Corte di giustizia europea, Sez. III, 10 settembre 2009, in causa C-206/08 sulla nozione di «concessione di servizi» ai sensi della direttiva 2004/17/CE e sulla rilevanza del rischio di gestione che deve essere trasferito

10.09.2009

Dal raffronto tra le previsioni contenute nell’articolo 1, n. 2, let. a), della direttiva 2004/17 – che definisce la nozione di «appalto di servizi» – e nell’articolo 1, n. 3, let. b) della medesima direttiva – che definisce la nozione di «concessione di servizi» –, risulta che la differenza tra un «appalto di servizi» e una «concessione di servizi» risiede nel corrispettivo della fornitura dei servizi. L’appalto di servizi comporta un corrispettivo versato direttamente dall’amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi, mentre, nel caso di una concessione di servizi, il corrispettivo della prestazione di servizi consiste nel diritto di gestire il servizio, o da solo o accompagnato da un prezzo.
In tale linea di ragionamento, assume importanza centrale l’individuazione del soggetto che sopporta i rischi connessi alla gestione economica del servizi: se l’amministrazione aggiudicatrice continua a sopportare detto rischio a carico completo, non esponendo il prestatario all’alea del mercato, l’assegnazione della gestione del servizio richiede il rispetto delle formalità previste dalla direttiva 2004/17. Di contro, nell’ipotesi di totale assenza di trasferimento al prestatario del rischio legato alla prestazione di servizi, l’operazione in parola rappresenta un appalto di servizi (v., in tal senso, sentenze 27 ottobre 2005, causa C-234/03, Contse e a., Racc. pag. I-9315, punto 22, e 18 luglio 2007, causa C-382/05, Commissione/Italia, Racc. pag. I-6657, punti 35-37, nonché, per analogia, in un’ipotesi di concessione di lavori, sentenza 13 novembre 2008, causa C-437/07, Commissione/Italia punti 30 e 32-35).
L’importanza assunta dal trasferimento dei rischi connessi alla gestione del servizio dall’amministrazione concedente al concessionario non implica, però, che «affinché l’operazione de qua costituisca una concessione, occorr[a] che il rischio trasferito dal concedente al concessionario [sia] un rischio rilevante».
Sul punto, la Corte rileva, infatti, come taluni settori di attività, in particolare quelli riguardanti attività di pubblica utilità, come la distribuzione dell’acqua e lo smaltimento delle acque reflue, sono disciplinati da normative che possono avere per effetto di limitare i rischi economici che si corrono. In tali casi, le amministrazioni aggiudicatici, non avendo alcuna influenza sulla configurazione di diritto pubblico applicabile all’organizzazione del servizio, non possono «introdurre né…trasferire fattori di rischio che siano esclusi da una simile configurazione».
In tale linea di ragionamento – osserva la Corte – deve ammettersi che, anche quando i rischi legati alla gestione del servizio siano molto ridotti, le amministrazioni aggiudicatrici conservino comunque «la possibilità di assicurare la fornitura dei servizi attraverso una concessione, agendo in buona fede, qualora esse reputino che si tratti del modo migliore per assicurare il servizio pubblico in oggetto». In queste ipotesi, tuttavia, «per poter ritenere sussistente una concessione di servizi è necessario che l’amministrazione aggiudicatrice trasferisca il rischio di gestione che essa corre a carico completo o, almeno, significativo al concessionario» (para 77).
Spetta al giudice nazionale valutare se si è verificato un trasferimento, completo o pressoché completo, del rischio di gestione dall’amministrazione aggiudicatrice alla controparte contrattuale.
a cura di Luigi Alla


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