Sul principio di imparzialità-terzietà della giurisdizione nel procedimento disciplinare per i magistrati

22.07.2003

E’ illegittima la previsione contenuta all’art.4 della legge 24 marzo 1958, n.195, nella parte in cui non prevede l’elezione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, di un numero di membri supplenti della Sezione disciplinare del Consiglio stesso tale da consentire la costituzione di un collegio giudicante diverso da quello che ha pronunciato una decisione successivamente annullata con rinvio dalle Sezioni unite della Cassazione.

Giudizio di legittimità costituzionale degli artt.4 e 6 della legge 24 marzo 1958, n.195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura) promosso con ordinanza del 25 giugno 2002 dalla Corte di cassazione.

La Corte di cassazione, Sezioni unite civili, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt.4 e 6 della legge 24 marzo 1958, n.195, nella parte in cui non consentono una sostituzione, in numero maggiore di quelli nominati dal Consiglio superiore della magistratura, di componenti della Sezione disciplinare del CSM divenuti incompatibili a giudicare in sede di rinvio per avere fatto parte del collegio che aveva pronunciato la decisione cassata.
La questione trae origine da un giudizio di legittimità promosso, con ricorso avverso la sentenza 30 maggio-12 luglio 2001 della Sezione disciplinare del CSM, da un magistrato nei cui confronti era stato confermato il giudizio di responsabilità già espresso dalla Sezione disciplinare, nella medesima composizione, ed annullato con rinvio dalle Sezioni riunite.
Ad avviso del giudice a quo, le disposizioni impugnate contrasterebbero con gli artt.3, 24 e 111, Cost., in quanto la garanzia del principio generale della imparzialità-terzietà della giurisdizione dovrebbe operare per la tutela del diritto di difesa anche nel procedimento dinanzi alla Sezione disciplinare del CSM. Ciò, prosegue il rimettente, specie nel momento in cui l’organo disciplinare è chiamato, nella stessa composizione, a correggere gli errori della propria precedente decisione successivamente cassata.
La Corte costituzionale dichiara fondata la questione nei termini di seguito precisati.
Il procedimento disciplinare, sostiene la Corte, pur ispirandosi ad un modello giurisdizionale, ha profili strutturali e funzionali del tutto atipici e peculiari. La peculiarità trova giustificazione essenzialmente nel fatto che detto procedimento si incentra necessariamente sulla Sezione disciplinare, espressione diretta del CSM. Sussiste pertanto un interesse costituzionalmente protetto a che il procedimento si svolga in modo tale da non ostacolare l’indefettibilità e la continuità della funzione disciplinare attribuita dalla Costituzione direttamente al CSM. D’altra parte, prosegue la Corte, tale interesse va bilanciato con il principio di imparzialità-terzietà della giurisdizione, che ha valore con riferimento a qualunque tipo di processo. In tutti i tipi di processo, e quindi anche in quello disciplinare a carico dei giudici, devono infatti essere previste regole atte a proteggere il valore fondamentale dell’imparzialità del giudice “in particolare impedendo che quest’ultimo possa pronunciarsi due volte sulla medesima res iudicanda”.
In relazione al necessario bilanciamento tra la imparzialità-terzietà della giurisdizione e la indefettibilità della funzione disciplinare, la Corte giunge così a dichiarare illegittima la norma di cui all’art.4, nella parte in cui non prevede l’elezione da parte del CSM, in aggiunta dei membri supplenti della Sezione disciplinare già previsti, di ulteriori componenti, in modo da consentire la costituzione, per numero e categoria di appartenenza, di un collegio giudicante diverso da quello che abbia pronunciato una decisione successivamente annullata con rinvio dalle Sezioni unite della Cassazione.

a cura di Chiara Aquili