Il volume di Gabriele Pepe “La primazia negli organi collegiali pubblici” si segnala come opera utile ed interessante in ordine alla tematica della natura e dei limiti della funzione presidenziale all’interno degli organi collegiali nel campo del diritto pubblico.
Il volume si suddivide in quattro capitoli.
Nel Primo Capitolo (pp. 15-19) Pepe muove da una sintetica ma efficace ricostruzione storica delle nozioni di primazia e di “primus inter pares”, sottolineando come tali nozioni abbiano avuto nel corso dei secoli significati divergenti o comunque solo in parte sovrapponibili. Il volume prende l’abbrivio da alcune opere rinvenibili in età greca per poi concentrare il “focus” dell’indagine sugli studi di diritto romano sino a giungere all’ esperienza dell’ordinamento canonico.
Nel Secondo Capitolo (pp. 21-31) l’Autore si sofferma nell’ambito del diritto amministrativo sulla primazia quale figura organizzatoria di originale equiordinazione che qualifica il presidente in termini di “primus inter pares” con compiti di impulso e coordinamento dei lavori del collegio. In tale prospettiva vengono esaminati gli interessanti spunti offerti dalla dottrina della seconda metà del XX secolo, a partire da Massimo Severo Giannini.
Con il Terzo Capitolo (pp. 33-85) si entra nel vivo dell’indagine in quanto l’Autore, premessi generali cenni sul fenomeno collegiale, esamina approfonditamente natura, caratteri e funzioni della primazia, delineando compiutamente il ruolo del presidente nel variegato universo della collegialità pubblica. La tesi di fondo che emerge dal volume è rintracciabile nell’idea che la primazia rappresenti una figura organizzatoria dal contenuto tipizzato, ma elasticamente applicabile (ed adattabile) alle diverse peculiarità degli organi collegiali sulla base di alcuni tratti distintivi che l’Autore efficacemente illustra nel corso dell’indagine.
Il Quarto (ed ultimo) Capitolo (pp. 87-189) si fa apprezzare per una applicazione ragionata e ad ampio raggio della “iuris figura” della primazia nella prassi degli organi collegiali; seguendo questa direttrice la trattazione ha il merito di non essere meramente assertiva ma di affrontare in chiave critica le differenti problematiche emergenti in ciascuna famiglia di organi collegiali; in particolare Pepe sottolinea la possibile emersione di elementi o vicende idonei ad accentuare in senso sostanziale la posizione di primazia del presidente sugli altri componenti.
Nel volume, dunque, il ruolo e le funzioni presidenziali vengono studiati con rigore metodologico ed ampiezza di riferimenti dottrinari in relazione ad una vasta gamma di fattispecie che, sottraendosi alla rigida e vincolante auctoritas del presidente, comprende situazioni di rilevante o affievolita sua influenza nella decisione collegiale, sino alla mera attività di impulso, direzione esterna e ricognizione della decisione.
Ne consegue un percorso variegato, che incontra ed esamina casi di funzionamento puramente paritario, ma anche di patologica disfunzione, in termini di preponderanza della funzione presidenziale in ragione di regole frammentarie, o carenti, o talora sovrabbondanti, ovvero di prassi distorte, o infine di interpretazioni divergenti.
L’opera mostra, dunque, nella sua concretezza, il pericolo, pure tradizionalmente trascurato, della possibile crisi del principio di maggioranza, che governa, in un ordinamento rigidamente fondato sul criterio di rappresentanza, gli organismi pubblici a composizione collegiale. Si configurano allora rimedi, a volte per iniziativa dello stesso Legislatore, tendenti a garantire la c.d. equiordinazione dei componenti, ovvero a snellire la funzione collegiale mediante previsione di decisioni monocratiche in materie determinate, o deleghe specifiche a singoli funzionari per attività istruttorie e procedimentali.
Ne deriva un quadro di eterogenea modalità di funzionamento, nel quale tuttavia è conservata la valenza del criterio generale di collegialità e di funzione garantistica d’impulso e coordinamento del presidente, pur sempre inquadrabile in una posizione di primazia formale rispetto agli altri componenti.
E’ questo il filo conduttore dell’opera, che tende da un lato a rivelare le “zone grigie”, e soprattutto i punti di sconfinamento della posizione di “primus inter pares”, e dall’altro a riconoscere la “tenuta” del sistema, e forse anche la sua inevitabilità in ragione del rischio insito nella adozione di meccanismi diversi, specialmente per organi collegiali di dimensioni consistenti.
La ricerca, così operata, può anche essere considerata alla stregua di un osservatorio relativamente rassicurante (con riferimento alla conclusione di generale funzionamento del criterio della “primazia”), ma, allo stesso tempo, essa contiene un diffuso rilievo con riguardo alla necessità di garantire, nella maggior parte dei casi e comunque nelle ipotesi più rilevanti, il necessario equilibrio del sistema di collegialità; un rilievo che, in tempi di riforme profonde, che interessano gli stessi assetti costituzionali dell’ordinamento, acquista il significato di un avvertimento, sebbene espresso in termini di analisi e di ricognizione scientifica.
Gabriele Pepe, La primazia negli organi collegiali pubblici, Editoriale scientifica, Napoli, 2014
16.05.2015