Con una sentenza del 18 luglio 2013, la Corte di Lussemburgo è tornata sulla vicenda Kadi, pronunciandosi sulla impugnazione proposta da Commissione, Consiglio e Regno Unito contro la sentenza con cui il Tribunale aveva, il 30 settembre 2010, annullato il regolamento 1190/2008 della Commissione (in merito vedi le nostre precedenti segnalazioni, in questa Rivista, Commissione, Consiglio e Regno Unito impugnano la sentenza del Tribunale nel caso Kadi e Un’ennesima tappa nella vicenda Kadi di fronte ai giudici dell’Unione europea). La Corte, pur rilevando alcuni errori di diritto commessi dal Tribunale, è giunta alla medesima conclusione, ritenendo l’atto impugnato illegittimo e, dunque, respingendo i ricorsi proposti. In particolare, la Corte non ha ritenuto di aderire alla posizione con cui il Tribunale aveva, in primo luogo, constatato una eccessiva vaghezza dei motivi addotti a fondamento dell’inserimento del nome di Kadi nella c.d. black list; inoltre, essa ha rilevato che, nel determinare la fondatezza di detti motivi e, dunque, la loro idoneità a giustificare le sanzioni, la mancata comunicazione degli elementi probatori a sostegno non produca, di per sé, come aveva rilevato il Tribunale, una violazione dei diritti della difesa o del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, ma unicamente la necessità di espungere il motivo incriminato da quelli posti a fondamento della decisione. Ciò premesso, nell’esaminare la fondatezza di motivi siffatti, la Corte ha constatato ora motivazioni insufficienti, ora l’assenza di elementi di informazione o di prova, e ha dunque respinto i ricorsi presentati.
In allegato il testo della sentenza.