La Corte chiarisce alcuni problemi di riparto di competenze in materia di piani di assetto territoriale e regolazione delle distanze tra le costruzioni

16.06.2005

Corte costituzionale, 16 giugno 2005, n. 232

Giudizio di legittimità costituzionale in via principale sollevato dal Presidente del Consiglio dei Ministri avverso la Regione Veneto

Norme impugnate e parametri di riferimento:
Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato alcune disposizioni della legge della Regione Veneto 23 aprile 2004, n. 11 e specificamente:
– l’art. 40, commi 3, 4 e 5, che, attribuendo al piano di assetto territoriale (PAT) – con riguardo ai centri storici – la determinazione delle categorie in cui devono essere raggruppati i manufatti e gli spazi liberi esistenti, i relativi valori di tutela, nonché l’individuazione degli interventi e delle destinazioni d’uso ammissibili, violerebbe la competenza esclusiva statale in materia di tutela dei beni culturali;
– l’art. 50, comma 8, lett. c) che, regolando le distanze tra le costruzioni, lederebbe la potestà legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile.

Argomentazioni della Corte:
In merito alla prima censura, la Corte ribadisce che la tutela dei beni culturali costituisce una materia-attività, che non esclude la possibilità di concomitanti interventi delle Regioni, soprattutto se si considera che a queste ultime è attribuita una competenza concorrente sia in materia di valorizzazione dei beni culturali che in materia di governo del territorio, comprensiva dell’urbanistica e dell’edilizia.
Alla luce di queste considerazioni, la Corte afferma che la disciplina regionale con cui si attribuisce al PAT il compito di determinare i livelli di tutela e le modalità di utilizzazione dei beni culturali esistenti nei centri storici non viola la potestà esclusiva statale in materia di tutela dei beni culturali (in quanto non stabilisce nuovi criteri di identificazione dei beni culturali), bensì è in funzione di una tutela, diversa ed aggiuntiva, da assicurare nella materia governo del territorio.
In relazione alla seconda censura, la Corte ricorda che la disciplina delle distanze tra le costruzioni, che trova la sua collocazione nel Libro III del Codice civile, rientra nella materia dell’ordinamento civile, di competenza esclusiva statale, anche se con la medesima interferisce la competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio, che deve essere esercitata nel rispetto dei principi fondamentali statali.
Nel caso di specie, la distanza minima tra gli edifici deve essere dettata con legge statale, la quale peraltro stabilisce che deroghe a tali distanze minime possono essere fissate unicamente con normative locali (cui spetta peraltro anche fissare distanze maggiori, ovviamente nei limiti della ragionevolezza), purché queste ultime siano previste in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio.
La norma regionale impugnata ovviamente non risponde ai requisiti di legittimità richiesti dall’ordinamento statale, non attenendo all’assetto urbanistico complessivo delle zone territoriali in cui la deroga è consentita, bensì limitandosi ad autorizzare il mantenimento di distanze inferiori a quelle prescritte dal codice civile con riguardo ad una costruzione pre-esistente alla normativa vigente e legittima secondo la disciplina dell’epoca della costruzione.

Decisione della Corte:
La Corte giudica non fondata la censura relativa all’art. 40, commi 3, 4 e 5 della norma regionale impugnata, dichiarando viceversa illegittimo l’art. 50, comma 8, lett. c) della legge della Regione Veneto n. 11 del 2004.

a cura di Elena Griglio