente sul punto il collegio giudicante –, “se dovesse intendersi…immutato l’esercizio del potere regolatorio in ambito tariffario anche nell’attività liberalizzata della vendita del gas ai clienti idonei, dovrebbe sostenersi allora che l’Autorità, al di fuori ed al di sopra di ogni vincolo imposto dalla normativa comunitaria, sarebbe arbitra di spostare il limite temporale di cessazione effettiva del regime regolatorio in favore dei clienti già vincolati, prolungando quel sistema di “protezione” dato con la decretazione d’urgenza, ritardando, in tal modo, il momento della scelta di una nuova offerta contrattuale che fissa simbolicamente (giusta la delibera 207/02) il passaggio del cliente finale (già vincolato) al libero mercato”.
In relazione al secondo profilo di doglianza, il Collegio – pur affermando di non volersi discostare dall’orientamento in base al quale nell’ambito di  procedimenti avviati dall’AEEG per l’emanazione di provvedimenti amministrativi generali, l’intervento degli interessati, lungi dal porsi come strumento per “controdedurre alle intenzioni dell’Autorità,” opera solo in funzione collaborativa con questa e pertanto “non obbliga l’Amministrazione ad accogliere alcuna delle osservazioni che siano presentate…né a motivare in specifico sulla loro reiezione” –, osserva che “gli operatori interessati all’emanazione del provvedimento devono essere messi in condizione di valutarne adeguatamente l’impatto sia sulle proprie imprese, che sul mercato in generale, in modo da fornire all’Autorità elementi sufficientemente meditati”. In tale linea di ragionamento, pertanto, l’AEEG avrebbe dovuto concedere un termine “proporzionato alla complessità ed all’impatto dell’emanando provvedimento”. Nel caso di specie, tale condotta non sarebbe stata seguita dall’AEEG la quale, prevedendo un termine “oggettivamente breve” (9 giorni lavorativi), ha determinato un vizio partecipativo la cui rilevanza non è diminuita dalla circostanza che alcuni dei soggetti interessati abbiano comunque potuto presentare le proprie osservazioni.
Per quanto concerne, infine, la censura relativa alla carenza di istruttoria, il Tribunale ha ritenuto illegittimo il provvedimento in quanto adottato sulla base di elementi conoscitivi sulle prassi contrattuali vigenti nel mercato ricavati da una campionatura di mercato inferiore a quella che la stessa AEEG aveva ritenuto necessaria e della cui congruità non è data dimostrazione in sede di relazione tecnica, “al di là di una generica ed apodittica affermazione secondo la quale tra gli elementi conoscitivi acquisiti vi sarebbero quelli relativi ad alcuni dei principali importatori”.
a cura di Luigi Alla


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