La Suprema Corte ha affermato che la struttura della normativa in tema di transazione in materia di danni da emotrasfusioni infette presuppone una complessa fase istruttoria che impone di acquisire idonea documentazione sulla sussistenza degli elementi fattuali della controversia, rispetto ai quali valutare l’interesse a reciproche concessioni con controparte; e, poiché una tale valutazione presuppone pur sempre una discrezionalità in capo ad entrambi i potenziali paciscenti, sia in ordine all’ “an” che in ordine al “quantum” di quelle concessioni, ne resta esclusa l’obbligatorietà della transazione: infrangendosi tale tesi contro l’intuitiva insopprimibile libertà di ciascuna delle parti del rapporto di addivenire o meno alle indicate concessioni reciproche, sopratutto se, in quanto a carico del pubblico erario, quelle della parte pubblica siano soggette a particolari condizioni di rito e di merito.
La Corte, inoltre, specifica che non potendosi configurare un contatto sociale tra Ministero della Salute ed i singoli soggetti sottoposti a trasfusione, la responsabilità dell’ Ente ministeriale è di natura extracontrattuale né, al riguardo, sono da ipotizzare figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione (epidemia colposa o lesioni colpose, i cui elementi materiali sono esclusi).
Ne consegue, pertanto,che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo, è soggetto al termine di prescrizione quinquennale.
Quindi la Suprema Corte aggiunge che tale termine decorre dal giorno in cui la malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche, a tal fine coincidente non con la comunicazione del responso della commissione medica ospedaliera bensì al più tardi con la proposizione della relativa domanda di indennizzo. Il termine di presentazione di quest’ultima è quello ultimo e più favorevole per il danneggiato, essendo evidente che, a quella data, si è conseguito un apprezzabile grado di consapevolezza sugli elementi costitutivi la fattispecie risarcitoria quali il danno, l’evento produttivo ed il nesso causale.
La Corte conclude stabilendo che il diritto al risarcimento del danno da emotrasfusioni con sangue infetto ha natura diversa rispetto all’attribuzione indennitaria regolata dalla legge n. 210/1992; pertanto, l’ontologica differenza tra le due prestazioni, quella indennitaria e quella risarcitoria, esclude che il riconoscimento dei presupposti per conseguire la prima possa valere come ammissione dei ben diversi presupposti indispensabili per la seconda, di natura aquiliana e incentrata anche sulla colpa del preteso danneggiante