Corte costituzionale, sent. 5 dicembre 2014, n. 274: il Giudice delle leggi preclude l’ulteriore accesso al metodo Stamina

05.05.2014

L’art. 2 del d.l. 25 marzo 2013, n. 24 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, dalla l. 23 maggio 2013, n. 57, consente l’accesso al protocollo Stamina solo ai pazienti inclusi nella sperimentazione clinica disposta dal decreto medesimo e a quelli per cui il trattamento è già iniziato. Tale limitazione non viola il principio d’uguaglianza e non lede il diritto alla salute dei pazienti non inclusi nella previsione normativa, per cui non sussiste violazione degli artt. 2, 3 e 32 Cost.

Nella sentenza in esame la Corte rigetta la q.l.c. dell’art. 2 del d.l. 25 marzo 2013, n. 24, convertito con modificazioni dalla l. 25 marzo 2013, n. 24. L’art. 2 autorizza la sperimentazione clinica del metodo Stamina e consente la prosecuzione dei trattamenti già iniziati. Il terzo comma dell’art. 2 specifica che si considerano avviati anche i trattamenti in relazione ai quali sia stato praticato, presso strutture pubbliche, il prelievo dal paziente o da donatore di cellule destinate all’uso terapeutico e quelli che siano stati già ordinati dall’autorità giudiziaria.

Secondo il giudice a quo questo discrimine sarebbe irragionevole, perché estraneo alle condizioni di salute dei pazienti e legato invece a un mero dato cronologico o alla definizione in via cautelare di un procedimento giurisdizionale. Esso lederebbe inoltre le aspettative comprese nel contenuto minimo del diritto alla salute e suscitate dal decreto stesso. Ne deriverebbe la violazione degli artt. 2, 3 e 32 Cost.

La Corte esclude la sussistenza della violazione, ritenendo che la posizione dei pazienti inclusi nell’autorizzazione alla prosecuzione dei trattamenti sia diversa da quella di tutti gli altri pazienti. La differenziazione è giustificata da esigenze di continuità terapeutiche e dall’intento di non interferire con i provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Il giudice costituzionale precisa anche che l’autorizzazione legislativa non può essere estesa a soggetti non previsti dal d.l., poiché essa rappresenta una deroga parziale al principio secondo cui l’intervento del legislatore in merito all’appropriatezza delle scelte terapeutiche non può essere guidato da valutazioni di pura discrezionalità politica, ma deve fondarsi sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite. La Corte aggiunge poi che la promozione di una sperimentazione clinica di un nuovo farmaco non consente, di regola, di porre anticipatamente a carico del SSN la somministrazione del farmaco medesimo; ciò per ragioni di tutela della salute, oltre che per esigenze di corretta utilizzazione e destinazione dei fondi disponibili.

Alla luce di tali considerazioni, la q.l.c. viene rigettata.

a cura di Giuliano Sereno


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