Consiglio di Stato 9 luglio 2013, n. 3647 sulla disciplina applicabile alla gestione di farmacie comunali.

09.05.2013

Le farmacie comunali possono essere gestite anche da società per azioni a proprietà pubblica maggioritaria o minoritaria da parte del Comune e senza più alcun obbligo di predeterminazione legale dei soci tra i farmacisti dipendenti del Comune.

In aggiunta, può affermarsi che, essendo le norme dell’art.115 parte di un complesso di norme attuative di principi dell’Unione europea in materia di servizi pubblici locali aventi rilevanza economica, una interpretazione “esclusiva” della norma dell’art. 9 più volte citato – nel senso di riservare la partecipazione alla società di capitali solo ai farmacisti dipendenti – dovrebbe essere disapplicata per contrasto con il diritto europeo o in ogni caso sottoposta al giudizio della Corte di giustizia.

La sentenza n. 637/2007 afferma infatti che “il testo unico 18 agosto 2000, n. 267, ha regolato l’intera materia delle forme giuridiche di prestazione dei servizi pubblici locali, determinando l’abrogazione delle leggi anteriori che regolavano le forme di prestazione di singoli servizi, come appunto l’articolo 9, primo comma, della legge n. 475 del 1968, nel testo stabilito dall’art. 10 della legge 1 novembre 1991 n. 362 (articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale, premesse al codice civile)”.

Il principio di diritto di cui alla citata sentenza n. 637 resta sostanzialmente valido nel senso che la normativa di cui all’art. 9 della legge n. 475/1968, nei limiti in cui è rimasta in vigore, può comunque applicarsi solo nei limiti in cui è compatibile con la disciplina generale prevista in materia dal TUEL e nelle forme previste da esso, contemperandosi con le altre procedure previste dal TUEL stesso e in particolare con l’art. 115, per quanto riguarda il caso di specie, e comunque nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria.

Carmela Salerno


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