Ad. Plen. n. 22 del 2012Con la sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 22 del 2012 è stato appianato il preesistente contrasto giurisprudenziale in tema di obbligo per gli operatori che partecipano ad una gara in associazione temporanea di imprese – A.T.I. – di rendere sempre la dichiarazione relative alle prestazioni che saranno eseguite da ciascuno in caso di aggiudicazione del contratto.
E, in effetti, prima che intervenisse la sentenza che qui si segnala, si erano registrate oscillazioni giurisprudenziali tra un primo orientamento secondo il quale tale obbligo sussiste sempre ed un altro, in cui l’obbligo veniva circoscritto alle sole associazioni verticali.
A questo proposito, è opportuno richiamare la distinzione tra le due tipologie di associazioni, come esposte nella sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella quale si ricorda che “in linea generale, l’A.T.I. orizzontale è caratterizzata dal fatto che le imprese associate (o associande) sono portatrici delle medesime competenze per l’esecuzione delle prestazioni costituenti l’oggetto dell’appalto, mentre l’A.T.I. verticale è connotata dalla circostanza che l’impresa mandataria apporta competenze incentrate sulla prestazione prevalente, diverse da quelle delle mandanti, le quali possono avere competenze differenziate anche tra di loro, sicché nell’a.t.i. di tipo verticale un’impresa, ordinariamente capace per la prestazione prevalente, si associa ad altre imprese provviste della capacità per le prestazioni secondarie scorporabili”.
Il differente atteggiarsi dell’apporto di ciascun operatore nelle A.T.I. si riflette sul diverso regime di responsabilità, tanto è vero che “nelle a.t.i. orizzontali ciascuna delle imprese riunite è responsabile solidalmente nei confronti della stazione appaltante, mentre nelle a.t.i. verticali le mandanti rispondono ciascuna per le prestazioni assunte e la mandataria risponde in via solidale con ciascuna delle imprese mandanti in relazione alle rispettive prestazioni secondarie”. Indipendentemente dalla forma assunta dalla associazione, tuttavia, il previgente art. 11, co. 2, del d.lgs. n. 157 del 1995 e, oggi, l’art. 37, co. 2, del d.lgs. 163 del 2006, prevedono in modo testuale che “nel caso di forniture o servizi nell’offerta devono essere specificate le parti del servizio che saranno eseguite dai singoli operatori riuniti o consorziati”.
Prima di affrontare nel merito la questione relativa alla sussistenza dell’obbligo generalizzato di indicazione delle parti del servizio che ciascun operatore intende espletare, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ricorda la finalità dell’istituto dell’A.T.I. individuato nell’ampliamento della platea dei possibili soggetti interessati a partecipare ad una gara “attraverso il principio del cumulo dei requisiti”. Ed invero, tramite il cumulo dei requisiti si consente anche ad operatori di più ridotte dimensioni di concorrere in gare di notevole importo, con tutti gli intuibili vantaggi sia sotto il profilo della possibile crescita di tali imprese, sia della maggiore concorrenzialità degli affidamenti.
La piena consapevolezza della ratio dell’istituto, tuttavia, non vale secondo l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ad escludere che tutti i partecipanti all’A.T.I. debbano sempre indicare la parte del servizio/fornitura che intendono espletare.
La conclusione cui è giunta l’Adunanza plenaria poggia su di una pluralità di argomentazioni concorrenti.
Viene in rilievo, anzitutto, il tenore letterale degli articoli di riferimento (art. 11 del d.lgs. n. 157 del 1995 e 37 del d.lgs. n. 163 del 2006), al cui interno non si rinviene alcuna distinzione tra le due forme dell’A.T.I. rispetto all’obbligo di indicare le parti del servizio, cosicché, secondo il Consiglio di Stato “tale obbligo deve ritenersi operante per entrambe le forme di raggruppamenti di imprese (peraltro, la disposizione normativa, non distinguendo tra imprese già raggruppate o imprese che dichiarano di volersi riunire, è applicabile sia alle a.t.i. già costituite, sia alle a.t.i. costituende; del resto, la questione non è controversa tra le parti).
Si osserva, poi, che vi sono argomenti di “natura sistematica e teleologica”, che confortano la tesi dell’obbligatorietà generalizzata dell’obbligo appena enunciato. In particolare, l’imposizione dell’obbligo viene ricondotto all’esigenza di “consentire alla stazione appaltante l’accertamento dell’impegno e dell’idoneità delle imprese, indicate quali esecutrici delle prestazioni di servizio in caso di aggiudicazione, a svolgere effettivamente le ‹‹parti›› di servizio indicate, in particolare consentendo la verifica della coerenza dell’offerta con i requisiti di qualificazione, e dunque della serietà e dell’affidabilità dell’offerta”. Per converso, un’offerta in cui non chiarito l’apporto di ciascun componente dell’A.T.I. “deve … ritenersi parziale e incompleta, non permettendo di ben individuare l’esecutore di una determinata prestazione nell’ambito dell’a.t.i., e rimanendo dunque indeterminato il profilo soggettivo della prestazione offerta”.
La necessità di procedere ad opportune verifiche, inoltre, si impone in conseguenza del fatto che nell’A.T.I. “l’aggregazione economica di potenzialità organizzative e produttive per la prestazione oggetto dell’appalto … non dà luogo alla creazione di un soggetto autonomo e distinto dalle imprese che lo compongono, né ad un loro rigido collegamento strutturale”. In questo senso, allora, ben si comprende come “l’indicazione delle ‹‹parti›› di servizio imputate alle singole imprese associate o associande” assolve alla funzione di garantire che l’appalto non venga eseguito da “soggetti sprovvisti delle qualità all’uopo occorrenti”.
Per inciso, il Consiglio di Stato non manca di rilevare come un simile rischio si presenti in particolare nel settore degli appalti di servizi e di forniture, difettando in detti settori un sistema di qualificazione analogo alla certificazione SOA previsto per gli appalti di lavori. Secondo l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, dunque, “è proprio in funzione del controllo (alla stregua dei criteri determinati nel bando) dell’idoneità delle imprese raggruppate a svolgere il servizio oggetto dell’affidamento, che si rende necessaria la determinazione delle ‹‹parti›› di servizio che ciascuna impresa raggruppata o raggruppanda intende svolgere”.
Sulla scorta di tali premesse, nella sentenza qui segnalata si giunge a conclusioni opposte rispetto a quelle espresse dall’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’obbligo sussisteva nei soli casi di A.T.I. verticali: l’Adunanza plenaria, infatti, afferma che le “esigenze, di controllo e di trasparenza, si pongono, peraltro, maggiormente nei raggruppamenti a struttura orizzontale, dove … tutti gli operatori riuniti eseguono il medesimo tipo di prestazioni, per cui, in difetto di specificazione delle ‹‹parti›› di servizi che saranno eseguite dalle singole imprese, è preclusa una verifica in ordine alla coerenza dei requisiti di qualificazione con l’entità delle prestazioni di servizio dalle stesse assunte, mentre per le a.t.i. di tipo verticale tale controllo è reso agevole già sulla base della sola indicazione del ruolo dalle stesse svolte nell’ambito del raggruppamento (mandataria e rispettivamente mandante), definito con riguardo alle prestazione rispettivamente principali e secondarie prestabilite nel bando”.
Un ulteriore argomento a favore della tesi dell’obbligo generalizzato è rinvenuto, poi, nella considerazione che “la conoscenza preventiva del soggetto, che in concreto eseguirà il servizio, consente una maggiore speditezza nella fase di esecuzione del contratto, essendo individuato il responsabile della prestazione delle singole parti dell’appalto”, indubbiamente sussistente sia in caso di A.T.I. orizzontale, sia di A.T.I. verticale.
Il Consiglio di Stato, infine, ha cura di evidenziare le ragioni per cui non ritiene di aderire al principale argomento posto a sostegno dell’orientamento per cui le A.T.I. orizzontali non dovrebbero obbligatoriamente indicare le “parti” del servizio da ciascuno eseguito, consistente nell’osservazione che “la distribuzione del lavoro per ciascuna impresa non rileverebbe all’esterno e tutte le imprese sarebbero responsabili in solido dell’intero”. A questo proposito, nella sentenza n. 22 del 2012 si legge che “le questioni inerenti al regime di responsabilità delle imprese associate o associande nei confronti della stazione appaltante si muovono su un piano diverso dal sopra delineato contesto finalistico in cui si iscrive la disposizione in esame, persistendo invero le evidenziate esigenze sottese all’obbligo di specificare le ‹‹parti›› di servizio imputate alle singole imprese a prescindere dal regime di responsabilità connotante le diverse forme di a.t.i.”.
Da ultimo, nell’Adunanza plenaria si è avvertita la condivisibile esigenza di temperare la portata dell’obbligo nel senso di prediligere un’interpretazione in senso sostanziale dell’onere posto a carico degli operatori facenti parte dell’A.T.I.
Assumendo, infatti, che l’omessa dichiarazione “non si risolve in una violazione meramente formale”, ma si riflette sui profili essenziali dell’offerta (sub specie di serietà ed affidabilità della stessa), sull’effettività del controllo in sede di gara da parte della stazione appaltante e sulla concorrenzialità degli affidamenti, il Consiglio di Stato ritiene che l’onere possa ritenersi assolto anche nel caso in cui manchi una formale dichiarazione relativa alle parti, ma la suddivisione tra gli operatori sia comunque chiaramente desumibile dal contesto complessivo dell’offerta. Tale conclusione, richiamato nella sentenza n. 22 del 2012.