Legittime le misure che consentono di subordinare la sosta dei veicoli al pagamento di una somma di denaro

13.01.2005

Corte costituzionale, 13 gennaio 2005, n. 66

Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale sollevato dal Giudice di pace di Roma

Norme impugnate e parametri di riferimento:
Il Giudice di pace di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lett. D) della legge 13 giugno 1991, n. 190 (Delega al Governo per la revisione delle norme concernenti la disciplina della circolazione stradale) e dell’art. 7, comma 1, lett.f) del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella misura in cui consentono di subordinare la sosta dei veicoli al pagamento di una somma di denaro. Secondo il Giudice di pace di Roma, le norme impugnate contrasterebbero con gli artt. 76 (per omissione nei principi e criteri direttivi di delega di alcuna indicazione sulle modalità di individuazione delle zone che possono essere sottoposte all’onere del pagamento), 16 (violazione della riserva di legge e difetto dei motivi di sanità e sicurezza che necessariamente devono informare le limitazioni al diritto di circolazione), 3 (si privilegiano i cittadini con maggiori capacità economiche nell’accesso ad un servizio pubblico quale la strada), 23 Cost. (violazione della riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali imposte).

Argomentazioni della Corte:
In relazione alla censura riferita all’art.76, la Corte osserva che la specifica indicazione dei principi e criteri direttivi di delega può anche mancare nel caso in cui le norme adottate dal legislatore delegato abbiano carattere meramente ricognitivo e di sostanziale conferma delle disposizioni previgenti. Tale situazione ricorre nel caso in esame, in quanto il previgente codice della strada conteneva una disposizione analoga a quella impugnata, che attribuiva ai Comuni la facoltà di stabilire aree destinate al parcheggio, in cui la sosta dei veicoli è subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo della durata anche senza custodia del veicolo, e di fissare le relative condizioni e tariffe.
In relazione alla censura di cui all’art. 16 Cost., la Corte richiama una precedente giurisprudenza in cui si affermava che il legislatore può adottare misure che influiscono sul movimento della popolazione anche per interessi attinenti al buon regime della cosa pubblica, diversi da quelli della sicurezza e della sanità: nel caso di specie, in particolare, le limitazioni contenute nelle disposizioni impugnate sono giustificate in funzione di altri interessi pubblici ugualmente meritevoli di tutela.
La censura relativa all’art.3, a detta della Corte, risulta sollevata in modo astratto ed ipotetico, mancando ogni collegamento con la fattispecie del giudizio a quo.
In ordine all’art. 23 Cost., infine, la Corte nega che il pagamento per la sosta del veicolo possa essere fatto rientrare nella nozione di tributo o in quella di prestazione patrimoniale imposta: più propriamente, esso si configura come un corrispettivo (commisurato ai tempi ed ai luoghi della sosta) di una utilizzazione particolare della strada, che in ultima istanza risulta legata ad una scelta volontaria dell’utente non priva di alternativa.

Decisione della Corte:
La Corte dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni impugnate sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. La Corte giudica viceversa non fondate le questioni di legittimità delle norme oggetto di giudizio sollevate in riferimento agli artt. 76, 16 e 23 Cost.

Giurisprudenza richiamata:
– Sulla natura ricognitiva e non innovativa della legge di delega n. 190 del 1991: Corte costituzionale, sentt. n. 239 del 2003, n. 251 del 2001, n. 427 del 2000, n. 354 del 1998, n. 305 del 1996;
– Sulla possibilità di escludere una specifica indicazione dei principi e dei criteri direttivi di delega nel caso in cui il legislatore delegato si limiti a confermare le disposizioni vigenti: Corte costituzionale, sent. n. 354 del 1998;
– Sulla nozione di prestazione patrimoniale imposta come ricomprendente anche prestazioni di natura non tributaria e aventi funzioni di corrispettivo quando per i caratteri e per il regime giuridico dell’attività resa, sia pure su richiesta del privato, a fronte della prestazione patrimoniale appare prevalente l’elemento della imposizione legale: Corte costituzionale, sentt. n. 435 del 2001, n. 215del 1998, n. 180 del 1996 e n. 236 del 1994.

a cura di Elena Griglio