La Corte Costituzionale si pronuncia ancora sui limiti della competenza legislativa regionale in materia di servizi pubblici locali – Corte Costituzionale, sentenza 3 marzo 2006 n. 80

03.03.2006

Corte Costituzionale, sentenza 3 marzo 2006 n. 80
Il Giudice delle Leggi ha ritenuto che le disposizioni di alcune Regioni (Liguria, Calabria e Veneto) in materia di trasporti pubblici locali hanno invaso le competenza esclusiva dello Stato in tema di “tutela della concorrenza” di cui all’art. 117, c. 2, lett. e), della Costituzione.
Più in particolare, la Corte ha ritenuto che le censurate normative regionali, prorogando la durata degli affidamenti preesistenti rispetto al termine previsto dal legislatore statale per l’entrata in vigore del nuovo regime di affidamento tramite gara di tutti i servizi di trasporto pubblico locale, derogavano “in modo palese la disciplina statale” di cui all’art. 18 c. 3-bis del d.lgs. n. 422 del 1997, introdotto dall’art. 1, c. 6, del d.lgs. 20 settembre 1999, n. 400, che determina il termine ultimo entro cui le Regioni possono mantenere gli affidamenti agli attuali concessionari di servizi di trasporto pubblico locale e che prevede, “con una formulazione chiara ed inderogabile, un ruolo delimitato per lo stesso legislatore regionale”. Ciò non avviene a caso – osserva ancora la Corte –poiché “nella legislazione nazionale si prevede che le Regioni siano eccezionalmente legittimate, rispetto alla nuova legislazione di liberalizzazione del settore, a ritardarne in parte l’immediata applicazione a certe condizioni ed entro un periodo massimo”.
Ad avviso della Corte, infatti, non può essere condivisa l’opinione espressa dalle difese delle Regioni Liguria e Veneto, secondo la quale la riconducibilità – affermata in una recente pronuncia della Corte Costituzionale (cfr. sentenza n. 222 del 2005) – della disciplina del trasporto pubblico locale ad una materia legislativa regionale di tipo residuale, ai sensi del quarto comma dell’art. 117 Cost., ridurrebbe la possibilità di incidere nella suddetta materia tramite una competenza esclusiva dello Stato o comunque permetterebbe alle Regioni di modificare “ragionevolmente” le disposizioni statali eventualmente introdotte sulla base di un simile titolo di legittimazione. Al contrario, nella pronuncia si rileva come “le competenze esclusive statali che, come quella relativa alla «tutela della concorrenza», si configurino come «trasversali» incidono naturalmente, nei limiti della loro specificità e dei contenuti normativi che di esse possono ritenersi propri, sulla totalità degli ambiti materiali entro i quali si applicano”.
Sulla base di tale argomentazioni, quindi, la Corte rileva che “le disposizioni legislative regionali impugnate, in quanto contenenti discipline che comunque derogano ad una norma, espressiva dell’esclusivo potere del legislatore statale a tutela della concorrenza, risultano costituzionalmente illegittime. Né tale giudizio può essere revocato in dubbio in ragione della recentissima ulteriore modificazione del termine ultimo di cui al comma 3-bis dell’art. 18 tramite l’art. 1, commi 393 e 394, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dal momento che, per il tenore sostanziale delle impugnazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, ciò che in questa sede rileva non è soltanto il rispetto di un mero termine temporale per le proroghe degli affidamenti preesistenti, ma la complessiva conformità della legislazione regionale ad una disposizione statale posta a tutela della concorrenza, nella quale si individuano anche una serie di limiti e condizioni per l’eventuale intervento legislativo regionale al fine di disciplinare la fase transitoria”.
a cura di Luigi Alla


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