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Il valore della scuola, tra abbandoni ed espulsioni

30.05.2013

(Da Parigi) Italia ultima e penultima, Francia terzultima e quartultima. Nelle classifiche OCSE, con riferimento agli indicatori literacy e numeracy, i risultati sono questi, non certo incoraggianti.[1] Inevitabile che sia messo in discussione il sistema educativo, ma ugualmente e forse ancor più interessante, è capire se e come a tali carenze di prestazione il governo intenda rimediare. In Francia qualcosa si muove. Con una premessa: perché ciò che si muova abbia possibilità di successo, servono delle risorse, che in Francia –rispetto all’Italia – sono effettivamente più cospicue (6,9 % del PIL francese a fronte del 4,7% di quello italiano –e quest’ultimo peraltro in diminuzione rispetto al valore del 1990).[2]

In un’intervista pubblicata il 7 ottobre, il ministro dell’istruzione francese, Vincent Peillon, ha fissato obiettivi e strumenti per combattere la prima radice del fallimento scolastico: l’abbandono o, in termine tecnico, la “dispersione scolastica”.[3] In effetti, solo allargando il campione di chi partecipa al sistema scolastico si può pensare di evitare la “trappola sociale” (concetto che, in tempi di pessimismo, ha rubato la scena al suo opposto, “ascensore sociale”), permettendo a più ragazzi e ragazze di contribuire attivamente alla società. Ridurre il numero degli abbandoni (drop out) e ottenere migliori risultati nelle graduatorie OCSE sono, secondo chi scrive, parte della stessa sfida, forse anche in termini di causa-effetto.

Il Ministro Peillon ricorda il “reinserimento” di 15.000 studenti, già realizzato nel 2013, rilanciando sull’obiettivo dei 20.000, che è stato fissato nel dispositivo «Objectif formation- emploi».[4] Quattro sono le iniziative intraprese, tutte rivolte a tale obiettivo, enumerate nell’intervista. Prima iniziativa: combattere l’“orientazione subita”, con il “Percorso d’informazione, orientamento e scoperta del mondo economico e professionale”, a partire dalla sixième, cioè la prima media. Secondo: per gli istituti a maggior disagio il governo ha predisposto l’attivazione dei Referenti scolastici per l’abbandono (Référents décrochage scolaire). La terza iniziativa segue una ratio diversa: non si può lavorare solo di prevenzione, ma bisogna ugualmente agire per recuperare. E allora ecco il “Foquale” (Formazione, qualificazione e impiego), un programma ministeriale mirato per ragazzi e ragazze (16-18 anni), che vivono situazioni di difficoltà multi-livello (dimensione familiare, di socializzazione, di apprendimento), per i quali è prevista, appunto, una strategia multi-livello: dal sostegno psicologico, agli atelier di lavoro manuale, sportivo e artistico, agli stage in azienda.

È invece iniziativa della regione di Parigi (Île-de-France) la creazione, un anno fa, del Liceo della Seconda Opportunità (Lycée de la Nouvelle Chance), a Cergy-Pontoise, che, rivolto alla fascia d’età 16-24 e solo a chi ha detto basta con la scuola da almeno sei mesi, “rimette in scuola” (rectius: in società) 40 alunni. Particolarità: per accedervi, il candidato deve lui stesso telefonare e presentare la sua situazione. È tale coinvolgimento del giovane in prima battuta che, unito al sistema pedagogico su misura offerto dall’istituto, garantisce la riuscita del reinserimento – assicurano.[5]

Da ultimo, ricordiamo la quarta iniziativa sulla quale mette l’accento il Ministro, ovvero la creazione di 6000 posti letto per permettere ai giovani di scegliere dove studiare, a prescindere dal luogo di abitazione e dalle disponibilità finanziarie. Come dice una pubblicità diffusissima sulle metro parigine: «Uno studente in difficoltà è uno studente ignorante i suoi punti di forza».[6]

Si tratta insomma di un ventaglio di azioni per ricordare a tutti che la scuola è un valore fondante della Repubblica. Come ha tenuto a precisare lo stesso François Hollande, nel discorso televisivo al quale è stato costretto per spiegare la posizione dell’esecutivo sul “caso Leonarda”. Già, perché quanto detto sul sistema scolastico francese, deve fare i conti con una situazione resa incandescente da quanto accaduto ad una giovane studente “francese” di origini kosovare.  Leonarda Dibrani è una ragazzina di 15 anni, che il 9 ottobre, mentre è sul pullman scolastico che sta portando in gita la sua classe, viene raggiunta e prelevata dai poliziotti. Motivo: la sua famiglia, violate le regole dell’immigrazione, è stata raggiunta dall’OQTF (obbligo di lasciare il territorio francese). Mentre la famiglia Dibrani vola in Kosovo, a Parigi si tengono importanti manifestazioni studentesche contro tale provvedimento, che chiama in causa in primo luogo il ministro dell’interno Manuel Valls, mettendo in discussione da ultimo il Presidente Hollande. Di fronte al caso di una ragazzina che parla perfettamente francese ma non conosce affatto la lingua kosovara, cui viene impedito di studiare (ma più in generale di continuare un proficuo processo di socializzazione), lo stesso Hollande ha risposto con un video.[7]

Il Presidente trae tre conclusioni e, per tenerle assieme, compie una grande acrobazia, che possiamo riassumere così: come primo fondamento della Repubblica stanno le leggi e qui sono state rispettate, anche se –ammette – l’esecuzione della legge (cioè l’atto dell’espulsione) è stata errata, perché non si doveva intervenire in un momento scolastico, posta la scuola come secondo fondamento della nazione, luogo «di emancipazione, integrazione e da tenere al riparo dai conflitti della società»; infine, la Repubblica, oltre che basata sulle leggi e sull’educazione, ha, come dire, un volto umano, e allora tenuto conto della situazione, Leonarda ma solo lei (cioè non anche la sua famiglia), se lo vuole, può tornare a studiare nella generosa Francia. La soluzione, come ognun si avvede, appare molto discutibile. Se ne è avveduta, tra gli altri Leonarda che, per ora, ha gentilmente declinato l’invito. Così è finita, ad oggi, la brutta pagina scritta da un governo che, tra le mille cose da fare, dimentica di essere socialista e prende una postura securitaria.


[1] I dati OCSE sono riportati su T.DE MAURO, Molte storie per ignoranti, Internazionale n.1022, p.17.

[2] Il dato francese è preso direttamente dal rapporto L’education nationale en chiffre (2012-2013), presentato dal Ministero francese dell’istruzione; per il dato italiano vedi la pubblicazione dell’OECD “Education at a glance 2013”; per il trend rispetto al 1990 vedi il rapporto La spesa dello Stato dall’unità d’Italia (2009).

[3] Il termine “dispersione scolastica”, che si diffonde in Italia a partire dagli anni ’80, pone l’attenzione sull’intreccio di due elementi che causano il fenomeno: il soggetto che si disperde da un lato, ma dall’altro il sistema scolastico che provoca dispersione, come sottolinea il Ministero della Pubblica Istruzione nel suo La dispersione scolastica: una lente sulla scuola (2000). Il termine più conosciuto a livello internazionale per definire il fenomeno è invece drop out, indicante i ragazzi tra 18 e 24 anni «who have left school with a lower secondary education or less» -così spiega la Commissione Europea in “EU strategy to cut number of students who drop out of school”. In francese il termine impiegato è décrochage.

[4] Cfr. Lancement du dispositif “Objectif formation-emploi” pour les  jeunes décrocheurs, sul sito education.gouv.fr.

[5] Per informazioni consultare il sito dell’istituto all’indirizzo http://www.lyc-kastler-cergy.ac-versailles.fr/lyc-nouvelle-chance/

[6] Pubblicità realizzata da Acadomia, specializzata in sostegno scolastico.

[7] Il video è visionabile all’indirizzo http://www.huffingtonpost.fr/2013/10/29/leonarda-recours-famille-dibrani_n_4172386.html, assieme ad una cronistoria dell’accaduto.

Matteo Oppizzi