Nel rapporto di pubblico impiego privatizzato la posizione del datore di lavoro pubblico non è più quella di supremazia speciale; l’amministrazione, post d.lgs. n. 29/93, opera con la capacità del datore di lavoro privato e nell’ambito di un rapporto contrattuale paritario. In tale contesto i poteri discrezionali o valutativi che sono riconosciuti al datore di lavoro pubblico (anche in tema di procedure di avanzamento in carriera) si collocano sempre, come nel lavoro privato, sul piano del regime di diritto comune, e costituiscono espressione di “potere privato”, e non espressione della discrezionalità amministrativa.
Con riferimento alla natura e all’efficacia del bando per la selezione ai fini dell’avanzamento interno di carriera, ove il datore di lavoro abbia manifestato la volontà di provvedere alla copertura di posti di una determinata qualifica attraverso il sistema del concorso interno ed abbia, a questo fine, pubblicato un bando un siffatto comportamento configura gli estremi della offerta al pubblico, che impegna il datore di lavoro al rispetto della norma con la quale esso stesso ha delimitato la propria discrezionalità ed ad adempiere l’obbligazione secondo correttezza e buona fede.
Le procedure selettive per il passaggio da una posizione economica all’altra all’interno della stessa area professionale sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, non essendo configuratole alcuna novazione del rapporto di lavoro.
Gli atti posti in essere dall’amministrazione in tali progressioni di carriera sono censurabili in conformità alle disposizioni di legge e del contratto e sulla base delle regole di correttezza e buona fede.
Al caso in esame: a) non sono applicabili i principi affermati dalle sentenze della Corte costituzionale n. 1 del 1999 e n. 194 del 2002 per la necessità di salvaguardare il principio tempus regit actum; b) le procedure selettive del caso in esame sono diverse da quelle di cui si sono occupate le succitate sentenze della Corte costituzionale ed hanno struttura e caratteristiche tali da escluderne il contrasto con i principi costituzionali e dell’art. 97 Cost.; c) il riconosciuto diritto soggettivo dei ricorrenti ha subito una illegittima lesione, per aver l’amministrazione illegittimamente ed unilateralmente in contrasto con quanto previsto dal bando collocato i ricorrenti al fondo della graduatoria, sicché i danni devono essere risarciti come danni “da perdita di chance”, consistenti nella privazione della possibilità di sviluppi e progressioni nell’attività lavorativa a seguito dell’ingiusta esclusione da un concorso per la progressione in carriera.