Corte di Cassazione, sez. III, 3 Luglio 2014, n. 15240: in materia di diritto alla riservatezza.

03.05.2014

La Suprema Corte ribadisce quanto affermato con la sentenza del 25 marzo 2005 n. 4366 che  pronunciata nella materia diversa, ma seppur simile, della lesione del diritto alla riservatezza  stabilisce che tale lesione determina un illecito ai sensi dell’articolo 2043 c.c. al quale, tuttavia, non consegue un’automatica risarcibilità dovendo il pregiudizio morale o patrimoniale essere comunque provato secondo le regole ordinarie, quale ne sia l’entità ed a prescindere dalla difficoltà della relativa prova. Il che, tra l’altro, è del tutto logico trattandosi di un danno-conseguenza e non di un danno-evento.

La Corte sottolinea come non potrebbe giungersi a diversa conclusione neppure se si identificasse il danno in questione in termini di danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona costituzionalmente garantiti, poiché la fondamentale sentenza delle Sezioni Unite del 11/11/2008 n. 26927, nell’ammettere la risarcibilità della lesione di siffatti diritti e nel tracciarne rigorosamente i confini, ha contestualmente riconosciuto che l’esistenza del relativo danno deve essere comunque provata dal danneggiato.

a cura di Lucia Rossi


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