La Corte di Giustizia si pronuncia ancora sui limiti dell’affidamento “in house” – Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sentenza 13 ottobre 2005, in causa C-458/03

13.10.2005

Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sentenza 13 ottobre 2005, in causa C-458/03, Parking Brixen Gmbh c. Gemeinde Brixen, Stadtwerke Brixen AG.
La Corte di Giustizia, chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità con il diritto comunitario dell’attribuzione di una concessione di pubblici servizi effettuata, senza lo svolgimento pubblica gara, in favore di una società per azioni nata dalla trasformazione di un’azienda speciale dell’ente affidante, ha fornito alcune chiarificazioni sulla disciplina comunitaria applicabile in materia e sui limiti delle eccezioni a questa prevista.
In primo luogo, la Corte ha ribadito il principio in base al quale nonostante il fatto che, allo stadio attuale del diritto comunitario, i contratti di concessione di pubblici servizi siano esclusi dalla sfera di applicazione della direttiva 92/50, gli enti aggiudicatori che li stipulano devono comunque rispettare le norme fondamentali del Trattato, in generale, e il principio di non discriminazione in base alla nazionalità, in particolare (v., in questo senso, sentenze 7 dicembre 2000, causa C-324/98, Telaustria e Telefonadress, Racc. pag. I-10745, punto 60, e 21 luglio 2005, causa C-231/03, Coname, Racc. pag. I-0000, punto 16).
In secondo luogo, il giudice comunitario, pur affermando che i principi enunciati nella sentenza Teckal e nella giurisprudenza successiva non possono applicarsi “in maniera automatica” agli articoli 12, 43 e 49 del Trattato nonché ai principi di uguaglianza, non discriminazione e trasparenza a quelli strettamente connessi, ha osservato che tali considerazioni “possono essere trasposte alle disposizioni del Trattato e ai principi che si rapportano a concessioni di pubblici servizi escluse dall’ambito di applicazione delle direttive in materia di appalti pubblici”. Ad avviso della Corte, infatti, nel settore degli appalti pubblici e delle concessioni di pubblici servizi, il principio di parità di trattamento e le specifiche manifestazioni del divieto di discriminazione fondato sulla nazionalità e degli artt. 43 CE e 49 CE trovano applicazione nel caso in cui un’autorità pubblica affidi la prestazione di attività economiche ad un terzo.
Pertanto, l’applicazione delle norme comunitarie in materia di appalti pubblici o di concessioni di pubblici servizi può essere esclusa solo quando un’autorità pubblica svolga i compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti, amministrativi, tecnici e di altro tipo, senza far ricorso ad entità esterne (v., in questo senso, sentenza 11 gennaio 2005, in causa C-26/03 Stadt Halle, punto 48).
In tale linea di ragionamento, viene rilevato che nel settore delle concessioni di pubblici servizi, l’applicazione delle regole enunciate agli artt. 12, 43 e 49 nonché dei principi generali di cui esse costituiscono la specifica espressione è esclusa se, allo stesso tempo, il controllo esercitato sull’ente concessionario dall’autorità pubblica concedente è analogo a quello che essa esercita sui propri servizi e se il detto ente realizzata la maggior parte della sua attività con l’autorità detentrice.
Il giudice ha osservato conclusivamente che il requisito del “controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi” deve ritenersi insussistente nel caso di specie dal momento che il soggetto concessionario è “una società per azioni nata dalla trasformazione di un’azienda speciale della detta autorità pubblica, società il cui oggetto sociale è stato esteso a nuovi importanti settori, il cui capitale deve essere a breve termine obbligatoriamente aperto ad altri capitali, il cui ambito territoriale di attività è stato ampliato a tutto il paese e all’estero, e il cui Consiglio di amministrazione possiede amplissimi poteri di gestione che può esercitare autonomamente”.
a cura di Luigi Alla


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